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Articolo pubblicato in Nigrizia - settembre 14 |
La TV, é chiaro, nasconde la scena. I Guarani sono uno dei duecento popoli nascosti in Brasile. Sono il popolo indigena con la piú alta tassa di suicidi al mondo, la maggior parte delle vittime ha tra i 15 ed i 30 anni: “Non c’è futuro, non c’è rispetto, non c’è lavoro, e non ci sono terre dove possiamo piantare i nostri raccolti e vivere” - dice un uomo guarani. I giovani “scelgono di morire perché, in realtà, sono già morti dentro”. Survival International, in occasione della Coppa del Mondo FIFA, ha denunciato “Il lato oscuro del Brasile” con una pagina ricca di approfondimenti sul suo sito.
Nello stesso giorno, a Belo
Horizonte, l’afrodiscendente Rômulo Félix è trascinato a forza dalla polizia
militare, che lo striscia e lo scalcia perché, durante le manifestazioni di
protesta contro la Coppa, stava difendendo una giornalista. Rômulo vive sulla
strada; come lui, nei mesi prima della Coppa, centinaia di persone hanno
sofferto le conseguenze di una vera e propria “operazione di pulizia urbana”,
che ha concentrato i senzatetto in dormitori “strapieni, con installazioni
precarie e mancanza di sicurezza”. Lo denuncia il Centro Nazionale dei Diritti
Umani delle Persone di Strada.
Il 25 giugno, um bambino di tre
anni chiamato Luiz Felipe viene ucciso da un proiettile vagante che lo colpisce
alla testa di notte, mentre dormiva in casa. In quel momento, il 41°
Battaglione Militare della Polizia stava facendo un’incursione nella sua favela. Era il giorno in cui, in Italia,
tutti inveivano per la sconfitta contro l’Uruguay.
Tre brevi storie ci portano alla
domanda chiave del nostro articolo: chi ha vinto, in questa Coppa del Mondo?
La presidente Dilma Rousseff,
dopo la finale, commentava: “In questi giorni abbiamo vissuto una festa
fantastica. Il popolo brasiliano, il governo federale, gli stati ed i municipi
delle 12 cittá sedi dei giochi hanno garantito una delle feste piú belle del
mondo”.
E piú ricche. Nel bilancio del
governo si calcola un milione di turisti stranieri (il 95% di loro ha detto di
voler tornare in Brasile) e tre milioni di turisti nazionali. La FIFA ha avuto
entrate corrispondenti a 6,6 miliardi di dollari.
“Venduta come un progetto in cui
‘tutti vinceranno’, in realtá la Coppa è un processo in cui alcuni hanno perso
tutto, perché altri guadagnassero molto” – commenta il professor Rodrigo Guimarães,
della Cattolica di Rio de Janeiro. Una delle lezioni di questa storia è che i
grandi eventi sono un’ottima opportunitá per chi li promuove e per le celebritá
che vi gravitano attorno, ma non necessariamente per chi li riceve.
E allora, dicono in molti, la
loro approvazione sia sottoposta, prima, ad una consulta popolare.
Chi paga il conto?
La FIFA è la maggior istituzione
transnazionale del Pianeta, con 209 paesi membri, piú dei 193 che aderiscono
all’ONU. Le regole del mondiale letteralmente impediscono, per legge, che la
FIFA perda soldi con questo evento. “L’affare d’oro è vendere un ‘pacchetto di
stato d’eccezione’ ai paesi interessati ad attrarre investimenti”, ricorda il
professor Rodrigo.
Ma per le 250 mila persone che
sono state o ancora sono minacciate di espulsione dalle loro case, per i
famigliari e gli amici dei lavoratori morti nella costruzione dei nuovi stadi,
per i lavoratori sfruttati in condizioni perverse, per i senzatetto vittime
delle operazioni di igienizzazione delle cittá, il Mondiale è stato
catastrofico. Chi ne pagherá
il conto?
Il Brasile é arrivato quarto in
classifica, ma sale al terzo posto al mondo (dopo Nigeria e Cina) quando si
tratta delle nazioni con il maggior traffico di persone. Non a caso, la Chiesa
brasiliana ha scelto questo tema di studio e di azione per la sua “Campagna
della Fraternitá 2014” in tutte le comunitá cattoliche del Paese.
Lo sfruttamento sessuale è la
forma piú comune (79%) di traffico umano al mondo. Due terzi sono donne, 13%
bambini e adolescenti. In Brasile esistono 241 rotte per questo traffico, piú
di metá delle quali è internazionale.
Un reportage di Agência Pública
ha intervistato uno straniero arrestato per sfruttamento sessuale: “Io non sto
trafficando nessuno. Ho il documento della mamma di questa ragazzina. Guardate
dove abitava, e guardate com’è ora la loro casa, dopo che le ho aiutate. E voi,
dov’eravate?”.
Il 17,6% degli adolescenti
brasiliani vive nella miseria, ha denunciato Unicef nel 2011. Ogni giorno 165
bambini e adolescenti sono vittime di abusi sessuali in Brasile. Dati che sono
aumentati negli ultimi tre anni, a causa dei grandi cantieri di costruzione
degli stadi, prima, e del turismo sessuale, durante l’evento.
A Fortaleza si è calcolato
l’aumento del 163% dei casi di sfruttamento sessuale attorno allo stadio
Castelão.
I poveri ed i piccoli, quasi
automaticamente, sono i piú esposti in occasione dei grandi eventi e sono
costretti ad integrarsi e adattarsi ad essi, nelle poche maniere che sono loro
permesse.
La Coppa del Mondo è il simbolo
estremo della grandiositá e delle contraddizioni di questo modello di sviluppo.
In Brasile ne esistono molti esempi: enormi progetti di infrastruttura,
vastissime distese di monocultura e agrobusinness,
dighe e centrali idroelettriche che disboscano e allagano immensi territori
amazzonici, le maggiori miniere a cielo aperto del mondo. Ne sono vittima le
popolazioni piú fragili: senza fissa dimora, favelados e abitanti delle
violente e caotiche periferie urbane, contadini o pescatori in piccola scala,
afrodiscendenti, popolazioni indigene.
Anche in questo caso, ai piú
deboli non si lasciano alternative e l’unica possibilitá che resta,
apparentemente, è l’adattamento ai grandi progetti, o meglio, ai progetti dei
grandi.
Se facessimo una radiografia al
Brasile dei Mondiali, vedremmo che sotto il verde e oro della bandiera si
nasconde una nazione con una serie di domande sociali represse: la
distribuzione della ricchezza ancora estremamente diseguale, la negazione del
diritto alla casa e alla terra per tutti, violente aggressioni ambientali, lo
sterminio della gioventú nera e povera, la bassa qualitá dei servizi pubblici,
la corruzione politica e la precarietá strutturale del sistema di educazione.
“Malgrado negli ultimi dieci anni
siano stati dati passi significativi in alcune di queste aree, esiste ancora un
malessere sociale molto ampio, profondo ed antico”, ricorda il professor
Guimarães.
Per questo, i Comitati Popolari
anti-Coppa (vedi box a fondo articolo) e le proteste in molte cittá del Brasile che gridavano
“La Coppa non si fará!” sono stati una continuitá logica delle grandi
manifestazioni dell’anno precedente, che il 22 giugno 2013 hanno portato in
strada piú di tre milioni di persone.
“Não vai ter Copa!” significa, in questo senso, “non è questo il
nostro gioco, non entriamo in campo come spettatori felici di una festa che non
è la nostra”.
Repressione
Tutte le feste private, ad
esempio del banchetto di Erode, hanno bisogno di un forte Stato di repressione
per poter avvenire indisturbate.
Il parallelo è evidente, da un
anno a questa parte, in Brasile. Durante tutto il mese di giugno 2013, milioni
di persone nel Paese hanno organizzato manifestazioni di massa. La polizia
militare ha risposto in modo molto violento e non controllato. Amnesty International
denuncia: “È stato usato gas lacrimogeno indiscriminatamente, in un caso
addirittura dentro un ospedale; sono stati sparati proiettili di gomma contro
persone inoffensive, sono state ferite centinaia di persone, tra cui un
fotografo che ha perso un occhio, altre centinaia sono state arrestate senza
alcuna prova che dimostrasse il loro coinvolgimento in attivitá criminali”.
Con il timore che questo schema
di violenza istituzionale si replicasse nella Coppa del Mondo, Amnesty ha
pubblicato a inizio giugno 2014 un rapporto dal titolo significativo: “Usano la
strategia del terrore”.
In agosto 2013 è stata approvata
in Brasile la legge 12.850 sulle Organizzazioni Criminali. In seguito, varie
persone che hanno preso parte a proteste pubbliche e manifestazioni sono state
arrestate ed inquadrate nelle penalitá previste da questa legge.
Amnesty denuncia uso eccessivo
della forza, arresti arbitrari, negazione del diritto ad un avvocato, impunitá
dei poliziotti militari responsabili di violenza. “Il semplice fatto di portare
con sé bandiere, striscioni, inchiostro o aceto (per ridurre gli effetti dei
lacrimogeni) è stato considerato sufficiente per arrestare ed interrogare
persone”.
Un manifesto pubblico firmato da
92 eminenti giuristi brasiliani ha ripudiato questo stato di violenza: “Fin da
giugno dell’anno scorso, osserviamo che, invece di rispondere alle
rivendicazioni con proposte che concretizzino i diritti sociali, gli agenti del
Potere Pubblico hanno risposto con violenza e tentativi abusivi di criminalizzare
gli attivisti”. Si giunge all’assurdo di sequestrare libri nelle case delle
persone “sospette”, di investigare “persone che attuano in maniera organizzata
con l’obiettivo di mettere in questione il sistema vigente” (senza che vi sia
indicazione di qualsiasi fatto specifico che caratterizzi un crimine),
arrestare illegalmente persone ed infiltrare agenti segreti nelle
manifestazioni, senza alcun permesso dell’autoritá giuridica.
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Fotos de Marcelo Cruz |
In vari casi, e in modo
sistematico, l’apparato statale si pone sempre piú come avversario della
popolazione e la attacca pubblicamente. La Coppa del Mondo è la punta
dell’iceberg di una tendenza progressiva: criminalizzare chiunque critichi gli
obiettivi dei poteri pubblici e l’alleanza, sempre meno cammuffata, tra lo
Stato ed il grande capitale internazionale che si sta impossessando dei
chiamati “paesi in via di sviluppo”. Nei paesi vicini al Brasile, questo
fenomeno appare con ancor maggior evidenza: il Perú ha legalizzato l’attacco
pubblico ai cosiddetti “terroristi ambientali”, che sono gruppi, movimenti e
persone che si oppongono all’installazione di grandi progetti e infrastrutture
di saccheggio dei beni naturali, specialmente minerari. Nel 2007, il presidente
dell’Equador Rafael Correa ha dichiarato, nella stessa linea: “È finita
l’anarchia. Tutti coloro che si oppongono al progresso del Paese sono
terroristi. Tutti quelli che faranno manifestazioni con blocchi stradali
saranno puniti con tutto il rigore della legge. Non sono le comunitá che
protestano, ma un piccolo gruppo di terroristi; gli ambientalisti romantici e
gli ecologisti infantili sono coloro che vogliono destabilizzare il Governo”.
Nel 2012, un intervento durante
il Consiglio di Diritti Umani dell’ONU raccomandava al Brasile l’estinzione
della Polizia Militare. La desmilitarizzazione della polizia è un tema
estremamente urgente nel Paese: le forze armate sono esercitate a combattere il
nemico esterno e ad ucciderlo, quando necessario. La Polizia, al contrario,
deve rispettare i diritti umani; inoltre, un poliziotto deve poter essere
giudicato come qualsiasi altro cittadino, e non dalla Giustizia Militare. Molti
degli stessi membri della Polizia Militare difendono questa tesi, giá che non
hanno sufficienti diritti lavorativi e soffrono loro stessi violazioni di diritti
umani.
Nella stessa logica, anche
l’apparato di sicurezza ed i servizi segreti statali devono svincolarsi dagli
interessi dei grandi poteri economici: sempre piú, i movimenti sociali in
Brasile sono vittima di spionaggio, infiltrazioni e violazione della privacy da parte di questa alleanza
spuria tra il potere pubblico e privato.
Il calcio e la politica
Notiamo, a partire da queste
informazioni e riflessioni, quanto la Coppa sia stata vincolata al modello di
Stato e di sviluppo che si vuole imporre al Paese.
Fortemente desiderati da parte
del presidente Lula, i Mondiali in Brasile dovevano essere per la presidente
Dilma un’opportunitá preziosa verso il suo secondo mandato, giá che il 2014 è
anno elettorale.
Da quando sono iniziate le grandi
proteste del 2013, peró, l’evento ha mostrato tutta la sua ambiguitá ed il suo
pericolo: una prova del fuoco per il governo del Partito dei Lavoratori (il PT).
La Coppa non iniziava piú in attacco, occorreva organizzarsi bene in difesa!
Si temeva molto la protesta popolare,
il che spiega l’enorme dispiegamento di forze preventivamente messo in campo:
57 mila soldati e 45 mila poliziotti militari, 36 elicotteri e 170 strutture di
sicurezza attorno agli stadi.
L’agenda sportiva era strettamente vincolata all’agenda politica. Il
successo dell’una poteva garantire quello dell’altra… ma la sconfitta o il
fallimento di questo grande evento sportivo sarebbe stato automaticamente un
pugno nello stomaco per l’attuale dirigenza politica.
Possiamo dire che il governo brasiliano, malgrado tutte le
contradizioni evidenziate, esce dalla Coppa avendo saputo difendersi bene
politicamente. Chiusa questa pagina, apre immediatamente la nuova corsa verso
le elezioni, in competizione con i partiti conservatori di opposizione che
vogliono strappare al PT gli ultimi dodici anni di governo.
Per chi, peró, gioca la sua partita nel campo della vita dura di
tutti i giorni, per i ‘piccoli’ di cui parlavamo piú sopra, resta chiaro che al
di lá delle posizioni politiche dei diversi candidati alla presidenza continua
indiscussa una profonda violenza strutturale.
È la violenza del modello di sviluppo fondato sul saccheggio delle
risorse, sul razzismo e la discriminazione delle popolazioni tradizionali. La
violenza della democrazia formale che non dialoga effettivamente con la societá
civile organizzata e preserva un sistema di privilegi, corruzione ed impunitá.
C’era anche questo messaggio, probabilmente, dietro ai fischi che hanno accolto la
presidente Dilma nel giorno dell’inaugurazione della Coppa a São Paulo. Lula lo
ha riconosciuto, ammettendo che il Governo non ha prestato abbastanza
attenzione all’insoddisfazione di una larga fetta di popolazione.
In questo senso, il calcio ha
influenzato profondamente il processo politico-elettorale. Le molte iniziative
a margine del grande evento sportivo e mediatico (Coppa Ribelle, Coppa
Popolare, Coppa dei Rifugiati, Coppa delle Ragazze, Mondiali di Calcio di
Strada, Coppa Rivoluzionaria delle Donne, ecc), cosí come tutte le
manifestazioni e proteste organizzate, hanno mostrato un volto critico e
politicizzato della societá civile, che occorre coltivare incessantemente.
"É ancora presto per dire se i movimenti sociali che sono nati o si sono rafforzati in occasione dei Mondiali di calcio hanno avuto successo o no. Sicuramente hanno mostrato una “vitalitá embrionale” ed hanno mostrato la deficienza dei partiti politici attuali, incapaci di rappresentare vari settori della societá”, commenta il professore di etica e scienze politiche Roberto Romano (Universitá di Campinas).
"É ancora presto per dire se i movimenti sociali che sono nati o si sono rafforzati in occasione dei Mondiali di calcio hanno avuto successo o no. Sicuramente hanno mostrato una “vitalitá embrionale” ed hanno mostrato la deficienza dei partiti politici attuali, incapaci di rappresentare vari settori della societá”, commenta il professore di etica e scienze politiche Roberto Romano (Universitá di Campinas).
Gli fa eco il sociologo Luiz
Werneck (Cattolica di Rio de Janeiro), affermando: “La societá, oggi, è piú
moderna del suo Stato, come si puó verificare dall’emergenza dei movimenti
sociali che sbocciano da tutte le parti e si mantengono estranei alla politica
istituzionalizzata”.
È su queste basi che il Brasile
continua in costruzione. Il Comitato Popolare della Coppa, per esempio, afferma
che la sua agenda ufficiale di azioni e proposte continuerá perlomeno fino a
dicembre: “Le partite sono finite, ma la Coppa no: molte cose rimangono.
Dobbiamo discutere il modello di cittá, le spese per la sicurezza pubblica e
gli armamenti. I municipi si sono indebitati e questo conto resta aperto”.
Probabilmente nei prossimi mesi non
occorreranno nuove grandiose proteste come quelle dell’anno scorso, ma azioni
specifiche, con rivendicazioni precise. Resta viva la speranza che la societá
civile si organizzi sempre piú e tessa reti interattive e esperienze di
appoggio e solidarietá tra un movimento e l’altro.
È possibile anche che si
protragga, in parallelo e almeno fino alle elezioni, la repressione militare da
parte dello Stato, giá che non esistono forme di dialogo efficace e maturo con
la societá civile.
Noi Missionari Comboniani
continuiamo a fianco delle persone e dei segmenti della societá piú colpiti e
infragiliti da questo modello di sviluppo e dall’attuale sistema di potere:
camminiamo e r-esistiamo con le vittime del saccheggio delle risorse naturali,
gli afrodiscendenti, gli abitanti delle periferie urbane, i detenuti, alcuni
popoli indigeni.
Malgrado tutto, il pallone
continua a piacerci, giochiamo con agonismo e facciamo il tifo assieme alla
gente, cogliendo il gusto della festa, della passione condivisa, della vittoria
sudata, nei campi di calcio e nella lotta di tutti i giorni!
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Ascoltando i Comitati...
“Siamo tifosi che non hanno
accesso agli stadi. Siamo lavoratori ambulanti che non possono lavorare. Siamo
abitanti delle favelas e di occupazioni urbane sloggiati o minacciati di
perdere le loro case. Siamo senza terra e senza tetto organizzati in lotta.
Siamo donne, bambini e adolescenti, gays e transessuali e soffriamo tutte le
forme di violenza e sfruttamento sessuale. Siamo poveri, neri, periferici,
siamo sterminati alle porte della notte da uno Stato terrorista. Siamo gente di
strada, persone con malattie mentali, professionisti del sesso, espulsi dai
centri delle grandi cittá, internati obbligatoriamente o arrestati senza
condanna. Siamo lavoratori nella costruzione civile, sfruttati e precarizzati
nel nostro lavoro. Siamo anziani e persone con handicap, discriminati. Siamo
cittadini le cui tasse sono sottratte dai bilanci pubblici per il beneficio
privato di poche persone. Siamo giocatori e giocatrici di pallone, ma ci hanno
rubato i nostri piccoli campi di calcio. Siamo amanti del calcio. Siamo 99%
della popolazione. (…)
Da quando il Brasile è stato
annunciato come sede della Coppa del Mondo 2014, la popolazione ha sofferto
diversi impatti. Invece di celebrare lo sport piú popolare del Paese e offrire
miglioramenti nella vita della gente delle cittá, la preparazione di questo
mega-evento è stata occasione per aumentare, accelerare e intensificare le
violazioni di diritti umani in tutta la cittá”.
(dal Manifesto “La Coppa per chi?”, del Comitato Popolare della Coppa
in São Paulo)
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