giovedì 10 ottobre 2013

Il tempo é denaro, le vittime non costano

Anacleta è una donna afrobrasileira, quilombola: i suoi antenati hanno conosciuto la schiavitú e hanno partecipato alla lotta negra di liberazione nei quilombos, spazi di libertá conquistati dalla ribellione alla struttura schiavista.
Oggi Anacleta vive in un villaggio semplice del Maranhão, dedicato a S. Rosa e agli Orixás, nel sincretismo tipico della sua gente. La pesca e la piccola agricoltura di ogni giorno sono ravvivate, con frequenza, dalle feste tradizionali e dalla danza ritmata dai batuques.
L’equilibrio quotidiano della sua vita è stato stravolto, negli ultimi tempi, dall’irruzione di un grande progetto minerario che attraversa il suo villaggio, trasportando tonnellate di ferro grezzo per l’esportazione. Da alcuni anni, Anacleta rappresenta i quilombolas di S. Rosa nell’Articolazione Internazionale delle Vittime della Vale, il colosso minerario brasiliano.

Lúcia è una agricoltora mozambicana, segnata dal sole e dalla fatica del lavoro, orgogliosa dei suoi figli e della famiglia che ha costruito. Viveva in un’area fertile della regione di Tete, periferia dimenticata del Paese, finché la Vale ha deciso di investire piú di 7 miliardi di dollari per l’estrazione di carbone fossile, destinato alla siderurgia e alle termoelettriche.
Lúcia e la sua gente sono stati scacciati dalle loro terre e trasferiti a Cateme, regione piú lontana e secca, attraversata dalla stessa ferrovia che scandisce il ritmo inarrestabile del saccheggio minerario.
Dialogando con la gente del villaggio di Cateme, il tempo scorre lento, al ritmo africano: dicono scherzando che gli europei hanno l’orologio, ma gli africani continuano padroni del tempo!

Anche a Cateme, peró, si sta impondo la nuova definizione del tempo degli affari.
Negli ultimi dieci anni, il prezzo medio delle risorse minerarie è piú che raddoppiato. Il Brasile, per esempio, prevede fino al 2030 di triplicare, quadruplicare o addirittura quintuplicare l’estrazione dei diversi minerali dai giacimenti nazionali. Subito e senza sconti: è questa la ricetta delle grandi imprese dell’industria estrattiva. Nei loro rapporti economici o ambientali, le comunitá e le forme di organizzazione locale che in qualche modo possono interporsi al flusso di risorse sono definite “interferenze”.

Come missionari, ci sentiamo provocati dalla violenza di questo modello, ancora beffardamente definito “di sviluppo”. Ci interessa difendere insieme alla gente il Bien Vivir, il ‘vivere bene’ della sapienza ancestrale indigena. Uscire dallo stato di povertá senza distruggere le radici dei popoli, né compromettere una volta per tutte l’equilibrio ambientale. Promuovere i diritti umani e della natura, molto prima di quelli delle multinazionali. Ricostruire il sogno biblico del Giubileo, tempo in cui il debito sociale ed ecologico sará rimosso e le opportunitá di accesso ai beni comuni e alle scelte economiche e politiche saranno distribuite a tutti e tutte, come il pane che si moltiplica nella logica di condivisione.

Eravamo piú di sessanta, in Mozambico, per trattare di queste sfide. Una bella immagine di Famiglia Comboniana: padri, fratelli, suore, laici e laiche missionari, coordinatori di comunitá cristiane, professori e maestre delle periferie e villaggi locali.
Un intercambio, promosso dalle province missionarie di Mozambico e Brasile, ci ha offerto l’opportunitá di riflettere sulle nuove frontiere della missione, a partire dalla sfida dell’accaparramento di terra e della voracitá dell’industria estrattiva. Dopo il Forum Sociale Mondiale di Tunisi, la famiglia comboniana si é ridata  questo piccolo appuntamento, nuovamente in Africa, sulla scia dell’invito di Papa Francesco a globalizzare la solidarietá contro i “progetti di morte”.

Le chiese che toccano con mano la sofferenza della gente sentono questa urgenza: da alcuni anni, per esempio, i fratelli delle comunitá cristiane evangeliche dell’Africa australe convocano l’Alternative Mining Indaba, grande incontro delle vittime della minerazione a Cittá del Capo, in parallelo al summit annuale delle multinazionali estrattive. In America Latina stiamo preparando per il 2014 un grande incontro dei religiosi e religiose impegnati nella difesa delle comunitá vittime della “mega-mineria”.
Come missionari, abbiamo la ricchezza dell’“esserci”, stare in mezzo alla gente, ma abbiamo anche accesso alla denuncia profetica nelle sfere che spesso trattano la gente ed i territori senza nemmeno incontrarli.

Ci tocca stare a fianco di Anacleta e Lúcia, finché il loro grido e i loro sogni non verranno ad essere ascoltati e rispettati, dettando nuove regole per la Borsa dei Valori del tempo, delle persone, della Madre Terra.

sabato 22 giugno 2013

Cosa sta succedendo in Brasile

In giorni molto intensi ed anche difficili per il Brasile, ricevo messaggi che chiedono il nostro punto di vista sulle proteste popolari, la mobilizzazione di migliaia e migliaia di persone nelle piazze di moltissime cittá del Paese, il futuro di questa onda di protesta e proposta...

Non é facile interpretare gli ultimi eventi, é tutto ancora molto incerto e precario.
Sono anche immerso in molte sfide legate ai nostri problemi locali e non ho tempo di costruire un testo articolato.

Ma raccolgo alcuni punti e scambio due idee con voi, ringraziandovi per come accompagnate sempre la nostra vita e la nostra gente...

- la protesta é nata grazie al movimento che denuncia le pessime condizioni di trasporto pubblico nelle maggiori capitali del Paese. Ma subito si é aggregata una serie coerente di rivendicazioni che da tempo tentano alzare la voce in Brasile: contro la follia delle grandi opere per la Coppa e Olimpiadi, per una educazione e un sistema sanitario di qualitá...

- lo stile della protesta é conosciuto, somigliando alle molte altre convocate negli ultimi mesi, in diversi paesi, con l'orizzontalitá, la pluralitá e la rapiditá delle reti sociali. A differenza di vari altri casi, qui non c'erano obiettivi diretti di scalzare la presidente ed il suo governo

- in seguito, nello spazio di pochi giorni, si sono 'infiltrati' nel movimento altri obiettivi e gruppi. La violenza é aumentata (occorre chiedersi se anche in questo caso non sia stato a causa di infiltrazioni per manipolare le manifestazioni). Ma la rabbia della gente e la tensione erano alte fin dall'inizio.
Inoltre si sono infiltrate idee che hanno cominciato a spostare la protesta in un piano di critica piú evidentemente diretta al partito della presidente

- tutti questi fatti vengono a rivelare, finalmente, l'ambiguitá e l'inconsistenza dello 'sviluppo' che il Brasile sta mostrando al mondo con molto illusionismo. Obbligano ad interrogarsi su quale sia il progresso che finora abbiamo difeso, su cosa significa che siamo il quinto paese piú ricco al mondo, che siamo un gigante che controllerá l'economia futura.
Il Brasile conserva ancora moltissime contraddizioni irrisolte, e inoltre sta fondando la sua crescita su un meccanismo in sé profondamente contradditorio, illusorio, fallace, che a lungo termine non promuove la vita, ma alimenta conflitti socioambientali che prima o poi si ritorceranno contro di noi.
I vescovi del Brasile, in pronunciamento ufficiale, si solidarizzano alle manifestazioni dicendo che "non é piú possibile vivere in un Paese con tanta disuguaglianza"

- ci preoccupa, inoltre, il rischio che l'attuale situazione faciliti il ritorno nel Paese di un controllo politico ancor piú di destra, aumentando la violenza della polizia e riducendo la libertá di espressione dei movimenti sociali, cosí come la loro effettiva partecipazione alla costruzione politica

- d'altra parte, le manifestazioni di questi giorni sono il segnale evidente del fallimento del Partito dei Lavoratori (PT), del tradimento del mandato popolare che gli é stato dato, dell'allontanamento di questo partito dalla sua espressione originaria.

- il rischio é il fallimento della politica e l'abbandono della partecipazione organizzata. Hanno ancora senso, e molto, i partiti, i sindacati, i movimenti sociali. La protesta allargata, orizzontale e plurale ha bisogno ancora di ritrovarsi dentro questi (o simili) spazi di riflessione e costruzione sana, partecipata, rispettosa, di un nuovo Brasile. Un Brasile che non corre nella follia della crescita a tutti i costi, che investe seriamente sulla sua gente e che trova un nuovo equilibrio che si prenda cura dei beni comuni e della diversitá etnica e culturale che fa la sua vera ricchezza.

sabato 1 giugno 2013

Infiltrare persone, infiltrare idee

Brasilia, palazzo del governo.
Un centinaio di manifestanti, con striscioni e slogan di protesta, dichiarano la loro indignazione per una nuova grave aggressione ai movimenti sociali e alla societá civile organizzata.

Poche settimane prima, una fuga di informazioni privilegiate aveva portato alla luce pratiche di spionaggio, infiltrazione di agenti segreti, intercettazioni telefoniche ed invasioni di computers.
L’impresa Vale controlla in questo modo la rete Justiça nos Trilhos e il movimento dei lavoratori rurali senza terra, MST .
Vi sono indizi di complicitá del potere pubblico, come il coinvolgimento di funzionari fuoriusciti dai servizi segreti dello Stato o l’accesso ad informazioni esclusive del sistema nazionale di sicurezza o del fisco.
Puó essere un preoccupante ritorno agli anni bui ed alle pratiche della non tanto lontana dittatura.
È questa la maniera con cui il potere economico manifesta la sua forza e minaccia, dall’alto, chi sta difendendo le vittime degli impatti dei grandi progetti di ‘sviluppo’.

Brasilia, consiglio federale dell’OAB, l’ordine nazionale degli avvocati.
Un giorno intero di dibattito tra piú di cinquanta persone: leaders comunitari, rappresentanti delle popolazioni tradizionali e indigene, ricercatori accademici, militanti dei movimenti sociali, difensori di diritti umani, religiosi, donne e uomini che credono ancora nella democrazia che si costruisce dal basso.
È il lancio del Comitato Nazionale in Difesa dei Territori contro la Minerazione; si discute la costruzione di un progetto popolare per bloccare l’avanzata sfrenata di questo modello estrattivo e proteggere le comunitá da esso aggredite o minacciate.

Il potere tenta di infiltrare persone nei gruppi di base per spiarli, dividere e distruggere; in parallelo, questi stessi gruppi si sforzano per infiltrare idee nel sistema, desestabilizzare il potere e costruire alternative che preservino la vita che ancora ci rimane.
Non abbiamo paura di continuare in questa battaglia delle idee; esigiamo, peró, appoggio dal governo e rispetto ed onestá da parte dell’impresa Vale, che al contrario, una volta in piú, dimostra solo arroganza.

mercoledì 1 maggio 2013

Le colpe dell'amicizia

Non li chiamava servi e neppure discepoli. Preferiva che si considerassero tutti “amici”.
Nell’amicizia, le risposte ed i consigli non vengono sempre dalla stessa persona, dall’alto verso il basso. Si cresce insieme, camminando, come piaceva fare a tutto il suo gruppo.
Uno impara dall’altro, nella misura in cui questo ha il coraggio di mettersi in gioco e quello ha l’umiltá di ascoltare.

I giorni che sto passando in Italia mi invitano a pensare all’amicizia. Mi fanno risentire vecchi sapori e mostrano che le amicizie vere conservano, nascosti, nuovi anelli di una catena di ricordi, che possono tornare a chiudersi ogni volta che ci incontriamo e rafforzano, con la condivisione, legami istintivi, e solidi.

Parlando soprattutto ai ragazzi delle scuole, che mi chiedono sempre perché sono finito in Brasile, maturo sempre piú chiare le “colpe” dell’amicizia.
Sono state amicizie vere che mi hanno provocato a scendere dal “tapis roulant” della vita scontata, apparentemente giá scritta dalle convenzioni, dalla tradizione, dal “c’è bisogno” o “si fa cosí”.
Alcuni tra gli amici piú importanti con cui volevo crescere hanno maturato, in uno stesso periodo, scelte missionarie che mi hanno sorpreso. Si chiedevano piú profondamente di me come essere felici fino in fondo. Credevano nei miei stessi valori, ma volevano dargli piú concretezza.

A poco a poco, la mia ricerca romantica diventava vita pratica, giocata piú al piano terra della storia dei poveri. E tante altre amicizie si sono aggregate attorno ad una scelta comune, quella del Vangelo vissuto alla periferia, in minoranza, con i piccoli.
Non è facile essere fedeli a questa scelta, mi accorgo di tradirla frequentemente. 
Anche qui, peró, gli amici tornano ad essere “colpevoli”: colpevoli della fedeltá.

Una volta che ti schieri su certi valori e scelte appassionate insieme ai tuoi amici… non puoi piú tradire questo patto. L’alleanza stabilita con gli amici è piú forte e meno facile da rompere di quella con Dio: alla fine, ciascuno di noi corre il rischio di farsi un “Dio” a sua immagine e somiglianza; riaggiustiamo di volta in volta il rapporto con lui a partire dai nostri bisogni, ricalibriamo le sue esigenze a partire dalle nostre capacitá. Prima tiriamo la freccia e poi ci disegnamo attorno il bersaglio.
Invece, se ti impegni con degli amici veri, questi non avranno vergogna di metterti davanti agli occhi i tuoi tradimenti o il raffreddarsi della tua passione. E tu farai lo stesso con loro.

Sono convinto che Dio abbia scelto gli amici come strumento piú efficace e permanente di farsi sentire nella nostra storia.
E ringrazio tutti voi, miei amici e amiche, che me lo fate capire e sentire.

lunedì 1 aprile 2013

Un forum nel sapore della Pasqua e del martírio


È ormai una tradizione in occasione del Forum Sociale Mondiale: anche le missionarie ed i missionari comboniani partecipano, offrono le loro proposte e idee, si incontrano per comprendere i nuovi cammini della missione.
Quest’anno il Forum convocato a Tunisi negli stessi giorni della Pasqua ci sembrava una contraddizione: temevamo di perdere l’intensitá della settimana santa. Al contrario, sono state scritte per noi pagine di vita nel sapore della Pasqua e del martirio.

Abbiamo aperto il nostro incontro in terra maghrebina proprio nel giorno della memoria dei martiri di Tibhirine, monaci che non hanno voluto abbandonare il popolo algerino nei giorni della rivolta fondamentalista del ‘96.
E abbiamo concluso sette giorni di riflessione, articolazioni, definizione di strategie ed impegni pregando nel luogo dove due martiri della prima chiesa cristiana tunisina sono state uccise: Perpetua e Felicita, che consideravano il loro martirio come “il grido di un altro”, il Crocefisso. E noi, nell’arena del loro sacrificio, abbiamo rinnovato il nostro impegno assoluto ad essere grido di tante vittime dell’ingiustizia.

C’è una carica spirituale in molte persone che partecipano al forum. Nell’ultima edizione, un’indagine ha definito che il 70% dei partecipanti riconoscono di fondare il loro impegno per la pace e la giustizia proprio su un riferimento spirituale.
E cosí anche noi missionari ci siamo sentiti confermati nel cercare di scoprire il vento dello Spirito che anima questi movimenti. Abbiamo incontrato segmenti interessanti anche della nostra chiesa, presente in modo ancora disarticolato, ma attiva ed in ricerca.
Per non perdersi nell’andirivieni di proposte e nel pluralismo di ideali e lotte, occorreva affermare continuamente, in noi, due degli atteggiamenti chiave dello stesso Gesú di Nazareth: orecchie aperte al dialogo e cuori aggrappati ai poveri.

In questo contesto, i tre giorni della Pasqua hanno acquistato un sapore nuovo.
Giovedí Santo Gesú spezza il pane e fa memoria della vita intera convidisa con i discepoli. Anche noi, in questi giorni, ci siamo cercati e raccolti per mettere in comune le nostre vite. Ciascuno con l’umiltá di voler imparare dagli altri, immagine della comunitá dei discepoli in cerca di senso ed incerta sulla missione che li attendeva.
Al forum abbiamo incontrato una nuova definizione di AGAPE: Alternative Globalization Adressing People and Earth. Questa globalizzazione alternativa, attenta alla gente e alla terra, è uno dei nuovi nomi del cenacolo attorno a cui possiamo incontrarci tutti.

Il Venerdí Santo è giorno di sconfitta e di morte. Risuonano in noi situazioni apparentemente irresolvibili, come il conflitto tra Israele e Palestina, assurdamente ingiuste, come la guerra per la gestione dei beni comuni in Mali, o preoccupanti per le voci degli amici missionari che le soffrono sulla pelle, come il recente colpo di stato in Centrafrica.
L’aggressione ambientale globale è come un aereo in fase di decollo, dice Leonardo Boff: abbiamo giá superato, nella corsa, il punto limite e non ci si puó piú fermare. O ci solleviamo in volo, cambiando pertanto radicalmente il modello di vita, economia e finanza, oppure andremo rapidamente a schiantarci.

La notte del Sabato Santo non è una vittoria schiacciante della vita sulla morte. Troviamo, piuttosto, piccoli segni che ci lasciano intuire che c’è speranza. Sono, per esempio, i sogni di questo piccolo gruppo di missionari: piú inseriti, piú semplici, piú radicali nella prioritá del servizio a Giustizia, Pace e Cura del Creato. È la primavera araba che abbiamo respirato un poco. È l’amicizia profonda di chi si sta impegnando per la vita e si riconosce nella lotta dell'altro.

Dire “un altro mondo è possibile” è un altro modo di affermare “Cristo è vivo tra noi”: due maniere di testimoniare la resurrezione e prepararla, di nuovo, sulle strade della nostra gente e nella memoria dei nostri martiri.