martedì 25 maggio 2010

Il villaggio Califórnia

Mi chiamo Joana, abito da 14 anni nel villaggio “Califórnia”. É un nome simpatico, non é vero?
Non abbiamo nulla, peró, della ricchezza degli Stati Uniti: il nome viene dalla fazenda che c’era qui prima di noi. Siamo del Movimento dos Trabalhadores Sem Terra (MST); abbiamo conquistato la terra con molta lotta e resistenza: siamo rimasti accampati lungo la strada per mesi... erano anni molto violenti e la terra spesso si bagnava di sangue.

Graças a Deus oggi ho un pezzetto di terra da coltivare e una casa degna di questo nome!

Solo che 5 anni fa la Vale ha montato proprio a fianco del nostro villaggio (800 metri, e controvento!) piú di settanta forni industriali per produrre carbone. Lo ricavano dall’eucalipto... e infatti le nostre terre sono circondate da questa monocultura: la gente dice che tra poco invece di manioca dovremo masticare alberi!

La legna brucia tre giorni di seguito dentro i forni, il fumo é spesso e bianco, carico di residui tossici tra cui, principalmente, il catrame. E cosí, vari di noi nel villaggio viviamo con costanti problemi respiratori, polmonite, irritazione agli occhi e altri problemi di pelle. Siamo 1800, c’eravamo molto prima che Vale arrivasse, siamo lavoratori: abbiamo diritto a vivere in pace, non vi sembra?!

In molte occasioni abbiamo denunciato questa invasione: all’Istituto Ambientale Brasiliano, al Ministero Pubblico Federale e Statale, alla Vigilanza Ambientale, agli Assessori alla Sanitá e all’Ambiente del nostro Municipio e dello Stato del Maranhão... Abbiamo partecipato ad incontri pubblici con queste istituzioni, li abbiamo invitati a visitare il nostro villaggio, tutto invano.
Nel 2008, esasperati, alcuni di noi hanno realizzato un gesto simbolico abbattendo e bruciando alcune piante di eucalipto, bloccando la strada e entrando negli uffici della fabbrica di carbone. La televisione, finalmente, ne ha dato notizia in tutto il Brasile... solo che ha preso le difese della multinazionale: da vittime, siamo diventati colpevoli!
(foto Nils Vanderbolt)

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