mercoledì 1 maggio 2013

Le colpe dell'amicizia

Non li chiamava servi e neppure discepoli. Preferiva che si considerassero tutti “amici”.
Nell’amicizia, le risposte ed i consigli non vengono sempre dalla stessa persona, dall’alto verso il basso. Si cresce insieme, camminando, come piaceva fare a tutto il suo gruppo.
Uno impara dall’altro, nella misura in cui questo ha il coraggio di mettersi in gioco e quello ha l’umiltá di ascoltare.

I giorni che sto passando in Italia mi invitano a pensare all’amicizia. Mi fanno risentire vecchi sapori e mostrano che le amicizie vere conservano, nascosti, nuovi anelli di una catena di ricordi, che possono tornare a chiudersi ogni volta che ci incontriamo e rafforzano, con la condivisione, legami istintivi, e solidi.

Parlando soprattutto ai ragazzi delle scuole, che mi chiedono sempre perché sono finito in Brasile, maturo sempre piú chiare le “colpe” dell’amicizia.
Sono state amicizie vere che mi hanno provocato a scendere dal “tapis roulant” della vita scontata, apparentemente giá scritta dalle convenzioni, dalla tradizione, dal “c’è bisogno” o “si fa cosí”.
Alcuni tra gli amici piú importanti con cui volevo crescere hanno maturato, in uno stesso periodo, scelte missionarie che mi hanno sorpreso. Si chiedevano piú profondamente di me come essere felici fino in fondo. Credevano nei miei stessi valori, ma volevano dargli piú concretezza.

A poco a poco, la mia ricerca romantica diventava vita pratica, giocata piú al piano terra della storia dei poveri. E tante altre amicizie si sono aggregate attorno ad una scelta comune, quella del Vangelo vissuto alla periferia, in minoranza, con i piccoli.
Non è facile essere fedeli a questa scelta, mi accorgo di tradirla frequentemente. 
Anche qui, peró, gli amici tornano ad essere “colpevoli”: colpevoli della fedeltá.

Una volta che ti schieri su certi valori e scelte appassionate insieme ai tuoi amici… non puoi piú tradire questo patto. L’alleanza stabilita con gli amici è piú forte e meno facile da rompere di quella con Dio: alla fine, ciascuno di noi corre il rischio di farsi un “Dio” a sua immagine e somiglianza; riaggiustiamo di volta in volta il rapporto con lui a partire dai nostri bisogni, ricalibriamo le sue esigenze a partire dalle nostre capacitá. Prima tiriamo la freccia e poi ci disegnamo attorno il bersaglio.
Invece, se ti impegni con degli amici veri, questi non avranno vergogna di metterti davanti agli occhi i tuoi tradimenti o il raffreddarsi della tua passione. E tu farai lo stesso con loro.

Sono convinto che Dio abbia scelto gli amici come strumento piú efficace e permanente di farsi sentire nella nostra storia.
E ringrazio tutti voi, miei amici e amiche, che me lo fate capire e sentire.