mercoledì 12 febbraio 2020

A cuore aperto e pieni polmoni


Riceviamo a cuore aperto e pieni polmoni l’esortazione apostolica Querida Amazônia.
Sinodo significa “camminare insieme”: si tratta di un cammino che viene da lontano, iniziato da almeno due anni, in ascolto di migliaia di persone e comunità, convergendo nel Documento Finale. Il Papa chiede che ci impegniamo a leggerlo ed applicarlo integralmente.
Un cammino che ancora deve andare lontano, perché le piste che si aprono sono audaci e di profondo cambiamento, conversione integrale.

Percorriamo questa strada con le gambe e la passione dei martiri: non a caso il documento è stato consegnato oggi, 12 febbraio, a quindici anni dall’uccisione della difensora della foresta sr. Dorothy Stang.
Papa Francesco dice che non vuole fare sostituzioni al documento conclusivo: offre una riflessione, una sintesi, quasi per far battere più forte il cuore. Riscatta la poesia e il sogno, beve alla fonte delle culture amazzoniche. La bellezza e la poesia salveranno il mondo!

Chiari segnavia per il cammino
Con insistenza indignata, un punto fermo che orienta il cammino è la denuncia del modello predatorio e neocoloniale che sta saccheggiando l’Amazzonia. Il Papa sa che questo modello è abile nel camuffarsi, al punto da ingannare o sedurre, a volte, anche alcuni membri della Chiesa. Ci vuole lucidità e determinazione per rinnegarlo e recuperare e proteggere l’ispirazione e il protagonismo dei popoli originari, i loro progetti di vita, la sapienza del Bem Viver, la voce potente degli ultimi, i diritti e le proposte dei piccoli…

Il cammino del Sinodo si intreccia con quello dell’Economia di Francesco e Chiara (incontro in Assisi in marzo), con il Patto Educativo Globale convocato dal Papa in maggio, con i tanti gruppi che in diverse parti del mondo, a partire da ottobre scorso, stanno firmando e contestualizzando il Patto delle Catacombe per la Casa Comune.
In Brasile, tra esattamente un mese, la REPAM e una rete di molte altre organizzazioni lanceranno la campagna “La vita appesa a un filo”, per l’autodifesa delle comunità e dei leaders minacciati nel difendere i loro territori.
La rete latinoamericana Iglesias y Minería sta promovendo la campagna di disinvestimento dall’estrazione mineraria, come passo concreto delle comunità di fede per prendere le distanze dall’economia predatoria.

Mancano ancora alcuni compagni di strada
Il Sinodo ha aperto un processo lungo, verso un maggior protagonismo delle donne nella Chiesa, ma dobbiamo ancora avanzare molto. L’esortazione apostolica offre alcune proposte, da cui con coraggio occorre riprendere il passo. Per esempio, i vescovi possono costituire ministeri che danno autorità, riconoscimento pubblico e incidenza reale della donna nella guida delle comunità e nella Chiesa diocesana.
L’iniziativa di ordinare sacerdoti persone riconosciute dalle comunità cristiane, nelle regioni isolate dell’Amazzonia, anche con una famiglia costituita e stabile permane come decisione dell’assemblea sinodale, inclusa nel documento finale. Il Papa non la riprende, mette a fuoco altri punti di vita, ma allo stesso tempo indica che la presenza pastorale precaria esige dalla Chiesa una risposta coraggiosa e l’identificazione di “ministri che possano comprendere dall’interno la sensibilità e le culture amazzoniche”. È importante questo avverbio di luogo, che ho volutamente evidenziato.
Tutta l’esortazione si fonda sul presupposto di una Chiesa incarnata e inculturata, che non può dipendere da ministri che conducano, gestiscano e celebrino dall’esterno.
La parola e l’iniziativa, dunque, passa alle chiese locali, perché pensino, organizzino e propongano al Papa percorsi fattibili, contestuali, rispettosi e coraggiosi.
“Non tagliamo le ali allo Spirito”!

Dio? In fondo a destra


Italia, Ungheria, Stati Uniti e Brasile: nel mondo-villaggio, scenari politici e religiosi molto distinti non sono però così distanti.
Abbiamo contribuito recentemente ad un’inchiesta giornalistica che sarà pubblicata in un libro dal titolo intrigante: “Dio? In fondo a destra”.

Già l’anno scorso, in questa rubrica, riflettevamo sul ruolo ambiguo della religione a servizio di progetti politici fondamentalisti. La storia conferma una tendenza che preoccupa sempre di più.
In Brasile, il Presidente della Repubblica ha lasciato il suo partito per conflitti interni e si propone di fondarne uno nuovo, in tempi brevissimi, reclutando la maggior parte dei membri tra i fedeli delle chiese evangeliche del Paese, offrendo loro in cambio benefici politici e privilegi fiscali.

Nel nome del nuovo partito risuonano categorie religiose e richiami biblici: “Alleanza per il Brasile”. Il suo numero di identificazione, per il voto nell’urna elettronica, è il 38: un evidente riferimento al calibro dei revolver il cui uso il Governo ha autorizzato nei territori rurali, per l’esercizio della legittima difesa personale e della proprietà.

Il valore assoluto della proprietà privata, la religione come difesa delle tradizioni e dei diritti di chi aderisce al gruppo dei “nostri”, la violenza legittima per sconfiggere le minacce, la militarizzazione della società: ecco alcuni dei principi chiave della cultura politico-religiosa che si sta consolidando in Brasile.
Una delle tentazioni più forti per la religione cristiana, che seduce sia i cattolici che i protestanti, è il ritorno all’esercizio confessionale della politica: disputare il potere, per affermare in modo diretto e strutturale la cristianizzazione della società.

La grande conquista della modernità è stata la separazione tra Stato e Chiesa, religione e esercizio della cittadinanza. Purtroppo, in vari casi ciò ha provocato la “privatizzazione” della fede, relativizzando le responsabilità pubbliche dei credenti. Credere è diventato spesso un rapporto individuale con Dio. Si stipula un contratto di santità in cambio della salvezza, le cui condizioni sono una rigorosa condotta morale, la fedeltà alla partecipazione al culto e il religioso pagamento delle decime.

Ma la difesa moderna dello Stato laico è oggi smentita da nuove alleanze tra religione e politica. Questa approfitta di quella come strumento di seduzione delle coscienze, riduzione della protesta sociale, orientamento del voto dei fedeli.  La religione, da parte sua, si avvale del potere pubblico come scorciatoia per installare i valori cristiani nella società.

É facile e molto utile manipolare la religione come strumento psicologico per proteggere relazioni di alleanza e giustificare l’accanimento contro tutto ciò che può essere considerato “nemico della fede”. I princìpi religiosi possono distinguere in modo manicheo il bene dal male, i santi dai peccatori; chi li controlla si può affermare come leader politico, con la prospettiva messianica di “portare in salvo il Paese”, eliminare deviazioni e minacce all’ordine morale stabilito. 

Si tratta di una debolezza dello spirito intimamente religioso del popolo brasiliano? A giudicare dalle affinità con la situazione di vari altri paesi, sembra piuttosto una strategia ben architettata, che fa gioco sulla dimensione più intima, preziosa e fragile della persona: la sua spiritualità. Coltiviamola e difendiamola: quanto più profonda, meno sarà esposta a queste manipolazioni.

Giacimento di problemi


Alla fine di un’accurata serie di esami clinici, gli fu diagnosticato un diabete molto forte. Ricevere il referto dai medici, in ospedale, lo lasciò in stato di shock. Nel cammino verso casa, un’altra notizia inattesa: aveva appena ereditato la gestione della pasticceria più rinomata della città.
Può essere una delle metafore per il Brasile, oggi.

L’”eredità” è stata scoperta nel 2006; si è trattato del fatto più importante nella storia dell’industria del petrolio. Un immenso giacimento sottomarino di petrolio, per 800 Km lungo la costa brasiliana, a circa 8000 mt di profondità, al di sotto di uno strato geologico di sale (da qui il nome “pré-sal”).
La quantità reale di oro nero è ancora sconosciuta, ma si calcola che potrà offrire profitti tra i 5 ed i 30 mila miliardi di dollari (tra 125 e 375 miliardi ogni anno). È una prospettiva che sposterebbe il Brasile al livello dell’Arabia Saudita, tra i maggiori produttori del pianeta.

Senza nemmeno conoscerne l’effettiva dimensione, il Governo sta già mettendo all’asta il giacimento, al buio, cedendo i diritti di sfruttamento dei prossimi trent’anni e privatizzando così almeno il 95% di questo patrimonio.
Il primo tentativo, per fortuna, è andato a vuoto: un’adesione molto ridotta, probabilmente per il rischio dell’investimento in una prospettiva di forte diminuzione del prezzo del barile di petrolio. Ci può essere, dietro, anche la lobby dei paesi dell’OPEC, che non vedono di buon occhio un’iniezione massiccia di offerta sul mercato, il che farebbe cadere ancora di più il valore nominale.

Il pré-sal, agli occhi dei vari governi del Brasile, è un’opportunità unica di ricchezza, che potrebbe anche essere investita in sviluppo sociale e qualità di vita della gente. Eppure, sfruttare questo giacimento significherebbe retrocedere su questioni ed impegni dibattuti ed assunti durante decenni di ricerca e confronto politico per transizioni verso l’energia pulita e contro il riscaldamento globale.

Il Sinodo dell’Amazzonia ha preso posizione chiara contro il modello economico estrattivista, che i vescovi di America Latina definiscono “un’incontrollabile tendenza a convertire in capitale i beni della natura”.
Nella Laudato Si’, Papa Francesco ha dipinto bene il paradosso tra una visione di largo respiro per il bene dell’intera creazione e una politica di corte vedute: “Il dramma di una politica focalizzata sui ri­sultati immediati, sostenuta anche da popolazioni consumiste, rende necessario produrre crescita a breve termine. Rispondendo a interessi elettorali, i governi non si azzardano facilmente a irritare la popolazione con misure che possano intaccare il livello di consumo o mettere a rischio investi­menti esteri. La miope costruzione del potere fre­na l’inserimento dell’agenda ambientale lungimi­rante all’interno dell’agenda pubblica dei governi. (…) La grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi princìpi e pensando al bene comune a lungo termine” (LS 178). 

L’ambiguità dello sviluppo sfida la politica: non sempre la soluzione più conveniente è il vero Bene. Sempre meno il benessere di un popolo e l’inclusione dei più poveri saranno garantiti dall’economia estrattiva.

Il Sinodo dell'Amazzonia e la poesia dei popoli


Anacleta è una donna afrodiscendente che vive nel cuore del Maranhão, nordest del Brasile. Racconta con la pelle d'oca l'emozione di riconnettersi con la sua storia: ebbe l'opportunità di visitare le comunità della Guinea-Bissau, oltre oceano, terra dalla quale i suoi antenati furono deportati in Brasile.
Trovò in quel paese case e villaggi con lo stesso stile di costruzione e organizzazione, racconti e leggende simili, e persino qualche parola in comune. Nel suo racconto, brilla l'orgoglio di chi non ha perso le sue radici: nonostante la violenza della schiavitù imposta a questi popoli, la loro custodia della memoria e della cultura ha mantenuto unite le comunità afrodiscendenti e forte la loro resistenza.
Nel Maranhão, ogni anno, si incontra la "Rete di popoli e comunità tradizionali". Si riuniscono popoli indigeni, quilombolas, quebradeiras de coco babaçu, popolazioni fluviali, pescatori artigianali, agricoltori; pur nelle loro differenze culturali, c'è un filo rosso che intreccia questa gente, che è l'amore per la terra, il radicarsi nel territorio.

Nel suo discorso di apertura al Sinodo, Papa Francesco ci ha invitato a camminare in punta di piedi, in ascolto dei popoli, della loro storia, cultura e Bem Viver. Ha detto che le culture hanno una saggezza propria: "Los pueblos tienen un sentir".
Ci ha invitato a superare le colonizzazioni ideologiche, il rischio di disciplinare e domare la loro storia e cultura. Perché la Chiesa in vari casi non è stata capace di inculturarsi, ed in alcune situazioni ha svalorizzato queste culture.
Il centralismo omogeneizzante, ha proseguito il Papa, è un'ideologia e un'arma pericolosa, così come la tentazione di comprendere senza ammirare, senza assumere “il paradigma dei popoli”, la loro poesia e la loro realtà concreta.

La poesia e la realtà delle persone, quindi, sarebbero un antidoto a ogni sistema che annulla le differenze, riduce le relazioni al consumo e omologa le culture, in modo che sia più facile controllarle e adattarle alla disciplina del nostro modello di "sviluppo".
L'incontro con Dio libera dall'omogeneizzazione, rimuove la cappa grigia che spegne le differenze, permette la rivelazione dei popoli ed evidenzia la ricchezza delle loro culture, che si riuniscono al banchetto del Regno. È un'immagine precursora della Pentecoste, un'utopia in costruzione permanente, in cui tutti parlano le loro lingue, ma riescono a capirsi tra loro.

La fedeltà alla realtà dei popoli ci converte e ci ispira. Per questo motivo, uno dei nuovi cammini intrapresi dal Sinodo è il ritorno ai territori, come Chiesa alleata dei popoli dell'Amazzonia, per promuovere tessuti di incontro tra loro, e tra noi e loro.
Lo abbiamo imparato dalla Rete di popoli e comunità tradizionali del Maranhão, che in uno dei suoi incontri si è definita così:
“Guardiani e Guardiane del Sacro, come fiumi che scorrono come sangue attraverso il corpo del nostro Stato, per generare la vita dei nostri Territori, ci incontriamo nel Territorio della Comunità Águas Riquinhas - Paulino Neves per affermare che siamo un solo cuore e spirito di lotta, resistenza, disobbedienza, insurrezione e costruzione del Bem Viver. (...) Stiamo tessendo la nostra rete, che nessuno spezzerà, né con la violenza della repressione della polizia o delle milizie, né con il veleno della cooptazione".