sabato 8 giugno 2019

Elezioni al vertice della Conferenza Episcopale Brasiliana

In aprile di quest’anno, il Presidente della Repubblica del Brasile visitò Israele, consolidando una alleanza tra i due paesi, dai tratti politico-religiosi.
Nei pochi giorni della visita, alcuni fatti destarono la nostra indignazione.

Rilanciando la proposta di aumentare la vendita e distribuzione di armi in Brasile, in modo che i cittadini possano garantire privatamente la loro sicurezza, Bolsonaro si fece fotografare con una mitragliatrice in mano, mentre prendeva la mira.
Intervistato poche ore dopo aver visitato il Museo dell’Olocausto, affermò che senza dubbio il nazismo fu un movimento di sinistra (pochi giorni dopo, lo stesso Ministero degli Esteri israeliano considerò opportuno criticare e smentire questa presa di posizione).
In parallelo, dal Brasile, suo figlio Flavio, senatore, pubblicava in Twitter una risposta alle critiche di Hamas rivolte al papà, e letteralmente mandava gli integranti di questo partito a “farsi esplodere”.

Vatican News, intanto, pubblicava due articoli dando distacco alla visita del presidente, valorizzando l’accoglienza di Netanyahu e la dichiarazione d’amore di Bolsonaro per Israele. Stranamente, non apparivano le altre affermazioni polemiche.

Dal Brasile, una lettera al Vaticano, scritta con umiltà e spirito collaborativo, sollecitava chiarimenti. La risposta, rapida, chiariva la posizione: “L’intenzione era solo dare informazioni sul presidente del maggior paese cattolico del mondo, visitando la Terra Santa, nulla più”.
Il maggior paese cattolico del mondo, però, amplifica sempre più la distanza tra le sue politiche ed il messaggio evangelico. Il Governo approfitta dei simboli e dei ministri religiosi (cattolici e non) per legittimarsi e consolidare un appoggio popolare acritico.

In questo contesto, preoccupava molto la prospettiva delle elezioni nella Conferenza Episcopale Brasiliana, la CNBB.
Un passaggio estremamente delicato, in un tempo di grandi sfide, tra cui il Sinodo Speciale per l’Amazzonia, la necessaria riconfigurazione della pastorale in risposta alla crescente urbanizzazione e all’aumento delle manifestazioni di fede neopentecostali, la crisi etica della Chiesa, gli attacchi alla linea di Papa Francesco e alla stessa CNBB.

L’indicazione della nuova presidenza sembra non aver ceduto alle pressioni dei gruppi più conservatori, che propongono un quadro più allineato al governo brasiliano, un’alleanza tra lo Stato e la Chiesa e una sorta di “lobby del catechismo cattolico” nella disputa tra i partiti politici.

Gli occhi sono puntati soprattutto sul segretario generale della CNBB, vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, finora molto allineato alle posizioni dell’arcivescovo don Orani Tempesta, che ha manifestato appoggio al presidente Bolsonaro. Saprà il segretario svincolarsi dall’influenza dell’arcivescovo? Oppure, obbedendo alla linea dei suoi elettori, rappresenterà un freno ed un filtro al resto della presidenza, che sta in forte sintonia con la linea di papa Francesco?

La prima nota ufficiale della CNBB appena dopo le elezioni lascia sperare bene: con profezia, coraggio e fermezza, denuncia “l’opzione per un liberalismo esacerbato e perverso, che disidrata lo Stato quasi al punto di eliminarlo”.
E ribadisce che il Vangelo, fonte di vita, di giustizia e di amore, sprona a non conformarsi al mondo così com’è, ma a trasformarlo.

Novos caminhos na Amazônia: os passos do Sínodo

“É ora di superare il clericalismo, uscire dai templi, verso le periferie esistenziali. Occorre una Chiesa ministeriale e profetica, inserita nella vita della gente, rispettando la diversità culturale e religiosa, la storia ed il modo di vita dei popoli amazzonici”.

Il Sinodo per l’Amazzonia, cominciato da più di un anno, sta risvegliando la speranza della gente, dalle comunità più isolate lungo i fiumi, fino alle periferie delle grandi città di questo bioma.
Sentirsi ascoltati, recuperare il protagonismo, potersi esprimere sulla Chiesa e sulle urgenze dell’Amazzonia, sedersi in circolo per discernere insieme, donne, uomini, preti, religiose, vescovi: sono tratti vivi della spiritualità e pratica sinodale che stiamo sperimentando in molteplici contesti dei 9 paesi della Panamazzonia.

Indipendentemente dai risultati dell’assemblea finale dei vescovi, prevista in Vaticano in ottobre, può attecchire nella Chiesa amazzonica questo spirito di ascolto e partecipazione, intensamente desiderato da Papa Francesco, primo passo perché l’incarnazione sia la principale metodologia missionaria.

“Voi, popoli originari, non siete mai stati tanto minacciati nei vostri territori. L’Amazzonia è una terra disputata. (…) Noi, che non abitiamo in queste terre, abbiamo bisogno della vostra sapienza e delle vostre conoscenze per poter entrare, senza distruggerlo, nel tesoro custodito da questa regione, facendo risuonare le parole del Signore a Mosè: «Togliti i sandali, perché questa è una terra sacra»”.

Con queste parole a Puerto Maldonado, in Peru, Papa Francesco ha aperto il Sinodo. In risposta, gli indigeni chiedono che la Chiesa assuma “una veemente difesa dei loro popoli”, riconoscendo gli errori del passato e smontando ogni eredità coloniale.

Così, la formazione offerta a seminaristi, missionari e laici deve riscattare gli elementi chiave delle culture locali, superando l’omogeneità di un modello religioso univoco.
I popoli indigeni insistono nel dialogo interreligioso, in sintonia con l’indicazione del Papa: “ogni cultura e cosmovisione che riceve il Vangelo arricchisce la Chiesa, con la visione di un nuovo lato del volto di Cristo”.

Il Sinodo sarà opportunità per riconoscere e valorizzare il protagonismo delle donne nella Chiesa amazzonica, identificando nuovi ministeri a servizio della Chiesa e della vita.
Le comunità cristiane amazzoniche, frequentemente, si sentono isolate e abbandonate. Non possono celebrare l’Eucaristia, se non nelle rare volte in cui un sacerdote le può raggiungere.

Nel lungo processo di ascolto sinodale, hanno proposto con rispetto e chiarezza la possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati, riconosciuti come punto di riferimento spirituale dalla comunità locale. Allo stesso modo, in considerazione delle culture locali, hanno suggerito il celibato opzionale per i ministri ordinati.

Il ministero delle donne diacono è una possibilità importante per la Chiesa amazzonica e una proposta che il Vaticano sta analizzando, con una Commissione nominata ancora nel 2016.

Un’altra grande sfida che si pone al Sinodo è ripensare la Chiesa e la vita nelle grandi città amazzoniche: cresce l’esodo dalla foresta verso i centri urbani, frequentemente frutto dell’espulsione delle comunità, che si ritrovano senza opportunità di sviluppare il loro modo di vita e sussistenza.
Nuovi cammini per la Chiesa e l’Ecologia Integrale in Amazzonia: percorriamoli!

Conflitos em Venezuela

Seicento indigeni Pemon attraversano di nascosto la frontiera tra Venezuela e Brasile.
Raggiungono i loro “parenti”, della stessa etnia che il confine di stato ha separato; si fermano con loro, in una terra indigena che non avrà condizioni di mantenere tutte queste famiglie.
Fuggono dal conflitto e dalla fame in cui il Venezuela si è (o è stato) ridotto.

Boa Vista e Manaus sono le prime capitali brasiliane in cui molti altri migranti e rifugiati venezuelani si installano, spesso di passaggio, accampati alla stazione degli autobus o negli strapieni centri di accoglienza urbani.
Stoccate alla frontiera, tonnellate di “aiuti umanitari” finanziati dagli USA perché il Brasile le donasse ai venezuelani, attendono di poter varcare il confine. Il governo Maduro non lo permette, e la frontiera è chiusa da varie settimane. 

La Croce Rossa Internazionale, la Caritas e la stessa ONU non hanno accettato di collaborare con questa modalità di aiuto puntuale, mediatico, strumento strategico di una possibile manipolazione politica: l’operazione non è organizzata con accordo previo tra le parti locali e non prevede il coordinamento di istituzioni internazionali neutre.
Per questo lo chiamiamo “umanitario”, tra virgolette: montato ad arte, nei giorni della maggior crisi venezuelana, per sbancare il presidente regolarmente eletto, in favore di un fantoccio costruito negli States e autoproclamatosi presidente. Utile per destabilizzare la regione venezuelana di frontiera, ma non così tanto disponibile per soccorrere i Pemon ed i migranti, una volta che hanno varcato il confine!

Il governo chavista non è esente di critiche e errori. Il principale, che pochi denunciano perché è una scelta di politica economica di quasi tutta l’America Latina, è l’estrattivismo portato all’estremo: buona parte dell’economia nazionale venezuelana dipende dal petrolio e dall’industria mineraria, compresa l’importazione di generi essenziali come alimenti e medicinali. 
Il paese non si è preoccupato di diversificare l’economia, avendo una delle riserve petrolifere più grandi del mondo. Per questo, le potenze-avvoltoio degli Stati Uniti, Russia e Cina sorvolano queste regioni, cercandone il controllo politico o, se necessario, militare.
È da condannare anche l’uso sproporzionato della forza militare venezuelana contro la popolazione.

Si condanna da sola, a nostro parere, l’ingerenza politica di molti paesi, riuniti nel Gruppo di Lima, che non riconoscono il governo di Maduro e considerano l’autoproclamato Guaidó alla stregua di un capo di stato. 
Questi paesi da una parte lanciano l’allarme della crisi umanitaria, ma dall’altra propongono di stringere ancor di più il cappio dell’embargo commerciale al Venezuela.

Si stima che le sanzioni ed il blocco economico degli USA, dal 2013 al 2017, abbiano causato la perdita di tre milioni di posti di lavoro e circa 350 miliardi di dollari. I venti milioni di aiuti promessi appaiono, così, più un’operazione puntuale di propaganda che una azione coordinata e continuativa di sostegno al paese.

L’instabilità è installata nella regione e durerà molto, apparentemente. 
Noi missionari cerchiamo di comprenderne le ragioni, appoggiare vie d’uscita rispettose della sovranità nazionale, soccorrere ed integrare i migranti che fuggono dalla violenza e dalla fame.
(articolo scritto in marzo 2019)