venerdì 10 aprile 2020

Cantiere militare in Brasile

“Amo molto tutti voi e amo la giustizia. Non approviamo la violenza, malgrado riceviamo violenza. Il padre che vi sta parlando ha ricevuto minacce di morte. Caro fratello, se la mia vita ti appartiene, ti apparterrà pure la mia morte".
Pe. Lele Ramin, missionario comboniano italiano ben conosciuto dai nostri lettori, ha dato la sua vita in difesa delle famiglie senza terra e dei popoli indigeni della Rondonia, in Brasile.
Ancora oggi molte comunità di questa regione amazzonica si ispirano al suo esempio e alle sue parole, e ne mantengono viva la memoria.
A padre Ezequiel, come lo chiamano in Brasile, sono state dedicate associazioni, centri comunitari ed anche alcune scuole pubbliche. Segno dell’orgoglio della gente per un missionario che si è fatto tutto a tutti.

Nel febbraio di quest’anno, però, il Governo di Rondonia ha scelto di militarizzare ancora altre scuole di questo stato (ora sono già 13).
Si tratta di un movimento politico che asseconda la paura e l’impotenza della società civile, che per prima, in buona parte, sollecita più forti misure repressive e disciplinari, in tutti gli ambiti della vita urbana.
Il fatto è che questo sentimento di insicurezza e minaccia permanente è spesso frutto di una strategia del potere politico e dei media, che appositamente tende ad amplificare il clima di terrore e di rabbia, per affermare la forza come unica soluzione.
È più difficile per le famiglie educare i figli? Discipliniamoli, imponiamo le regole, mostriamo chi è che comanda.

La soluzione dei soldati nelle scuole ha il suo parallelo a livello del Governo Federale, che ha affidato quasi metà dei ministeri nelle mani di alti ufficiali dell’Esercito, con la motivazione di combattere la corruzione.
Si tratta di un movimento preoccupante, che confonde i ruoli delle istituzioni pubbliche e conferisce troppo potere ad un settore che già di per sé dispone di armi e informazioni strategiche.

I Missionari Comboniani hanno divulgato una critica ufficiale alla decisione di militarizzare una scuola dedicata a p. Ezechiele. I suoi familiari sempre ricordano che Lele è un nonviolento, che credeva profondamente nel metodo educativo di Paulo Freire e non avrebbe mai voluto essere associato alle armi.
I Comboniani hanno ribadito: “Crediamo nell’educazione che risveglia i sogni, e non nell’ordine imposto che intimidisce le persone. Occorre sì investire nelle scuole, ma non mettendole in mano a persone armate: le nostre armi siano i libri, la passione di professori qualificati e rispettati, l’arte, la cultura, la spiritualità, il dialogo, la partecipazione comunitaria, l’inclusione della comunità scolastica nella società che la circonda”.

Il contesto politico nazionale è sempre più preoccupante, così come la percezione della società, una cui fetta consistente sembra optare per la violenza come soluzione dei conflitti.
Spetta alla Chiesa mantenere vivo il sogno e la certezza che esistono altri cammini per la pace.
P. Lele diceva così: "Ho la passione di chi segue un sogno. Questa parola ha un tale accoramento che se la raccolgo nel mio animo, sento che c'è una liberazione che mi sanguina dentro…”