domenica 12 luglio 2015

Anche in Brasile, Laudato Sí!

I Ka’apor del Maranhão hanno alzato la voce. Per questo vogliono imbavagliarli.
Stanchi di aspettare che lo Stato li difenda e garantisca protezione a loro e alla foresta, questi indigeni del nordest del Brasile hanno organizzato “missioni” autogestite di controllo della riserva forestale in cui vivono.

Vigilano sugli accessi alla loro terra e tendono imboscate ai madeireiros, “cacciatori di legname” clandestini che saccheggiano e devastano i resti dell’Amazzonia maranhense, protetti dai politici e alleati agli impresari locali. Quando gli índios li scoprono, si impadroniscono delle loro motoseghe, incendiano i loro camion e li scacciano dalle loro terre, dichiarate Kaar Husak Há, cioé Aree Protette.

Eusebio Ka’apor era uno dei difensori della terra indigena. Gli hanno sparato alle spalle, a fine aprile, poco lontano dal suo villaggio. In Brasile le vittime della violenza in terra indigena in questi ultimi anni sono aumentate con la stessa proporzione dell’arroganza della lobby parlamentare dei grandi fazendeiros.

Cosa si aspetterebbero i Ka’apor dall’enciclica Laudato Sí, di Papa Francesco? La leggeremo dal punto di vista loro e di molte altre vittime della violenza ambientale. 
Ne faremo strumento di studio popolare della realtá, con le comunitá cristiane insieme a cui viviamo. 

In molti attendevano quest’enciclica. Soprattutto le comunitá e le chiese perseguitate per il loro impegno in difesa della Creazione ed in conflitto con i grandi progetti nelle regioni amazzoniche: miniere, monoculture, impianti idroelettrici, infrastrutture per l’esportazione di commodities. Chiamati “progetti di sviluppo”, rivelano in breve l’interesse quasi esclusivo a sviluppare i capitali di chi vi investe, provocando gravi violazioni di diritti socioambientali per le popolazioni locali e criminalizzazione dei leaders popolari che vi si oppongono.

Uno dei motivi della creazione della rete latinoamericana Iglesias y Minería (Chiese e Minerazione), per esempio, è stato esattamente evitare l’isolamento delle comunitá piú impegnate su questi fronti e far loro sentire l’appoggio morale, politico ed istituzionale della Chiesa al loro fianco. Questo sará forse anche l’effetto pratico piú immediato ed importante di Laudato Sí.

Speriamo che questa enciclica confermi una posizione chiara della Chiesa a fianco delle vittime del cosiddetto “razzismo ambientale”. Desideriamo che, nel denunciare i rischi di sopravvivenza del Pianeta, si faccia solidale alle comunitá piú povere. Esse da una parte sono le vittime piú colpite da questa violenza e dall’altra, in vari casi, ci indicano cammini di preservazione della vita e di organizzazione di economie di basso impatto ambientale nei territori.

In molti paesi è stata implicitamente dichiarata una guerra di bassa intensitá, disputando i territori e le risorse naturali. Nello stile delle antiche colonie, come ben dimostra il libro “Le vene aperte dell’America Latina” del memorabile Eduardo Galeano, ma con ritmi e tecnologie molto piú impattanti, che giungono cosí a violare anche i diritti delle future generazioni.
Lo spirito consumista ed il sistema capitalista crescono ad una voracitá esponenziale; altri modelli di vita che a stento resistono alla loro aggressione li osservano con angoscia e incomprensione, definendoli con molta luciditá “sistemi suicidi”. Da questo punto di vista, la lettura di Laudato Sí potrebbe avere profonde implicazioni politico-economiche.

Le comunità che la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro definisce “indigene e tribali” rappresentano secondo noi un “baluardo” (Kaar Husak Há). Cosí come lungo la storia le roccaforti hanno protetto territori interi dalle invasioni e frenato il controllo nemico dei territori, allo stesso modo il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni locali potrà essere una strategia per evitare la consegna indiscriminata delle risorse alla fame delle multinazionali minerarie, delle tecnologie di comunicazione, dell’acqua o delle grandi catene di prodotti alimentari. 
La Chiesa dovrebbe appoggiare con forza il diritto alla “consultazione previa, libera ed informata” delle comunitá locali, perché sia garantito l’autocontrollo dei loro territori. 

È quello che giá sta facendo in America Latina, attraverso un impegno sempre piú qualificato per i diritti dei popoli indigeni, per esempio. La Red Eclesial Panamazónica, che articola comunitá cristiane di base, gruppi e istituzioni religiose e le conferenze episcopali dei Paesi della grande Amazzonia, sta tessendo rapporti di feconda collaborazione con la Commissione Interamericana dei Diritti Umani in difesa delle popolazioni e del “polmone del mondo”.
La visita di Papa Francesco a Washington in settembre, pochi mesi dopo la pubblicazione dell’Enciclica, potrà toccare anche questi temi delicati e urgenti.

Soprattutto, ci attendiamo che il documento vaticano sull’ecologia faccia maturare un’interpretazione biblica che superi le visioni fuorvianti, patriarcali e colonizzatrici che hanno separato la Creazione dall’uomo, considerando quest’ultimo dominatore e controllore della vita.
Sappiamo quanto il sistema capitalista, ecocida e suicida, abbia ereditato dalla cultura religiosa cristiana. Abbiamo, d’altra parte, l’ispirazione profondamente evangelica di S. Francesco e l’esempio vivo di molti e molte martiri che si sono donati per la vita ed il futuro di tutto il Creato.

Ci è chiesto comunque un profondo ed umile processo di conversione e purificazione. Un nuovo ascolto della Rivelazione, a partire dall’incontro fecondo tra la Parola biblica, il libro del creato e la sapienza dei popoli e delle religioni.