domenica 10 febbraio 2008

Sette giorni dopo sette anni

Torno a São Paulo per una visita molto breve: in sette giorni cerco di recuperare quello che hanno vissuto molti amici negli ultimi sette anni che ci hanno tenuti distanti.
Prima di tutto cerco i ‘miei’ adolescenti, quelli che accompagnavo passo passo entrando e uscendo dal carcere minorile, dalla favela, da famiglie disastrate che –chissá come- riuscivano comunque a resistere.
E cercando loro cerco me stesso, il senso di tutto il sudore speso in quegli anni frenetici… Cerco un po’ di speranza, qualche segnale di vita, qualcosa che mi dica: “ha senso, continuate cosí”.
Cerco il senso di proporre la chiesa oggi, il modo di vivere il Vangelo, i luoghi dove Dio abita.

Ma non ho il coraggio, in certi casi, di cercare fino in fondo. I primi amici che tento di rintracciare non si trovano, appaiono solo alcuni, mi raccontano degli altri: tornati in carcere... oppure uccisi dalla polizia o dalle gangues locali.
Rintraccio Fabiana per consolarla: hanno seviziato e ucciso suo marito, papá del piccolo Kauan. Deve averla fatta grossa al Primeiro Comando da Capital, la fortissima mafia locale. Loro non perdonano, e l´esecuzione deve essere esemplare, cosí che tutti imparino.
Mi dicono che in questi ultimi anni la situazione é piú calma: si muore lentamente, perché il PCC non lascia che gli adolescenti si uccidano tra loro in favela (niente confusione quando facciamo affari!). É piú comodo che muoiano lentamente, bruciandosi il cervello con il nuovo e economico modello di droga in circolazione: si chiama lança-perfume, é una pasticca che evapora nell´aria, la metti in una lattina vuota e la respiri, arriva dritta ai neuroni.
Il traffico é sempre piú in mano ai bambini: é comodo e sicuro, la polizia non puó fargli molto.
É urgente, da decenni é urgente investire nelle periferie con una politica pubblica seria: lavoro, educazione di qualitá, salute...
Alcune famiglie, che conosco da dieci anni, non sono cambiate per niente. Dona Ana ora ha 14 figli (altri sono morti), Fernanda e Cidinha sono partite per vivere con trafficanti 'pesanti', due piccoli sono in carcere... ma piú di tutti mi impressiona Fernando: in un momento delicato della famiglia aveva tentato di assumere le redini e accompagnare i fratelli, ma presto é scoppiato e, dentro il conflitto persistente di questa vita, non ce l'ha piú fatta. Si é dato fuoco, davanti alla sua compagna... e poi é morto lentamente, in quindici giorni di agonia in ospedale.
Il Cantico dei Cantici dice che l'amore é piú forte della morte, ma in queste strade molti giovani hanno perso il ricordo dell'amore. A dar senso alla vita, allora, resta solo il potere, che é il secondo alimento per chi é in cerca di senso. Nei nostri quartieri si riconosce il potere di chi controlla, guadagna in fretta o uccide nella maniera piú barbara.

Ringrazio Eduardo: da piccolo ha visto morire il fratello (e una pallottola tra le tante aveva raggiunto anche lui, alla mascella)... ma dopo questi anni ha rialzato la testa, lavora, si é innamorato, ha comprato una moto...
Ringrazio André: ancora crede nei giovani e si é immerso in mille attivitá. Era adolescente, dice che ha imparato da noi...
Ringrazio dona Neta: con un marito alcolizzato, un figlio in carcere per droga e due piccoli in pericolo, non ha mai smesso di resistere... e ancora vive!

La Parola di questi giorni invita a 'mettere al centro' chi ha la mano inaridita, e per questo non puó accogliere, non riesce a lavorare, non si sente degno nemmeno di ricevere.
La nostra é una vita missionaria che riesce appena a camminare attraverso queste storie. Ha senso solo se mettiamo al centro questa gente. Davanti a noi, davanti alla chiesa, come sfida, grido, denuncia, spavento.
La stessa Parola di questi giorni smonta il sabato e i farisei... accusa una certa chiesa ripiegata sulle emozioni e sicura della sua dottrina. Abbiamo un bisogno incredibile di persone che facciano respirare la nostra chiesa e tornino a raccontare il vangelo nell'incertezza dei piccoli.
Non ci interessa difendere spazi, diritti acquisiti, tradizioni o la nostra autoritá. Non ci interessa affermare chi ha piú ragione, chi conosce la veritá, chi si salverá dopo...
Ci interessa capire cosa voleva dire il Padre con la vita di quel Gesú che camminava in Galilea... e cercarlo di nuovo oggi, risorto nelle persone che non si scoraggiano, che seminano la vita con ostinazione, che si fanno mille domande e le incarnano ritentando ogni giorno.
Ci interessa stringere alleanze con persone che credono cosí... perché quello che ci uccide oggi é l'isolamento, la solitudine che scoraggia, il 'mondo' che va da un'altra parte e la corrente che é sempre piú forte, difficile da risalire...
“Vi ho chiamati amici”. Tornando a São Paulo ho cercato e ritrovato questi amici, che insieme credono, lottano, vivono. Alcuni, dalle nostre parti, la chiamano 'cospirazione della speranza'.

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