sabato 24 novembre 2012

Un Dio falso, muto, senza cuore


Ho incontrato il presidente della seconda maggior industria mineraria del mondo.
Al 16° piano di un palazzo che cresce tanto in alto quanto profondi sono i buchi che l’impresa scava nei territori e gli impatti che lascia nelle vite della gente.

Mi sono ricordato di Mosé, quando ha incontrato Faraone. Gli tremava la voce, ma il discorso era fermo, perché stava presentando la sofferenza di un popolo intero, schiavizzato, sedotto, ingannato.

Faraone significa ‘grande casa’, centro del potere, controllo dell’economia e dei territori.
Non esiste, peró, nessuna ricchezza accumulata senza conseguenze nascoste, ‘zone di sacrificio’, impatti ‘inevitabili e necessari’, che qualcuno deve soffrire perché molti, suppostamente, possano crescere.

Il Dio di Mosé abita in questi ritagli di mondo sacrificati per la vita dei Signori dell’economia. Da lá sotto, soffia sulle braci della rivolta organizzata dei poveri.

Il Dio di Faraone, che é un idolo, per tenersi in piedi ha bisogno della menzogna. Non una menzogna esplicita, nuda, evidente. È la distanza seduttrice e velata tra la propaganda, i ‘valori corporativi’, i ‘mantra della nostra impresa’… e la pratica reale.

Il Dio di Faraone, che é muto, per farsi ascoltare ha bisogno di arroganza. Non arroganza fisica, diretta. È la violenza simbolica di chi impone il suo potere su comunitá che non hanno elementi o la forza suficiente per contrapporsi.

Il Dio di Faraone, che non ha un cuore, per farsi amare há bisogno di seduzione. Seduzione fatta di promesse raramente mantenute, di milioni di dollari di marketing, di um buon lifting che trasforma l’impresa ed il progresso, mostrandoli belli da lontano ma rivelando che da vicino puzzano, marci.

Come hanno fatto, Mosé ed il suo popolo, ad allontanarsi da Faraone e mettersi in cammino ala ricerca di una nuova terra, in costruzione permanente di nuove relazioni e di una nuova societá?

Credo che la chiave della liberazione sta nella visita di Mosé alla casa di Faraone: l’israelita, seppur balbettando, non si è lasciato sedurre dall’eloquenza del signore d’Egitto e non ha desistito dal Dio fragile e piccolo che si manifestava agli schiavi.

In qualche modo, ha intuito e creduto che c’era piú veritá nella voce di quelle vittime e che la vita aveva senso se vissuta a fianco del suo popolo, e non nella reggia di Faraone.

Mosé è ciascuno/a di noi che viviamo insieme alle comunitá minacciate da questo modello di sviluppo.
Ogni giorno soffriamo la tentazione che la logica di faraone conquisti il nostro cuore, un nostro amico, un coordinatore che all’imprrovviso abbandona il lavoro collettivo, la resistenza, la gente…

Liberazione, prima ancora di uscire dalla dominazione, è non lasciar entrare il dominatore dentro di noi.