lunedì 2 gennaio 2017

Anno nuovo, Brasile nuovo?



Anno nuovo, vita nuova!
Realmente, qui in Brasile ci rendiamo conto che “non saremo più gli stessi”. É una frase che ascoltiamo molto, dopo tutto quel che è successo nel 2016 e che abbiamo cercato di raccontarvi in questa pagina, a partire di storie “dal basso”.

Un presidente che in molti consideriamo illegittimo ha scalzato un governo già di per sé molto contaminato dalla corruzione. Ma la storia non è cambiata, anzi, sta peggiorando.
La recessione economica che si prevedeva nel governo Dilma era del 3,5% del PIL. Dopo sette mesi di governo del presidente Temer la prospettiva è del 7%. La disoccupazione è passata da 10 a 12 milioni di persone da un mandato all'altro. La “promessa magica” di riorganizzazione del Paese e crescita economica gridata ai quattro venti dai golpisti non si è realizzata.

Non saremo più gli stessi perché tutta questa instabilità e la polarizzazione degli schieramenti nei mesi passati, incentivata da un'intensa manipolazione mediatica, ci hanno restituito un paese ferito, diviso ed oggi disilluso. Alcuni dicono: “forse non siamo mai stati una nazione, ma un agglomerato di persone che occupano lo stesso territorio”.

In questo senso, il riconoscimento della “plurinazionalità” del nostro Paese potrebbe essere anche un passo avanti, come lo è stato in Bolivia ed Ecuador grazie alle Costituzioni nazionali. Ma neppure nei piccoli tasselli del grande mosaico-nazione del Brasile la gente riesce a garantire il controllo dei suoi territori.
Gli indigeni Akrãtikatêgê del Parà ogni anno organizzano una gara tipica della loro cultura: diverse squadre corrono, a staffetta, caricando sulle spalle un pesante tronco d'albero, fino all'arrivo.
Mi sembra una buona metafora del peso che sta sempre più schiacciando le comunità tradizionali e, in generale, chi vive alle periferie.
Tra il 2004 ed il 2012 il Brasile era riuscito a diminuire dell'80% la deforestazione dell'Amazzonia. Negli ultimi quattro anni, però, questo saccheggio è aumentato del 35%, soprattutto per minori investimenti nella lotta contro il taglio illegale di alberi e a causa del disastroso Codice Forestale approvato tre anni fa.
Quando le comunità locali cercano di imporre strategie di autodifesa del territorio e dei beni comuni, la violenza impune stronca la resistenza. Negli ultimi tre mesi sono stati assassinati e mutilati sei leaders indigeni del popolo Guajajara, nel Maranhão: diversi di loro si erano opposti al contrabbando di legname e all'invasione delle terre indigene.
Eppure la speranza non manca!
Nel Maranhão, per esempio, i diversi gruppi schiacciati da questa violenza si stanno incontrando tra loro, nella “Tela di Popoli e Comunità Tradizionali”. Il mese scorso si è realizzato il quinto incontro, con condivisione di storie di resistenza ed autonomia, nella prospettiva ispiratrice del “Bem Viver”, la visione profonda della vita che gli indigeni ci possono ancora insegnare.
Anche i vescovi di tutta l'Amazzonia si sono riuniti, a novembre scorso, ripensando una Chiesa in chiave amazzonica e orientata verso l'orizzonte dell'ecologia integrale (LS 137); “La memoria dei primi missionari -dicono- ci aiuta a vincere la paura di aprire nuovi cammini”.

Uno di essi è proposto a tutta la Chiesa dal Movimento Cattolico Globale per il Clima: la celebrazione del Tempo Liturgico della Creazione, dal 1 settembre (giornata mondiale di preghiera per la cura del creato) al 4 ottobre (festa di San Francesco d'Assisi). Un tempo di sensibilizzazione, conversione ed azioni concrete della Chiesa, a tutti i livelli, per tradurre in pratica la Laudato Si, andare oltre gli slogan e poter sul serio dare ragione della nostra speranza: anno nuovo, vita nuova!