giovedì 23 dicembre 2010

Amazzonia: Natale e Nuova Creazione

Viviamo in una delle tante “Zone di Sacrificio” del cosiddetto sviluppo. Si tratta delle pieghe nascoste dove il progresso accumula le sue conseguenze meno presentabili.
Possono essere discariche, favelas che scoppiano per l’esodo rurale di massa, quartieri inquinati addossati alle fabbriche, in competizione reciproca per chi usa l’aria e l’acqua della regione...

Sentiamo e sappiamo che questo é il posto dei missionari, inviati tra i poveri a fare esperienza e dare eco alle contraddizioni della storia. Dio nasce bambino alle periferie dell’Impero romano e rinasce piccolo ai margini di questo sviluppo sfrenato.
Piccolo, cioé preoccupato con i ritmi lenti e perenni della nostra gente: le famiglie contadine, le donne che raccolgono e lavorano i frutti della foresta, i picoli produttori che ogni giorno vendono al mercato la loro merce... sono questi i pastori di oggi, ai quali é dato annuncio: un bambino é nato PER VOI!

La chiesa in Brasile, malgrado tanti limiti, comprende il segreto del Natale che si ripete ogni anno. Pone dunque l’accento non solo su una nascita sbalorditiva, ma su tutto il processo di creazione che Dio ha messo nelle nostre mani e che la vita di Gesú ci sfida a rinnovare.
Mentre lo sviluppo, qui, risale correndo le linee verticali dell’estrazione e esportazione delle materie prime, la vita procede a cerchi concentrici e reti orizzontali di relazioni, garantite dalle comunitá nei loro territori ed identitá locali.

Celebrare il Natale per noi significa credere ostinatamente che Dio nasce dove nessuno sa, lontano dai riflettori e grandi progetti, nelle comunitá minacciate dalla concentrazione della terra, nelle cooperative che provano a reinventare la piccola produzione, nelle scuole-famiglia agricole, nelle feste popolari di quartiere o nella celebrazione annuale del raccolto.

La nuova creazione é giá cominciata, occorre difenderla e disseminarla a tutti i livelli.
Mai come oggi é necessario rinascere dall’alto... verso il basso.

sabato 13 novembre 2010

Il prezzo del ferro

Questo libro racconta i misfatti di una multinazionale e la risposta della rete di resistenza popolare che vi si oppone.
La multinazionale si chiama Vale, il suo piatto forte è il ferro. Che viene estratto in Brasile ma è quello che entra nel cemento armato delle nostre case, nella ghisa dei nostri motori, nell'acciaio delle nostre pentole. Vale, infatti, lo esporta in tutto il mondo.

Ad attirare l'attenzione sulla gravità dei danni sociali e ambientali provocati da Vale è stata la comunità comboniana del Brasil Nordeste.
Missionari che ogni giorno odono le grida di chi si ammala per l'inquinamento, di chi finisce sotto i treni dell'azienda, di chi lavora da schiavo nelle carbonaie, di chi ha perso il lavoro perché non serve più. E non hanno potuto tacere, come testimoni del regno di Dio che è amore, giustizia, pace.

La denuncia ha dato vita alla campagna "Sui binari della giustizia", oggi estesa a livello mondiale con la partecipazione delle vittime di Vale di altri paesi: Mozambico, Perù, Canada, Indonesia... Anche in Italia si è costituito un gruppo di sostegno.
Le multinazionali fondano il loro potere sul denaro. I piccoli lo fondano sulla partecipazione e sulla forza di volontà. Nessun potere, neanche il più temibile, può rimanere in piedi se tutti insieme diciamo no.

sabato 2 ottobre 2010

Qualcosa o qualcuno di sbagliato?

Da tempo abbiamo costruito le nostre case, ma ora nella nostra regione il progresso sta arrivando col vento in poppa. Scusateci, é stato un errore, non vogliamo togliere spazio alle industrie: andiamo via subito.

La ferrovia dello sviluppo passa in mezzo ai nostri villaggi trasportando minerali da vendere all’estero per arricchire il nostro Brasile. A volte qualcuno di noi attraversa i binari e viene investito dal treno. Scusateci, é stato un errore, non vogliamo ritardare il ritmo degli affari.

Ogni tanto ci chiediamo se é giusto che i profitti vengano prima della vita e della dignitá. Scusateci, é un errore: non vogliamo dare impressione di un discorso anti-capitalista. Abbiamo bisogno di lavorare, a qualsiasi condizione.

Molti ci richiamano a causa dei nostri errori. Giungiamo al limite di pensare che noi stessi siamo errati e che il nostro piú grande sbaglio sia, alla fin fine, esistere.

A dire il vero, dialogando tra di noi, ci rendiamo conto di aver fatto alcuni sbagli: abbiamo alzato la voce un po’ tardi, ma c’é ancora tempo di far valere le nostre ragioni. A volte tutti questi conflitti ci stancano, perché i risultati stentano ad arrivare, ma abbiamo ancora molte energie. Facciamo fatica ad unire le resistenze locali delle molte comunitá lungo i binari, ma la rete si sta rafforzando.

I primi segni di speranza cominciano ad apparire: nel villaggio di Piquiá (Maranhão), dopo anni di protesta abbandonata al silenzio, le nostre trecento famiglie stanno riuscendo a convocare imprese, istituzioni, media e amministrazione pubblica per negoziare una via d’uscita per le vittime del progresso e dell’inquinamento.

Ad Ourilândia, nel Pará, i negoziati tra movimenti sociali, governo e l’impresa di minerazione Vale sono avanzati molto, creando precedenti importanti per difendere i diritti degli abitanti locali, garantire giuste indennizazioni e condizioni per ricominciare a vivere, malgrado gli impatti delle miniere.

Insomma: possiamo errare, ma non saremo mai sbagliati quando gridiamo che questo benedetto sviluppo (sulla bocca di tutti, ora che ci chiedono il nostro voto) non travolga le nostre vite!


venerdì 27 agosto 2010

Il sapere biblico ed il sapore della vita

Si svegliano alle quattro di mattina, i miei amici monaci di Montesole, per studiare la Bibbia in condivisione.
Leggono il Libro Sacro parola per parola, dall’inizio alla fine, lungo alcuni anni della loro vita.
Poi riprendono da capo, scavando sempre piú a fondo nell’archeologia dei testi, nella sinfonia dei riferimenti, nell’analisi storica e culturale delle fonti.

Con loro ho imparato la riverenza alla Parola, ho scoperto che non so nulla ed ho percepito appena quanta umiltá sia necessaria per avvicinarsi al mistero di Dio.
Mi meravigliavano per la dedizione assoluta attorno ad um breve versetto o ad un passaggio che io banalmente avrei scartato, considerandolo ‘superato’.

Entrando in punta di piedi nelle storie del popolo di Dio, si scoprono pagliuzze d’oro nascoste, sorprendenti nella loro semplicitá.
Una dopo l’altra esse si intrecciano, puntando tutte assieme al cuore del messaggio rivelato: la gratuitá del dono della vita, che non possiamo interrompere.

Ora mi trovo qui in Brasile, assorbito da mille attivitá, nella lotta per la sopravvivenza e la dignitá della gente.
Vado a letto tardi e mi alzo col buio: da questa parte del mondo, le pagliuzze d’oro che cerco assieme ai fratelli in comunitá sono i cammini di speranza contro la violenza socio-ambientale.

Aprendo la Bibbia, mi chiedo come essa possa saziare la mia e nostra sete di significato.
Mi sembra che il cammino sia all’inverso: questa volta occorre scavare negli eventi di ogni giorno, con un’attenzione riverente ai fatti e alle parole della gente.
Dentro di essi si nasconde una “voce di silenzio sottile” (1Re 19,11), voce di Dio che rivela nuovi tratti del suo volto.

Se questo ascolto della vita rispetta il quotidiano sacro della gente, allora la Parola di Dio che subito dopo mi sforzo di leggere e comprendere all’improvviso si illumina, risuona di riferimenti e tocca il cuore di tutti noi che lottiamo.

La Parola mi parla di fratelli che da tempo sognano il mio stesso sogno, di un uomo che ancora cammina in mezzo a noi, di un Padre che protegge, che vede piú lontano, innesta i nostri sforzi nel tessuto di una storia piú ampia, ancora da scoprire e disegnare con Lui.

Non importa, dunque, quale sia il tuo punto di partenza: accetta la sfida di scavare alla ricerca di Dio, del sapere biblico e del sapore della vita!

venerdì 13 agosto 2010

Maria, le donne e la nostra chiesa

“Se siamo tutti una cosa sola in Cristo e non c’é differenza tra uomini e donne, perché il potere dell’Ordine puó essere conferito solo agli uomini?”
“La conduzione delle comunitá da parte delle donne é um dato bíblico”
Nel giorno dell’assunzione di Maria al cielo, vale la pena far risuonare queste parole di uomini saggi, nella chiesa, che sentono il bisogno di sollevare domande: i vescovi Clemente Isnard e Carlo Maria Martini, il card. Lorscheider.

Maria, madre di Gesú e di tutte le donne di fede, “per un privilegio interamente singolare (...) non fu soggetta alla legge di permanere nella corruzione del sepolcro”.
Chiediamole che aiuti la nosra chiesa a ripensare il privilegio singolare per cui gli uomini ricevono il sacramento dell’ordine e rappresentano ufficialmente la chiesa (che anche nel suo nome é femminile!).

Il Vangelo che accompagna la festa dell’assunzione di Maria ha poço a che vedere con il cielo e ci mostra uma donna con i piedi per terra, sulle strade della missione, della solidarietá con gli anziani, dell’attenzione alla maternitá e alla vita dei poveri.

Chi vuole essere “all’altezza del cielo”, deve piantare i piedi sul suolo della gente!
Maria si é diretta in fretta a visitare Elisabetta. Dona Zuza, per amore ad una vicina ammalata nella baracca di fronte alla sua, é stata dodici volte alla Secretaria de Saúde per rivendicare il diritto dei poveri all’ambulanza!

I bambini hanno saltato nel ventre di Maria ed Elisabetta. Dona Célia ha uma casa semplice, con due stanze ed um piccolo negozietto davanti. Un marito, una figlia ed un bimbo adottivo. Quando, per via di uma tragedia, sua cognata ed il marito sono morti, non ha avuto paura di ricevere anche i quattro piccoli orfani dentro di casa e prendersene cura.

Maria, regina delle donne e madre del Figlio di Dio, é andata e tornata in silenzio e da sola a quella cittá della Giudea. Elisângela e Dirce, líderes di comunitá, lavorano senza far rumore a servizio della gente, nella catechesi, nella liturgia, visitando le mamme con la Pastoral da Criança, conducendo in chiesa le celebrazioni della Parola.

Tutte queste tracce nel suolo dei poveri aprono il cammino verso il cielo, che é semplicemente la conferma definitiva di Dio: amare vale la pena; chi vuole restare vicino a Maria, madre della nostra fede, si sforzi di seguire queste altre donne nei passi del servizio ai piccoli e alla comunitá.
E un giorno, se possiamo sognare, anch’esse saranno pastori del popolo di Dio.

mercoledì 4 agosto 2010

Sementi di Risurrezione

Se tu fossi venuto ad Açailândia alcune settimane fa, ti avrei accompagnato in uno dei nostri quartieri, in una casa piena di bambini attorno ad un piccolo corpo senza vita.
Poche settimane fa, la mia cittá piangeva per un altro caso di negligenza medica, che ha lasciato morire la piccola Alice.

Ma se tu venissi oggi, ti porterei in una casa piena di gente che rivendica i suoi diritti.
José e Aline, genitori della piccola Alice, si trovavano lá, ancora molto emozionati, ma con l’intenzione di parlare, gridare la loro rabbia, esigere rispetto e giustizia per tutte le vittime!

Casa della gente, la Camera Municipale ha ospitato oggi un’udienza pubblica per l’installazione della “Defensoría Pública” (avvocati popolari a servizio dello strato piú povero della popolazione). Finalmente hanno avuto la parola persone che per molto tempo erano rimaste in silenzio.

Ivone ha parlato della sua casa ai bordi di uno strapiombo che cresce per l’erosione e dei suoi vicini, che all’improvviso si sono trovati senza tetto dovendo abbandonare Açailândia.

Elisângela ha descritto l’umiliazione che soffrono gli ammalati quando hanno bisogno di un esame medico: una notte intera svegli, in fila uno dietro l’altro nella speranza di riuscire ad ottenere uno dei quindici tagliandi mensili che danno diritto alla visita...

Albino, nel mezzo di tutte queste situazioni, ha insistito a parlare a nome del gruppo “Rete di Cittadini”, che si propone esattamente la partecipazione alla vita politica ed il controllo delle attivitá pubbliche.

Per una volta, nella Camera Municipale, le parole della ‘nostra’ gente hanno definito il programma di lavoro delle autoritá.
Mancavano, come sempre, i politici (opportunisti, stringono le mani di tutti nei giorni della campagna, per poi scomparire da ogni incontro serio di programmazione). Ma la “Defensoría” é stata ad ascoltare ed ha assunto un impegno solenne: servire la popolazione a partire da ció che chiede e di cui ha realmente bisogno.

I movimenti e gruppi della societá civile erano presenti, celebrando una vittoria che giunge in estremo ritardo, dopo dieci anni di rivendicazioni e insistenza perché i diritti dei poveri fossero garantiti.

Come missionari, sentiamo in questo momento profumo di risurrezione.
La morte giunge violenta ed improvvisa, fa rumore ed occupa le prime pagine dei giornali.
Ma quando i piccoli si organizzano, trovano il coraggio di esporsi in pubblico, si fanno solidali gli uni con gli altri e orientano il programma politico di una cittá... questa, sí, é vita che risorge!

Dio danza in mezzo a questa gente, mano nella mano con la piccola Alice e con tutte le vittime: La negligenza e l’ipocrisia possono uccidere, ma la fede e la resistenza popolare non muoiono.
Continuiamo, dunque, spargendo semi di rissurrezione!

venerdì 23 luglio 2010

Creare Primavera

Aveva solo 33 anni, era arrivato in Brasile da appena un anno. Mi chiedo quanta rabbia dovesse scoppiargli in corpo, per firmare la sua condanna a morte in cosí poco tempo...

Missionario Comboniano, Ezechiele Ramin fu ucciso nel 1985, in Rondonia. La febbre della colonizzazion della terra era altissima: fazendeiros violenti e molta gente povera in cerca di futuro. Un’immensa frontiera di “progresso”, dove si lottava per conquistare palmo a palmo terra nuova da possedere. Ezechiele scelse la parte dei poveri, e con loro rimase fino al sangue. Oggi, a venticinque anni di distanza, i suoi confratelli comboniani in Brasile gli scrivono una lettera.

Ezechiele, cos’é la resurrezione?
Svelacelo, martire della terra: come possiamo ancora credere nella vita quando continuano violazioni cosí evindenti dei diritti della gente?
Ricordiamo la tua passione per la causa dei popoli indigeni. Ma ancor oggi piú del 50% delle loro terre non é identificata e registrata: alla mercé di chiunque voglia invaderla per impossessarsene.

Tu hai dato la vita perché tutti avessero un pezzetto di terra, ma ancor oggi il Brasile é campione mondiale per la concentrazione della terra. Nel prossimo settembre la chiesa e molti movimenti in Brasile cominceranno una grande campagna per porre un limite alla proprietá privata. Sappiamo che, dall’alto, tu ci starai appoggiando!
Risuonano ancora le tue parole: “Sento spesso un grande desiderio di piangere, al vedere kilometri e kilometri di staccionate col filo spinato proteggendo le grandi proprietá...
Come non piangere ancor oggi, quando in Brasile sta per essere approvata una grave riforma del Codice Forestale, minacciando nuove riduzioni della foresta e delle aree di preservazione permanente?!

Ogni giorno di piú la vita é minacciata dall’illusione della crescita e del progresso. Ma questo progresso succhia risorse e fertilitá dalle vene aperte dell’America Latina...
Nella tua Rondônia, l’anno scorso, quattromila persone si sono inginocchiate durante l’incontro delle Comunitá di Base. Hanno chiesto perdono per gli enormi impianti idroelettrici e le dighe nel Rio Madeira: allagamenti, devastazione e sfollamento di intere comunitá... solo per servire la sete di energia delle grandi multinazionali! Possiamo ancora credere, Lele, che Davide sconfiggerá Golia?

Una tua sorella di sangue, suor Dorothy, é stata uccisa nel 2005 in Pará per gli stessi conflitti. I suoi assassini sono ancora in libertá... Dov’é il potere pubblico, che dovrebbe difendere i nostri diritti? Dov’é la chiesa della liberazione, per la quale hai donato tutta una vita? Come e quando questa chiesa riconosce ed imita i suoi martiri?
Sono scomparsi, i martiri; oggi la misura delle fede non sembra essere piú la croce della persecuzione, ma l’approvazione di massa dei grandi showmen religiosi, miracoli ambulanti che giocano con i sentimenti popolari, offrendo in piazza o nel tempio il grande spettacolo della religione...
Gli stessi movimenti sociali, con cui tu hai lavorato tanto, oggi spesso sembrano intrappolati da logiche di controllo e distribuzione del potere.

Nel mezzo di tute queste contraddizioni e fallimenti, tu ripetevi spesso che “stare tra i poveri é come creare primavera”. Crediamo in questa primavera, padre!

Sentiamo che la vita palpita nelle vene di questa gente, malgrado le minacce che aleggiano su di loro. Ci stupisce ogni giorno la resistenza e la dedicazione delle donne, leaders di comunitá: é da loro che tu hai imparato!
La tua passione non é stata invano: oggi gli occhi della gente si illuminano quando si parla di padre Ezequiel o di irmã Dorothy! Luci distanti, ma perenni; stelle fisse all’orizzonte.
Sí: la nostra gente ha ancora orizzonti, malgrado tutto.
Alcuni hanno perso il sogno, si vedono obbligati a vivere giorno dopo giorno. Ma altri, al loro fianco, guardano ancora lontano, lottano per un cambiamento, credono nell’onestá, si donano fino alla fine.

Non immagini, Ezechiele, quanto sia importante per loro il tuo esempio e la vita di molti altri che lottano giorno per giorno!
Le tue parole fecondano la vita di molti giovani: “Ho la passione di chi insegue un sogno. Questa parola ha un’intensitá tale che, quando l’accolgo nel mio animo, sento che una liberazione sanguina dentro di me”.

La chiesa che tu sognavi e per la quale hai lavorato é ancora in costruzione: dipende da noi darle un sapore di Vangelo.
Tu commentavi: “É un nuovo modo d’essere chiesa. Avanzo in questa logica. Le attivitá sono legate al sociale, ad una trasformazioe concreta. Il ruolo principale é dei laici. Loro sono la chiesa. Si interessano di tutto. Il lavoro é di unione: insieme cerchiamo vie d’uscita per i molti problemi intrecciati tra loro: terra, popoli indigeni, sanitá pubblica, analfabetismo...

I miei occhi si sforzano con difficoltá nel riconoscere la storia di Dio qui. La croce é la solidarietá di Dio nel cammino e nel dolore delle persone. L’amore di Dio é piú forte della morte. La vita é bella e sono felice di donarla!

É questa la ressurrezione, padre Lele: donarsi con gioia, perché questa gente viva!
Anche tu continui a vivere, martire della terra e del sogno di Dio.
Che questa vita si trasmetta, appassionata, ai molti discepoli di Gesú di Nazareth, che vogliono ancora creare primavera!

lunedì 5 luglio 2010

Il Paese delle meraviglie

Alice é arrivata nel bagagliaio. Le pompe funebri non si sono preoccupate nemmeno di accompagnare a casa il suo corpicino di sette mesi.

Quando abbiamo aperto la piccola bara, gli altri bambini si erano giá raccolti tutt’attorno, con il ciuccio in bocca. La guardavano come se fosse una bambola. Non riesco ad immaginare a cosa pensassero: gli adulti piangendo e loro tranquilli, osservando curiosi.

Forse per loro la morte é uma novitá. Per noi é un’abitudine: un altro bambino che non ce l’ha fatta ad aspettare.

Açailândia é una ricca cittá nell’interno del Maranhão, terra di imprese e affari, investimento e sviluppo. In questo paese delle maraviglie, Alice non é riuscita ad attendere il suo turno...

Fin da quando é nata, il medico aveva richiesto um’operazione urgente per il suo fragile cuore.
Per sette lunghi mesi i genitori hanno bussato molte volte alle porte del sistema sanitario pubblico. Alice é rimasta ad aspettare, nella baracca in fondo a rua Juazeiro, dove finisce la strada...
Non ce l’ha fatta; é morta una settimana prima degli esami e dell’operazione che attendeva da tempo.

La vita ed il progresso, in questa cittá, corrono su binari diversi. La velocitá del profitto aumenta giorno dopo giorno; in questo mese comincia anche la duplicazione dei binari della Ferrovia di Carajás, che esporta ricchezza mineraria attraversando le nostre povertá quotidiane.

Tutto é molto rápido... ma stamattina anch’io mi sono fermato, a fianco di questa famiglia, guardando la vita che corre via e la rassegnazione stagnante lungo le strade di questa cittá.

Quanti altri bambini dovranno morire cosí? Quale sará il futuro di questi piccoli col ciuccio in bocca che osservavano stupiti la morte?

C’é solo una strada in fondo alla quale Alice si potrá meravigliare: la nostra indignazione e l’organizzazione popolare, perché tutti abbiano vita in abbondanza!

mercoledì 30 giugno 2010

Gli invisibili

Avevo giá visitato la discarica di Açailândia, sperando di non trovarvi bambini e umiliazione. Ricordo che mi marcó l’odore e il fumo denso, dentro il quale si nascondevano persone che riciclavano i rifiuti e correvano da un camion all’altro per selezionare per primi gli scarti piú preziosi.

Tornei a casa con quel sentimento di impotenza che da molto tempo mi é fedele compagno di strada: ancora una causa da assumere... ma con quali forze?! In questo caso si trattava proprio degli “ultimi”, dell’anello piú debole della degenerata catena di produzione che scarta tutto in vista di produrre di piú.

Ad Açailândia ci impegnamo per il rispetto dell’ambiente e per limitare il saccheggio delle risorse, specialmente minerali e forestali. Questi nostri fratelli si trovano dall’altra parte dell’imbuto, schiacciati sotto il peso degli scarti, ultima tappa di un consumo di cose e di vita. La stessa Caritas, in Brasile, sta portando avanti iniziative per diminuire le discariche, potenziando l’organizzazione dei riciclatori e promuovendo la raccolta differenziata, strumento di sviluppo socio-ambientale.

Ma noi non abbiamo energie per tutto ció, pensavo... Gionri dopo, peró, succede un incidente con la nostra auto proprio nei pressi della discarica e la mia borsa scompare, con i documenti e i soldi che conteneva. Torno in quel posto che inconsciamente avrei voluto dimenticare: questa volta con obiettivi piú egoistici, promettendo una ricompensa a chi mi restituisse la carta d’identitá.

Di nuovo, gli invisibili fanno irruzione dentro di me. Mi fermo alla prima baracca, giá nella discarica, per parlare com um signore. Lui mi chiede se posso dare un passaggio a sua mamma, fino al deposito principale, qualche kilometro piú avanti. Esce dalla baracca una donna anziana, zoppa, piena di mosche. Non riesco neppure a parlare: le mosche entrano negli occhi e in bocca. La donna, abituata e tranquilla, sale sull’auto con il suo carico ambulante di insetti e mi guida per la strada.

“Dona Maria das moscas” lavora da 19 anni in discarica. Le gambe non reggono piú, ora le serve aiuto del figlio e dei nipotini. Ci sono molte vittime nascoste in questo ritmo pazzo di consumo... ed é facile anche per me dimenticarmene. Questa nuvola di mosche viene per turbarmi e non farmi dimenticare mai tali persone.

Puó essere che la nostra campagna d’azione lavori piú sulla fonte di questo ciclo di devastazione, in resistenza contro il saccheggio di risorse, per interrompere l’emorragia delle vene aperte dell’America Latina. Ma sappiamo e sentiamo che il nostro impegno é in nome di tutte queste vittime e per questo non deve interrompersi mai!

Lascio dona Maria e torno verso casa riflettendo su tutto ció. Ma un’altra sorpresa viene a seminare tenerezza e ammirazione dentro di me: una coppia di riciclatori, risalendo la strada con la loro picola moto, mi ferma all’improvviso. “Padre, é tutto il giorno che la stiamo cercando!”

Hanno trovato la mia borsa e, custodita in casa, sono corsi a cercarmi per restituire tutto, compresi i soldi! Si chiamano Silma e Sergio, hanno quattro figli vivi e uno che é morto travolto da un’auto, probabilmente mentre andava in discarica.

In mezzo ai rifiuti, questa volta sono stato io a raccogliere qualcosa di prezioso: piccoli gesti di onestá come questo, sbocciati nel cuore della miseria, alimentano intensamente la mia vita.

mercoledì 2 giugno 2010

Essere missionario significa leggere con uno sguardo attento la realtà, sforzarsi di interpretare i segni del tempo, promuovere cambiamenti insieme alla gente, affinché tutti e tutto abbiano vita.

Nella regione nord del Brasile, l’evidente ingiustizia e il saccheggio delle risorse per l’arricchimento di pochi sono un appello quotidiano per nuove prassi missionarie: spetta anche a noi creare le condizioni per un tessuto di relazioni che si prendano cura della vita, dei poveri e del creato.

É sempre più urgente, dato che nelle periferie del mondo sta cominciando un nuovo ciclo di colonizzazione, estremamente violento e devastante. Per esempio, dal 2002 al 2006, in pieno boom di crescita dello sfruttamento delle risorse naturali dell’America Latina, l’utile dell’industria mineraria è cresciuto dell’800%! Dietro a questi risultati ci sono, però, la devastazione e la violazione dei diritti economici, sociali e ambientali delle comunità toccate dagli investimenti minerari.

Per questo, i Missionari Comboniani della Provincia Brasil Nordeste sono fra i fondatori della campagna Justiça nos Trilhos (il nome italiano della campagna é Sui Binari della Giustizia), che dà voce a una rete di movimenti e di comunità coinvolte dall’industria mineraria e siderurgica della compagnia Vale do Rio Doce, seconda maggior impresa mineraria del mondo. Un gigante brasiliano che calpesta comunità tradizionali e territori di oltre trenta paesi nel mondo.

Nell’aprile 2010, Justiça nos Trilhos ha presentato formalmente le proprie denunce, insieme a quelle di molti altri movimenti, articolando il “1° Incontro Internazionale delle vittime dalla compagnia Vale”.

Da tempo esiste una disputa tra il modello di sviluppo e investimento industriale senza scrupoli nella regione nord del Brasile e le comunità locali.

A partire dall'inizio del 2009, durante e subito dopo il Forum Sociale Mondiale di Belém, le associazioni e i movimenti sociali in cerca di un nuovo modello di sviluppo hanno sentito il bisogno di un incontro internazionale focalizzato esclusivamente sulla compagnia Vale e sul suo impatto socio-ambientale in diverse regioni mondo.

Le ingiustizie evidenti riportate da molte comunità in Brasile e all’estero, gli enormi profitti della società mineraria senza alcuna redistribuzione nelle comunità locali, le pratiche aggressive delle imprese ad essa correlate rendevano urgente l’individuazione di strategie collettive di resistenza e la ricerca di alternative di crescita.

Come Missionari Comboniani ci siamo sentiti direttamente interpellati: accompagnamo infatti varie comunitá nei diversi villaggi e cittá lungo i 900 Km di ferrovia di Carajás, tra gli stati del Maranhão e Pará. Toccava a noi aiutare le persone di qeste comunitá a capire la storia e le cause di tanto degrado delle loro condizioni di vita.

Per annunciare e costruire “vita in abbondanza”, è necessario denunciare e distruggere modelli di crescita che, al contrario, producono morte a causa di una ricerca eccessiva e irresponsabile di guadagno.
Siamo stati benedetti e incoraggiati in questa opzione anche dalla
Campagna della Fraternità del 2010, un'iniziativa della Conferenza dei Vescovi del Brasile che incentivava, quest'anno, a studiare le ingiustizie economiche più evidenti e a contrapporvi esperienze di economia alternativa, decentrata, rispettosa della vita e dell'ambiente. Per questo abbiamo assunto con entusiasmo l’organizzazione di questa nuova fase di confronto con la compagnia Vale: sognamo, con Dio, un nuovo modo di rapportarsi con la terra, le risorse naturali e tutto il creato.

Justiça nos Trilhos fin dall’inizio ha visto coinvolta l'intera Provincia Comboniana Brasil Nordeste, che si identifica nella campagna e la sostiene. Anche in questa nuova fase vari missionari hanno partecipato alle molteplici iniziative sorte in preparazione dell’incontro.

È stata redatta una rivista, intitolata Não Vale, che contiene articoli di ricerca e documenti sui danni causati dalla compagnia, soprattutto nell’area del corridoio di Carajás. La rivista supporta e integra l’opera di un noto regista italiano, Silvestro Montanaro: si tratta di un documentario, realizzato negli ultimi mesi, che descrive i principali conflitti e le maggiori esperienze di resistenza della popolazione lungo il corridoio di Carajás. Film e rivista saranno divulgati nelle comunità coinvolte lungo la ferrovia, attraverso eventi di lancio e seminari di formazione. I membri della Rede Brasileira de Justiça Ambiental e altri partner internazionali hanno già ricevuto questo materiale utile per la formazione delle loro comunità e dei leader.

Tutto questo lavoro è stato preparato in vista dell'Incontro internazionale delle vittime di Vale. L'evento è stato preceduto, dal 5 all’11 aprile, dalla Carovana dei popoli attraverso il Sistema Nord[1] della compagnia.

Sono state organizzate tre tappe, attraverso gli stati del Pará e del Maranhão, in collaborazione con le comunità, i movimenti sociali e i sindacati, che hanno accolto un pubblico formato da persone provenienti da vari paesi del mondo.

Trenta persone, brasiliane e straniere, hanno visitato Barcarena (Pará), Marabá (Pará) e Açailândia (Maranhão) e realizzato un prezioso scambio tra le comunità convolte da Vale in diverse regioni del pianeta. I rappresentati di comunità di vari stati del Brasile (Pará, Maranhão, Ceará, Rio de Janeiro, Brasília) e i membri di movimenti e comunità di altri paesi (Argentina, Cile, Perù, Canada e Mozambico) hanno avuto in questo modo l’opportunità di conoscere comunità urbane e rurali e incontrare esponenti di associazioni di quartiere, movimenti sociali, comunità cristiane, sindacati, movimenti dei diritti umani, oltre a politici, magistrati, giornalisti, attori, famiglie, giovani, donne, etc. …

È impossibile riassumere in poche righe la ricchezza di questi incontri. Possiamo però evidenziare la dinamica di arricchimento che ha permesso ai membri locali e internazionali di “specchiarsi” gli uni negli altri. È apparso evidente come, seppur in diversi contesti, le strategie della compagnia Vale siano sempre le stesse: conquista del territorio, ingenti investimenti nel marketing per sostenere un’immagine di impresa socialmente ed ecologicamente responsabile, cooptazione del potere politico e giudiziario. È stata riscontrata la tendenza ad avvicinare individualmente i leaders delle comunità locali e negoziare separatamente con ciascuno di essi, isolando le persone e dividendo le comunità; inoltre, a seconda del livello di organizzazione e di protesta dei gruppi locali, non sono mancate minacce o tentativi di criminalizzazione dei dissidenti.

Altrettanto interessanti sono state le risposte e i tentativi di resistenza delle popolazioni, quali: lo sforzo di dare visibilità al conflitto (attraverso pubblicazioni, relazioni, documenti); le azioni dirette di contrasto all’aggressività dell’impresa (occupazione di terre, chiusura di strade, manifestazioni); le azioni legali volte all’indennizzazione, al risarcimento o a forme di compensazione per i danni ambientali; la produzione di conoscenza unendo saperi locali e ricerca universitaria; l'articolazione in reti (internazionali, nazionali, regionali) e il coinvolgimento di collaboratori chiave, soprattutto di area giuridica.

Nei giorni successivi, 12-15 aprile, la carovana del Sistema Nord si è incontrata con un'altra carovana, proveniente dal Sistema Sud della Vale (attraverso gli stati di Minas Gerais e Espírito Santo). I partecipanti alle due carovane, e con loro molte altre persone, si sono dati appuntamento a Rio de Janeiro, dove è situata la sede della compagnia Vale che proprio in quei giorni stava convocando l’assemblea annuale degli azionisti.

Si sono così riunite 160 persone di 80 diverse organizzazioni e associazioni, con rappresentanze di 12 diversi paesi. Un'occasione unica: per la prima volta le popolazioni colpite e i leader che le accompagnano sono riusciti a collaborare per sistematizzare le loro rivendicazioni, imparando gli uni dagli altri.

Dal lavoro di quattro giorni interamente dedicati allo studio e al perfezionamento di strategie collettive è emerso un quadro dettagliato dei problemi vissuti dalle comunità. Sono state evidenziate le seguenti aree di conflitto: un modello di “sviluppo a tutti i costi” fondato sul saccheggio indiscriminato delle risorse naturali, violazioni in materia di diritto ambientale e problemi legati all’inquinamento, violazione dei diritti dei lavoratori e conflitti sindacali, conflitti con le comunità e appropriazione di terre, conflitti economici e mancanza assoluta di compensazione e redistribuzione degli incommensurabili guadagni della compagnia (Vale é l’impresa più grande del Sud America e la più redditizia al mondo!) Foto Philippe Revelliimmagine

Le maggiori iniziative di intervento, al momento, riguardano la critica all’immagine, opportunamente costruita da Vale, di impresa impegnata a livello sociale ed ecologicamente responsabile. I partecipanti all’incontro hanno deciso di impegnarsi a smantellare sistematicamente questa facciata della compagnia, mostrando e divulgando i problemi e gli abusi che li colpiscono. Con questo obiettivo é stato presentato, nella sede del parlamento dello stato di Rio de Janeiro, un dossier dettagliato, composto da 120 pagine e 21 casi specifici, consegnato alla stampa e all’assemblea degli azionisti.

Giustizia in materia di Rails indietro ora di lavoro nel nord e  nord-est del Brasile, ma rafforzata da alleanze nazionali e  internazionali per garantire il sostegno e la solidità all'azione dei  missionari locais.Como comunità di difesa, siamo chiamati ad andare  avanti in questo dialogo senza precedenti tra il confine la chiesa,  comunità e movimenti sociali per la conservazione della vita, della  dignità e dei territori.Un movimento internazionale si è impegnato a produrre costantemente un rapporto alternativo, sottolineando le omissioni del Rapporto di Responsabilità Sociale dell'azienda (finora emesso due volte, nel 2006 e nel 2008). Questo nuovo documento, oltre a far riacquistare slancio alle rivendicazioni delle comunità rispetto alle violazioni dei propri diritti, fornirà un supporto concreto per nuove dinamiche di denuncia, sensibilizzazione e coscientizzazione delle comunità, costruzione di forme più sostenibili di economia e sviluppo locale.

Incontri locali con le comunitá e reti internazionali di lobby e denuncia: l’azione di Justiça nos Trilhos si fa ogni giorno piú compessa ed articolata. Ai Missionari Comboniani spetta, tra le altre cose, permeare tutte queste attivitá con una profonda spiritualitá eco-teologica: non si tratta semplicemente di contrapporsi ad una tra le tante multinazionali; la sfida piú ampia é definire limiti all’aggressione socioambientale e tracciare alternative per un nuovo equilibrio tra l’umanitá e le risorse della terra.

Foto: Nils Vanderbolt


[1] Il Sistema Nord di Vale comprende la grande miniera di Carajás, tutto il complesso di trasporto del minerale e il porto di São Luís, capitale del Maranhão. Il Sistema Sud é simmetrico e unisce con una ferrovia le miniere dello stato di Minas Gerais e il porto di Vitória, nello stato di Espírito Santo.

martedì 25 maggio 2010

Parauapebas

Il nome della mia cittá é di origine indigena: significa “Fiume dalle acque chiare”. Il sangue che mi corre nelle vene, peró, non é altrettanto pulito... e proprio a causa dell’acqua che ho bevuto!

Non mi sentivo bene da mesi, ma ero tranquillo: nel villaggio dei lavoratori della Vale avevamo tutto garantito: casa, scuola per i figli, ospedale e controlli medici garantiti. In effetti, il medico continuava a tranquillizzarmi e diceva che gli esami erano nella norma, forse si trattava solo di una piccola infezione.

Mi sono fidato di lui, ma fino ad un certo punto: i problemi non si risolvevano e cosí ho deciso di fare altri esami in un ospedale non vincolato alla multinazionale. Selenio, Zinco, Rame, Alluminio, Piombo: io e i miei colleghi di lavoro ci siamo scoperti all’improvviso contaminati (e il tasso di queste sostanze nel sangue era piuttosto alto!).

Incredibile: nell’ospedale della Vale tutto era regolare, un altro medico ci diceva invece che avevamo il sangue zeppo di sostanze cancerogene!

Abbiamo cominciato a chiedere spiegazioni e smesso di lavorare (non ne avevamo le condizioni!)... e l’impresa in tutta risposta ci ha comunicato che chi non lavorava non aveva diritto alla casa e alle agevolazioni del quartiere residenziale!

Oltre al danno, la beffa: contaminati e espulsi!
Solo nella regione di Parauapebas esistono piú di 8000 processi nella giustizia del lavoro contro Vale, che afferma tra i suoi principi: “Offriamo ai nostri lavoratori um ambiente di lavoro etico, trasparente, ricco di opportunitá”.

Vittime...

Mia mamma: era anziana, non ci sentiva bene... é arrivato da dietro e l’ha travolta.

Mio papá: stava andando al lavoro, gli ultimi anni prima della pensione.
Era fermo lá nel mezzo, bloccava il passaggio. Papá gli é passato sotto, ma nel frattempo si é messo in moto e l’ha schiacciato.

Tiago stava seduto sui binari. Viveva depresso. É arrivato in corsa, fischiando e frenando forte, ma non s’é fermato e l’ha sbattuto lontano.

Il treno della Vale miete mediamente una vittima al mese, solo nel corridoio di Carajás.
“La gente si lamenta del rumore: passa a fianco delle case, a tutte le ore del giorno e della notte: dodici vanno e dodici tornano”. Padre Denys lo conosce bene, seguendo da anni le comunitá lungo i binari. “Non é un trenino passeggeri: sono 330 vagoni, ciascuno con 100 tonnelate di carico, uno dei convogli piú lunghi del mondo! Le vibrazioni fanno tremare le case, aprono crepe e sgretolano le pareti dei pozzi rendendoli inutilizzabili”.

“Sono stanco di seppellire gente cosí... uno di loro é stato travolto proprio il giorno di Pasqua. L’ennesimo incidente, che mi ha fatto indietreggiare al venerdí santo... Quest’anno sono rimasto bloccato lí. Non é possibile che una multinazionale cosí grande si comporti in modo cosí vigliacco: sapete qual’é l’unica indennizzazione che concede? Gli compra la cassa da morto! Beffardo e rivoltante!”

Foto: Philippe Revelli

Piquiá de Baixo e il signor Edvar

Giorno e notte gli altoforni bruciano carbone e ferro, ferro e carbone. Quaranta vagoni e trenta autoarticolati sono la misura per alimentare la fame di una sola di queste bocche di fuoco. Ma attorno al nostro villaggio ce ne sono 14!

E la ferrovia della Vale ci passa accanto, scarica ferro e raccoglie soldi puliti: il lavoro sporco lo lasciano qui. Sapete come la chiamano la prima lavorazione del minerale? “Pig Iron”: il ferro dei porci, perché produrlo inquina, e questo non é degno dei paesi ‘sviluppati’. Da voi arriva tutto pulito... Intanto, peró, dentro casa ogni giorno si ammassa la polvere sottile e scura, che entra nei vestiti, cade nel piatto, penetra nei polmoni, insozza la pelle...

Hanno un bel dire i medici, quando consigliano alle donne gravide di non restare qui: dove dovrebbero andare, se questa é la loro casa?! C’é gente che é arrivata 40 anni fa... e le industrie siderurgiche si sono installate solo nell’85, insieme alla ferrovia!

Come sempre, quando grida il piu forte i piccoli devono tacere... e cosí l’unica soluzione per noi rimane andarcene: cosí forse almeno i nostri figli avranno una casa pulita e un ambiente sano. Sulla porta della nostra associazione locale ho scritto “Sede provvisoria”. Speriamo che almeno questo sogno minore, di trovare un altro posto, ci sia concesso: noi da soli non abbiamo i soldi per ricostruire tutto.

Giá sono stato umiliato molte volte: ci trattano come se non capissimo nulla, peró quando hanno bisogno di braccia e di gente che arroventi nell’altoforno ci cercano subito! Siamo stanchi di sopportare tutto questo, da alcuni anni abbiamo alzato la voce, attivato i tribunali, cercato alleanze... ma qui é tutto cosí lento, quando si tratta di difendere i diritti dei poveri! Alcuni, purtroppo, si stanno stancando anche di lottare. Ma io no: vi garantisco che finché non vedró la mia gente rispettata e soddisfatta, non mi daró pace... e non la daró nemmeno a questi ‘signori del ferro’!

Il villaggio Califórnia

Mi chiamo Joana, abito da 14 anni nel villaggio “Califórnia”. É un nome simpatico, non é vero?
Non abbiamo nulla, peró, della ricchezza degli Stati Uniti: il nome viene dalla fazenda che c’era qui prima di noi. Siamo del Movimento dos Trabalhadores Sem Terra (MST); abbiamo conquistato la terra con molta lotta e resistenza: siamo rimasti accampati lungo la strada per mesi... erano anni molto violenti e la terra spesso si bagnava di sangue.

Graças a Deus oggi ho un pezzetto di terra da coltivare e una casa degna di questo nome!

Solo che 5 anni fa la Vale ha montato proprio a fianco del nostro villaggio (800 metri, e controvento!) piú di settanta forni industriali per produrre carbone. Lo ricavano dall’eucalipto... e infatti le nostre terre sono circondate da questa monocultura: la gente dice che tra poco invece di manioca dovremo masticare alberi!

La legna brucia tre giorni di seguito dentro i forni, il fumo é spesso e bianco, carico di residui tossici tra cui, principalmente, il catrame. E cosí, vari di noi nel villaggio viviamo con costanti problemi respiratori, polmonite, irritazione agli occhi e altri problemi di pelle. Siamo 1800, c’eravamo molto prima che Vale arrivasse, siamo lavoratori: abbiamo diritto a vivere in pace, non vi sembra?!

In molte occasioni abbiamo denunciato questa invasione: all’Istituto Ambientale Brasiliano, al Ministero Pubblico Federale e Statale, alla Vigilanza Ambientale, agli Assessori alla Sanitá e all’Ambiente del nostro Municipio e dello Stato del Maranhão... Abbiamo partecipato ad incontri pubblici con queste istituzioni, li abbiamo invitati a visitare il nostro villaggio, tutto invano.
Nel 2008, esasperati, alcuni di noi hanno realizzato un gesto simbolico abbattendo e bruciando alcune piante di eucalipto, bloccando la strada e entrando negli uffici della fabbrica di carbone. La televisione, finalmente, ne ha dato notizia in tutto il Brasile... solo che ha preso le difese della multinazionale: da vittime, siamo diventati colpevoli!
(foto Nils Vanderbolt)

sabato 13 marzo 2010

Una battaglia nel cuore dell'Amazzonia


“Justiça nos Trilhos”, si chiama così la campagna avviata dai missionari comboniani contro la multinazionale Vale do Rio Doce, nella regione del Carajàs, in Brasile. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse minerarie della regione hanno portato ad una gigantesca devastazione ambientale, con pesanti conseguenze sulla vita e la salute delle popolazioni locali.

I brasiliani la chiamano ‘la strada del Ferro' é una ferrovia lunga quasi 900 chilometri costruita esclusivamente per trasportare il ferro dal più ricco giacimento al mondo (nella regione del Carajás, nello stato di Maranhao, in Brasile) a uno dei principali porti commerciali di tutta l'America Latina: il porto di São Luís.
I treni non trasportano passeggeri, ma solo minerali: 12 treni, 330 vagoni e 4 locomotive ogni giorno, carichi di minerali per un valore di 20 milioni di euro al giorno.

A gestire l'estrazione e il trasporto è un'unica multinazionale, la Companhia Vale do Rio Doce la seconda compagnia mineraria al mondo. In questa parte dell'Amazzonia lo sfruttamento minerario vuol dire latifondo, disboscamento, incendi frequenti, monoculture, industrie siderurgiche, lavoro in schiavitù. Una devastazione ambientale gigantesca che ha pesanti ripercussioni sulla salute e sulla vita delle popolazioni locali.

Da più di due anni i missionari comboniani che lavorano in quella martoriata regione del pianeta portano avanti una battaglia che si è concretizzata nella Campagna "Sui binari della Giustizia"... Una Campagna sostenuta oggi anche da una rete internazionale di organizzazioni che si battono per la tutela dell'ambiente e delle popolazioni.
Una movimento transnazionale che si è dato appuntamento dal 12 al 15 aprile prossimi a Rio de Janeiro.

In opposizione all'assemblea annuale degli azionisti della multinazionale, che si terrà in concomitanza, l'incontro di Rio de Janeiro è teso, invece, a mostrare un'assemblea dei popoli, che si scambiano esperienze e costruiscono strategie.

(L'intervista a Dario Bossi, missionario comboniano, è stata estratta dal programma radiofonico Focus, di Michela Trevisan)

venerdì 5 marzo 2010

Macchie d’Italia

In Italia fa freddo
“In Italia fa freddo”, mi avvertivano da casa poco prima che arrivassi, per due mesi di vacanza. Alludevano soprattutto al clima sociale e culturale che mi stava aspettando. Ho trovato amici inaspettatamente disoccupati e famiglie che all’improvviso la crisi ha messo in crisi...
Mi hanno colpito le risposte numerose e puntuali per correre ai ripari e soccorrere chi fosse piú in difficoltá. Eppure, mi sembra silenziosa e invisibile la riflessione agli alti livelli sul senso di ció che é successo: ci interessa davvero cambiare, o dipingiamo il volto di lutto per poi tornare all’economia d’azzardo di prima?
Dalle voci che corrono, nei cortili di paese e nella grande piazza mediatica della televisione, avverto un clima di conflitto, di scontro ideologico, a priori: sembra che ascoltare non serva piú, forse ci spaventa, ci confonde. In questa societá cosí complessa, meglio ancorarsi alle nostre idee e cercare, attorno, chi le confermi.
Facilmente emerge, al di sopra del rumore di fondo, il razzismo latente che pian piano prende coraggio e forma: mi ha fatto impressione seguire, alla TV pubblica, interi reportage sugli immigrati banalizzando e esasperando il tema del conflitto.
In certi istanti ho avuto paura, vi confesso, di restare molto qui: mi sono sentito un po’ anch’io straniero impreparato. Oggi per vivere da cristiani veri, in Italia, occorre indurire il volto, farsi scaltri come serpenti, trovare il coraggio della profezia, avere parole competenti e gesti coerenti, piú esigenti della superficialitá a cui le corse della vita ci limitano.

Il miracolo della vita
Una festa di bambini mi aspettava. Tante giovani famiglie, lasciate ancora ‘in cantiere’, ora si sono ritrovate nuova vita tra le mani... e ne fanno il loro Magnificat, preghiera di lode, gioia e stupore. Stupisce anche me vedere la cura con cui si affacciano a queste piccole vite, chiedendo loro (i genitori) il permesso di starvi a fianco.
Abbiamo dialogato molto, insieme, di quanto nei primi mesi amare un piccolo significa davvero consegnarsi interamente a lui, a lei... (poi pian piano chiediamo sconti a questo amore cosí esigente).
Ci siamo confrontati su cosa significa educare senza violenza, di nessun tipo (psicologico, verbale, nel ricatto morale...). Ho visto piccoli partire giá per il Sud con i genitori, perché voci, suoni e profumi diversi ‘contaminassero’ fin dall’inizio il loro DNA...
Ho visto giovani famiglie scegliere in modo radicale e creativo la sobrietá, la preghiera insieme, la vita comunitaria.
Ho visto persone convivere e combattere con malattie pesanti, con l’energia e la speranza che viene loro dai nipotini nati da poco: davvero é la vita stessa che fa miracoli, sapendo accoglierla e lasciandola parlare.

Fedeltá
Tra amici che all’improvviso hanno fatto scelte diverse e famiglie e gruppi che continuano con passione il loro impegno, mi sono chiesto molto (dentro di me si mischiavano rispetto, ascolto, confusione, paura, onestá, dubbio...e soprattutto un grande senso di fragilitá): che cosa é fedeltá?
É una domanda che ci portiamo dentro per la vita intera e che si risponde proprio con la vita intera.
Dai molti dialoghi avuti, finora capisco e sento che fedeltá é essere il piú possibile onesti con se stessi e con Dio, ascoltare in profonditá i segni dei tempi, amare i crocefissi della storia.
Auguro questa fedeltá a ciascuno di noi, soprattutto ai giovani laici comboniani che ostinatamente credono nella nostra famiglia (malgrado non sempre ce lo meritiamo!).

Federico e Ilaria partono per il Brasile, vivró con loro e saremo una famiglia plurale: due padri, due fratelli, questa coppia di missionari laici italiani, un volontario avvocato brasiliano.
Hanno stretto relazioni, in questi mesi di preparazione: c’é una rete di solidarietá attorno a loro, hanno forse seminato frutti per un futuro fecondo anche qui...
Il futuro della missione passa sempre piú da queste alleanze tra religiosi e laici, in un vero spirito di famiglia allargata, ciascuno con le sue competenze e dedizione. Noi ci speriamo molto e cercheremo di viverlo con coerenza; abbiamo bisogno di altri che, con il coraggio e l’ostinazione di chi apre strade nuove, ci creda fino in fondo!

Vi prego di accompagnarci. Prendiamo l’impegno di rimanere insieme nella Parola, con i poveri.

lunedì 22 febbraio 2010

La campagna continua!

“Sono stanca di sopportare questo treno carico di minerali che passa davanti a casa dieci volte al giorno. Non sopporto ascoltare che questo convoglio di 330 vagoni porta via la ricchezza delle nostre terre e lascia una scia di incidenti e morte: travolge e uccide una persona al mese! Sono stufa di sentire i discorsi delle persone in doppiopetto, dell’impresa: ci garantiscono che tutto ció porterá lo sviluppo ed il progresso, ma per noi, qui, tutto é fermo a vent’anni!”

Questo é lo sfogo di molte famiglie che abitano nella regione del ‘corridoio di Carajás’ (900 Km di ferrovia tra il Pará ed il Maranhão, nel nord del Brasile).

Qui, la Companhia Vale do Rio Doce (Vale) domina l’economia e controlla la politica regionale, controllando la proprietá delle miniere di ferro piú ricche ed abbondanti del mondo, cosi come un imponente sistema di logistica e trasporti (ferrovie e navi da carico intercontinentali).
Vale é la seconda impresa mineraria del mondo, opera in 30 paesi diversi con quasi 150mila dipendenti ed é cresciuta di 19 volte in dodici anni, da quando una sospetta operazione di privatizzazione ha svenduto questo tesoro ad interessi privati.
Dipinge la sua immagine di verde (greenwashing), garantendo la sua sostenibilitá e responsabilitá sociale con potenti operazioni di marketing e un forte influenza sui partiti politici. Invece, i popoli e le comunitá di varie parti del mondo testimoniano gravi conflitti nell’ambito del lavoro (3500 persone in Canada sono in sciopero contro Vale da sette mesi, con picchetti a -24 gradi), inquinamento di aria, acqua e suolo, corruzione delle amministrazioni locali, persino reclutamento di milizie locali per garantire la difesa degli interessi dell’impresa.
Abbiamo davanti, insomma, un esempio paradigmatico dell’arroganza di molte imprese minerarie del mondo.

Per questo, da fine 2007 una rete di movimenti del nord del Brasile ha lanciato la campagna Justiça nos Trilhos” (Sui Binari della Giustizia) per denunciare i conflitti con la ultinazionale e rivendicare giustizia socio-ambientale.
Poco dopo, la partecipazione della campagna al Fórum Social Mundial a Belém in Pará ha rafforzato la rete di alleanze ed il coraggio di questo movimento plurale, che in questo 2010 giungerá ad affrontare pubblicamente Vale.

Infatti, in aprile é convocato il “Primo incontro internazionale delle vittime di Vale”. Rappresentanti del Brasile, Perú, Ecuador, Argentina, Cile, Canada, Mozambico, Italia e forse Indonesias si incontreranno per tre giorni di ‘Tribunale Popolare’, scambiando informazioni, stimolando i media a rivelare il volto nascosto dell’impresa, interpellando i suoi quadri direttivi e l’azionariato. Alcuni delegati parteciperanno all’annuale assemblea degli azionisti, con lçe necessarie rivendicazioni. La Rede Brasileira de Justiça Ambiental, insieme a molti grandi e piccoli enti e movimenti brasiliani, stringono cosí un accordo con l’ Observatorio de Conflictos Mineros em America Latina e con le reti sindacali internazionali di Canada e Stati Uniti. In preparazione all’incontro, avverranno due carovane regionali (una in Pará-Maranhão, l’altra in Minas Gerais), per scambiare esperienze e strategie tra attori nazionali ed internazionali, toccando con mano i conflitti locali.

In quell’occasione, a Rio, sará lanciato un film-documentario di Silvestro Montanaro (conosciuto per la sua trasmissione teevisiva ‘C’era una volta’). Il documentario in tre lingue (portoghese, inglese ed italiano) é ottimo strumento di formazione, presa di coscienza e denuncia. Circolerá in Italia insieme ad un libro di Francuccio Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo) a partire da settembre.

A nome di tutti i movimenti brasiliani e del mondo in conflitto con questa multinazionale, chiediamo un appoggio a chiunque sia sensibile alla vita della gente e della natura nelle regioni amazzoniche del nord del Brasile: le vene aperte dell’America Latina debbono tornare ad alimentare il corpo anemico degli impoveriti!

mercoledì 17 febbraio 2010

Come NON vivere la quaresima

Arriva ancora una quaresima...
É facile scegliere quando farla giungere, prefissarla nel calendario e darle cosí i nostri confini: in Brasile sono ancor piú marcati, per la vivacitá delle feste di carnevale e di Pasqua che la incorniciano, togliendole il sapore un po’ amaro che di solito la caratterizza.

La quaresima é cammino rituale di ascolto interiore, in un clima austero di deserto.

Ne abbiamo bisogno, incide nella nostra vita con un ritmo nuovo, che frena un po’ la corsa del tempo e l’affollamento della mente e del cuore.

Ma la quaresima vera, quella piú concreta, scritta nella carne della gente, é ben altra: tempo di fame, vuoto interiore, dramma di un’esistenza al buio improvviso, quando non intravvediamo vie d’uscita ed aneliamo alla resurezzione, alla luce.

Per esempio, questa prima domenica di quaresima (21 febbraio) é anche il venticinquesimo anniversario della morte (crocefissi!) dei contadini di Zeatzan, vittime della persecuzione in Guatemala.

In questo periodo, poi, sperimentiamo in modo ancor piú duro gli effetti della crisi, anche nelle periferie del Brasile: i contributi sono finiti ed i disoccupati non hanno piú nessuna entrata!

La natura stessa sta passando un tempo di quaresima, votata alla penitenza a causa dell’umanitá avida, che l’ha giá condannata a morte.

Sono questi (e molti altri) i veri deserti della vita, che ci lasciano senza risposte, spaventati, in attesa urgente di una resurrezione difficile.

Occorre peró saper accogliere anche queste tappe della vita, poiché la Parola ci garantisce che hanno un termine, un limite oltre al quale rivedremo nuovamente la luce. Nel frattempo, in questo cammino oscuro Dio ci prende per mano, Padre attento ai piccoli e ai fragili.

É possibile, ancor oggi, passare dalla morte alla vita, dalla violenza ad un equilibrio rinnovato tra tutte le creature.

Il Vangelo di questa domenica ci spiega come NON bisogna fare. Spetta al resto della quaresima, poi, indicarci cammini efficaci per ricostruire la speranza.

Com’é che non dobbiamo preparare la Pasqua? Con lo stile consacrato dai potenti (il diavolo stesso é definito dal Vangelo come il padrone del potere).

Alcuni strumenti da sempre hanno illuso le masse; Gesú li rigetta definitivamente:

- Trasformare le pietre in pane.

É un’impresa da pochi. Dedichiamo questo versetto proprio ad una impresa, che da noi fa il bello ed il cattivo tempo con ferro, rame, bauxite e pietre preziose estratte e vendute a prezzi d’eccezione. Vale do Rio Doce proclama a spron battuto la sua missione miracolosa, che a suo dire fará resuscitare il popolo amazzonico e nordestino. Peccato peró che le pietre estratte dalla nostra terra diventano pane quasi esclusivamente per gli azionisiti e gli amministratori dei livelli piú alti.
C’é pane in abbondanza, ma per pochi: questa non é Pasqua.

- Ottenere il potere nella farsa carnevalesca dei politici di oggi.

In Brasile é anno di elezioni federali e statali: come far resuscitare la politica, mentre molti ‘diavoli’ ancora aspirano alle posizioni piú alte, si prostrano e si vendono a qualsiasi condizione?
Piú che dentro ai partiti, dobbiamo urgentemente preparare la Pasqua tramite il controllo sociale, l’organizzazione popolare e la partecipazione responsabile: risorga l’onestá!

- Fare della religione un palco di miracoli.

Perfino la chiesa puó ‘satanizzarsi’, se cade nella tentazione di cercare i miracoli e la visibilitá, illudendo le persone e conquistando le masse con riti esteriori ed eventi di richiamo. Da noi in Brasile é ora la tentazione piú facile.
Che bello, invece, preparare la Pasqua ogni anno attraverso gli itinerari esigenti ed impegnativi della Campanha da Fraternidade: percorsi di studio, analisi socio-ecclesiale e impegno su temi urgenti da affrontare in chiave ecumenica (quest’anno il tema, dettato dalla crisi e dall’urgenza di nuovi modelli, é “Economia e Vita”).
La sfida, per le comunitá, é fare di questi percorsi il centro di ogni tipo di impegno, per tutto l’anno: nella catechesi, nel sociale, nelle celebrazioni...

Il mondo intero sta attraversando una quaresima difficile e globalizzata: crisi economica, ecologica ed etica.

I quaranta giorni di preghiera, riflessione ed impegno che si aprono ci aiutino a cercare, con Dio e gli uomini e donne di buona volontá, vie d’uscita verso la resurrezione.