venerdì 6 febbraio 2015

La Chiesa e l'estrazione mineraria

Lima, novembre 2013. Una trentina di persone consacrate e laiche, provenienti da Peru, Equador, Colombia, Cile, Brasile, Argentina, Honduras, Salvador e Guatemala si incontrano per dialogare sui conflitti provocati dalle imprese minerarie contro le comunità che accompagnano.
Durante l’incontro, Ramiro Taish (indigena del popolo Shuar, equatoriano) e César García, líder comunitario colombiano, vengono uccisi nelle loro terre a causa delle loro denuncie.

Brasilia, dicembre 2014. È la seconda tappa di questo processo di dialogo, che nel frattempo ha preso il nome ‘Iglesias y Minería’. Questa volta si riuniscono quasi cento persone, da 13 diversi paesi del continente. Il tema è lo stesso, i problemi –forse- sono peggiorati.
Durante l’incontro, riceviamo notizia della morte di José Tendetza, anch’egli indigena Shuar (foto). Affrontava imprese minerarie cinesi e canadesi che stanno aggredindo sempre piú la sua gente e la sua terra. Stava viaggiando dal suo villaggio verso la capitale del Perú, Lima, per partecipare alla COP20, la Conferenza delle Parti in dialogo sul cambio climatico. Avrebbe denunciato anche là le contraddizioni del modello estrattivo. Ma non è arrivato: gli hanno teso un’imboscata e lo hanno eliminato.

È a causa di questa violenza e in nome di queste persone che la chiesa di base latinoamericana si sta organizzando ed incontrando sempre più spesso. Per difendersi, per cercare speranza, per denunciare l’ingiustizia di questo modello che molti credono sia ‘di sviluppo’. E per cercare alternative, di valori e di pratiche di vita.

Magari, nel frattempo, in Italia molte chiese si stanno preoccupando di rinnovare, sui loro altari, il luccichio degli oggetti sacri. Il prezzo dell’oro, negli ultimi dieci anni, è passato da 13mila fino a 40mila $ al Kg. E in America Latina la depredazione dell’oro, dopo 500 anni di storia coloniale, miete sempre più vittime e provoca profonde ingiustizie ambientali.

Nessun altro elemento ha sedotto e tormentato tanto l’immaginazione umana. Non è indispensabile per l’esistenza ed ha molto poche applicazioni pratiche. Ma fin dal tempo dei faraoni era chiamato “carne degli dei” e l’epoca moderna lo ha trasformato nel cemento dell’economia globale.
Per estrarre la quantità di oro necessaria per un anello, occorre in media esplodere, sviscerare, frantumare e setacciare più di 250 tonnellate di roccia e terra. Per ogni grammo d’oro, i processi estrattivi di piccola scala riversano nell’ambiente da 2 a 5 grammi di mercurio, contaminante tossico che affetta il cervello ed il sistema nervoso. Alcuni metodi sostituiscono al mercurio… il cianuro.
Il peggio è che anche l’estrazione di altri materiali apparentemente utili non risponde più a logiche di necessità o produzione, ma soprattutto a interessi finanziari e giochi di mercato in borsa.

L’esempio più eclatante è quello del ferro: il prezzo del ferro è caduto vertiginosamente nell’ultimo anno, dimezzandosi, eppure paradossalmente le maggiori imprese estrattive stanno aumentando la produzione e genereranno nel 2015 un surplus di minerale estratto e inutilizzato di più di 140 milioni di tonnellate! È la logica del profitto delle tre maggiori corporazioni minerarie al mondo: spremere la terra e le sue risorse, stracciare i prezzi, eliminare i piccoli concorrenti che non reggono tempi lunghi senza molti guadagni e garantirsi l’oligopolio della produzione e del mercato azionario.

Qual è il ruolo delle chiese in questa follia autodistruttiva? Essere coscienza dentro al sistema impazzito. Gridare l’allarme con la voce delle vittime al cui fianco camminiamo.
Due mesi fa, l’osservatore permanente del Vaticano all’ONU in Ginevra, mons. Tomasi, ha dichiarato al Forum su Imprese e Diritti Umani che l’economia dev’essere umanizzata, che le imprese ricevono dai governi e dalla popolazione una “licenza sociale per operare” e quindi il profitto non può essere l’unica loro ragione di essere. Ha anche dichiarato, con perplessità, che è difficile “credere che le imprese si auto-regolino volontariamente”: sono urgenti “strumenti vincolanti che rafforzino gli obblighi morali delle imprese”.


Qui in Brasile, da parte nostra, continuiamo a camminare a fianco dei piccoli, che per noi sono i vincoli e gli obblighi morali piú autorevoli, da ascoltare, rispettare e servire.