giovedì 31 dicembre 2015

Chi semina nel pianto, raccoglie con gioia



È stato un anno di lacrime e semi, per la comunitá di Piquiá de Baixo.
Molti giá conoscono la lotta orgogliosa, resistente e tenace di questa comunitá alle porte dell’Amazzonia orientale brasiliana. 
Soffrendo da quasi trent’anni gli effetti devastanti dell’inquinamento siderurgico e minerario, gli abitanti hanno cominciato ad organizzarsi e denunciare l’omissione del Governo e le responsabilitá delle imprese, rivendicando –per cominciare- il trasferimento collettivo in una regione libera dall’inquinamento. 

Il nuovo quartiere, pianificato dalla comunitá stessa con um processo partecipativo e l’appoggio tecnico di competenti architetti e sociologi, sará finanziato in parte grazie ad un programma governativo di abitazione pubblica. Nel dicembre del 2014 la comunitá era riuscita a far approvare il suo progetto dalla commissione tecnica del Governo, ma occorreva l’approvazione politica.
Dall’inizio del 2015, Piquiá de Baixo ha aspettato. Le promesse di approvazione si ripetevano durante i diversi mesi dell’anno, ma questa semente piantata con tanto sudore dalla comunitá sembrava non voler germinare.

Nel frattempo, altre lacrime sono state versate in Brasile, a causa del crimine ambientale delle imprese minerarie Vale e BHP-Billiton, con il crollo di una diga di scorie e l’inondazione di 62 milioni di m3 di fango tossico lungo tutto il bacino fluviale del Rio Doce, fino all’oceano. Dodici persone sono morte, undici scomparse, intere comunitá spazzate via o contaminate.
Una delegazione di Piquiá de Baixo si trovava a Mariana, dove la diga è crollata, poche settimane prima del disastro. Partecipava all’Incontro Internazionale delle Vittime dell’impresa Vale che, per una oscura coincidenza, era stato convocato proprio in quella regione.

È triste che le comunitá vengano ad incontrarsi e riconoscersi in funzione delle tragedie e della sofferenza che hanno in comune. Non è questo ció che vorrebbero condividere; non desiderano essere ricordate per le lacrime, ma, al contrario, per le loro forme di resistenza e vittoria.

Piquiá de Baixo ha piantato diversi semi di resistenza, nel 2015: per mantenere gli abitanti del quartiere uniti ed informati, sono stati realizzati diversi “circoli di dialogo”, in piccoli gruppi attorno alle case; è stata organizzata tutta la documentazione di ciascuna famiglia che sará trasferita; la comunitá si è articolata in diverse istanze, per mantenere forte la pressione e non cessare di rivendicare i suoi diritti: dal Consiglio Municipale al Governo del Maranhão, dal Ministero delle Cittá fino alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH).
Nel mese di ottobre, il presidente dell’Associazione Comunitaria degli Abitanti di Piquiá, con l’appoggio dell’equipe giuridica, ha partecipato ad un’udienza tematica alla CIDH, a Washington, sollecitando misure urgenti di riparazione e mitigazione dei danni, alla presenza del Governo brasiliano.

Il tempo del raccolto ha tardato, ma è arrivato!
Il 29 dicembre, l’Associazione degli Abitanti ha ricevuto il titolo ufficiale di proprietá del terreno in cui il villaggio sará ricostruito.
Il 31 dicembre, il Ministero delle Cittá ha pubblicato nel Diario Ufficiale la selezione del progetto dell’Associazione Comunitaria. Dopo un anno e 14 giorni di attesa, la comunitá ha finalmente la garanzia formale del finanziamento per il nuovo quartiere!

Chi semina nel pianto raccoglie nella gioia, dice il Salmo 126, che settimana prossima l’intera comunitá proclamerá in una celebrazione di ringraziamento e festa, per rinnovare le forze.
Gli abitanti di Piquiá giá lo dicevano in altre parole, ricordando che “la nostra agonia è la nostra vittoria”. Nella lotta persistente, nella tenacia di chi non abbassa la testa e non si arrende, giá si trova un frammento di vittoria, cosí come nella semente sta nascosto il germoglio.

Puó tardare, ma la vita vincerá!

mercoledì 30 dicembre 2015

Oltre la luna...



Quando la luna piena macchia di luce la sfera scura della notte, toglie di scena quasi tutte le stelle; non puoi non sollevare la testa.

Lo sguardo resta prigioniero di quel chiarore, forse chiedendosi se resisterá lungo tutta la notte.

Attrae, la luna. E ho scoperto perché: non sono solo io che la fisso…

Di rimbalzo, penso alle persone piú care, magari molto lontane da qui, che in questo momento hanno gli occhi attratti da questa luce. La luna ci fa da ponte.

È cosí anche l’alleanza stretta con gli amici piú cari. Ad un certo punto della vita, ciascuno di noi ha alzato la testa e si è accorto che c’è ancora speranza, anche se la notte è profonda.

Con gli occhi fissi su questa chiarezza, abbiamo cominciato a camminare e a sentire che, dall’altro lato della luna, anche altri si son messi in marcia.

Quando qualcuno indica la luna, lo sciocco guarda al dito; molti guardano alla luna; ma tu vá piú lontano ed incrocia lo sguardo di tutti quelli che, nella notte, si sono alzati.

mercoledì 16 dicembre 2015

Chi soffre resta sveglio per proteggere il cuore



Katia è un’indigena del gruppo Akrãtikategê. Fu espulsa dalla sua terra: il villaggio doveva lasciare spazio alla diga di Tucuruí, che allagó l’intera regione. Gli indigeni furono rimossi a piú di 200 Km di distanza, nella terra Mãe Maria.

Ma anche la Mãe Maria viene violentata dai grandi progetti: il raddoppio della ferrovia di Carajás per l’esportazione del minerale di ferro, due linee di alta tensione ed una di fibra ottica per cellulari, oltre alla superstrada che la taglia nel mezzo.
Si replica, in chiave moderna, il Vangelo di Natale: “Non c’era posto per loro” (Lc 2,7).

Raimundo dos Santos è un sindacalista, agricoltore, consigliere della Riserva Forestale di Gurupi, ambientalista e difensore dei diritti delle comunitá rurali. Da tempo denunciava il saccheggio del legname della Riserva, l’ultimo frammento di Amazzonia nello stato del Maranhão. È stato ucciso freddamente in agosto di quest’anno, a fianco di sua moglie che è sopravvissuta alle ferite. Anche in questo caso non c’era posto per lui, né orecchi attenti alla sua voce. 

Due piccole storie di questo microcosmo del nord del Brasile, specchio locale del contesto mondiale, in cui sembra consolidarsi la spirale di guerra, esclusione e terrorismo. Fa buio, nella notte dei senza-posto.

Risuona peró nel nostro cuore il poema di Thiago de Mello: “Fa buio, ma io canto”.
La nostra fede si misura nella capacitá di offrire ragioni di speranza. Con le parole del poeta, “Chi soffre resta sveglio per proteggere il cuore”.

In questa notte del mondo ci mantiene svegli il sogno di Papa Francesco, che convoca ad aprire una storia nuova, marcata dal Giubileo della Misericordia.
Giubileo é anno di grazia (Lv 25). L’anno in cui gli schiavi sono liberati, i debiti perdonati, il riposo restituito alla terra perché ricominci il suo ciclo naturale. È l’anno dell’abbondanza e della benedizione.
Misericordia è amore viscerale. Non é um valore ético o um principio morale: é la forza incontrollabile di chi ama senza misura e non tolera limiti. É um amore che non si intimidisce se, fuori, fa buio.

In questa notte di Natale, dunque, lottiamo per l’inclusione delle persone, per un tempo di grazia in cui si globalizzi la fraternitá e sia definitivamente abolita l’indifferenza! Facciamolo con compassione, senza sconti né risparmi. Se non misuriamo la nostra misericordia, saremo sorpresi dai frutti del Giubileo!

Queste due parole siano per noi la stella d’oriente. Camminiamo cantando: che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza!