martedì 25 dicembre 2012

Per celebrare Natale


Non so ancora come si chiama.
La notizia ci è arrivata da poco, quasi per caso: la morte sembra una normalitá, pure se afferra una bambina di nove anni.
Pure se avviene con una lenta agonia.
Pure se la famiglia non aveva colpe. Pure se, di nuovo, sono i gas ed il fumo delle siderurgiche a strappare lembi di vita alla gente di Piquiá.

Ho voluto scrivere queste poche righe, come una preghiera, nella notte di Natale.
Prima di celebrare la vita, dobbiamo sempre posare i piedi profondamente nella storia di sofferenza della nostra gente.
Il Vangelo insiste che Gesú fu avvolto in fasce, appena nato, per indicare di che morte avrebbe dovuto morire: restituito cadavere in braccio a sua mamma dai soldati che l’uccisero, avvolto in fasce in un sepolcro che l’avrebbe trattenuto solo per tre giorni.
La morte e la vita sono cosí vicine, nell’esistenza della nostra gente…

Nel silenzio della notte di Natale contempleremo uma Vita che nasce e un’altra in piú che muore vittima della condanna moderna del ‘progresso’: l’inquinamento, l’esclusione, il sacrificio di alcuni perché –dicono- altri possano crescere.
La Pace che ci auguriamo tanto in questi giorni ci lasci inquieti ed appassionati, finché diventerá, davvero, Pace per tutti e tutte.
Foto: Marcelo Cruz