mercoledì 15 dicembre 2021

Cammini d'Avvento

Oltre al presepe, in Brasile molte famiglie preparano piccoli “altari” dentro di casa, con i simboli religiosi per loro più forti e carichi di speranza.
In una delle case, l’immagine indigena della Madre di Guadalupe era posta in una piccola canoa. Molto significativo, in questi tempi duri di “travessia”, attraversamento della tempesta in cui il nostro paese si trova da più di due anni. 

All’inizio della pandemia, Papa Francesco ha attraversato, camminando da solo sotto la pioggia, la piazza vuota di San Pietro: ha condensato in un simbolo la situazione di molti popoli e famiglie fragili, in un cammino insicuro e al buio, che ci fa affannare. 

Qui in Brasile, come sapete, la tempesta è molteplice: una crisi sanitaria con gravi responsabilità del Governo, una crisi economica di nuovo a livelli di emergenza (19 milioni di persone soffrendo la fame, 72% della popolazione del Nordest in insicurezza alimentare), la crisi della democrazia, con il potere di estrema destra che contamina una società sempre più razzista, violenta e armata, e la crisi ambientale, con la natura soffocata e i popoli originari in grave pericolo.

Eppure, quanta energia si sente nella resistenza della gente! Ve la racconto brevemente nei passi delle mie domeniche di Avvento.
La prima settimana ho potuto celebrarla insieme alla “mia” comunità di Piquiá, in Maranhão, dove ho vissuto per dieci anni. Come ricordate, è una comunità che resiste, che continua a denunciare la violenza dell’inquinamento e la distruzione delle imprese minerarie e siderurgiche che le rubano dignità, goccia a goccia. Da tempo, una delle rivendicazioni è la ricostruzione del quartiere in una regione non inquinata. Il cantiere sta andando avanti, con molte sfide e un enorme quantità di lavoro.

Proprio nei giorni in cui ero là, si è conclusa la copertura del tetto dell’ultima delle 312 case in costruzione. Un simbolo potente, per l’Avvento della nostra gente, che ha molto bisogno di toccare con mano segni concreti di speranza, costruita collettivamente!

Abbiamo celebrato l’Eucaristia nella chiesetta povera di Piquiá de Baixo, consegnando a ciascuno un seme di moringa, una delle piante più ricche di elementi nutritivi. Con il seme in mano, ciascuno ha condiviso la sua speranza e si è impegnato a piantarlo, averne cura, portare il primo germe attorno al piccolo presepio della chiesa nella notte di Natale e poi riprenderlo per trapiantarlo nel luogo che più ama (il cortile di casa o il nuovo quartiere in costruzione, per esempio). 

Subito dopo sono partito per un’altra regione del Maranhão, per partecipare alla riunione delle Pastorali Sociali: la pastorale della terra, quella indigena, la pastorale carceraria, quella degli ammalati di AIDS, quella della salute o dei diritti dei bambini e degli adolescenti…
È stato un fine settimana intensissimo, ascoltando la situazione della gente e di una fetta di Chiesa profondamente attenta alla vita, soprattutto dei più poveri, tra di essi “nostra sorella madre Terra”. Sono momenti in cui si sente nella carne la Chiesa viva del Sinodo dell’Amazzonia, che continua -pur meno visibile- a tessere la speranza dei piccoli alla luce della fraternità universale e cosmica che ci insegna Papa Francesco.

La terza domenica di Avvento l’ho passata… in isolamento! Immergersi tra la gente ha le sue conseguenze, tra cui può esserci pure il Covid. Grazie a Dio e alla ricerca scientifica, il vaccino ha aiutato molto e i sintomi sono stati leggeri. Tempo per moltiplicare i contatti online, perché nel frattempo stiamo organizzando il Forum Sociale Panamazzonico, in cui la nostra rete REPAM si apre all’incontro con i movimenti popolari di questo immenso bioma, come il Papa ci chiede di fare, Chiesa in uscita, costruttrice di ponti!

La tempesta continua forte, in Brasile. Ma ci piace sentire, nella barca, la presenza della Madre di Guadalupe, nell’attraversamento insicuro e carico di attesa dell’Avvento, un po’ come dev’essere stato il suo cammino ansioso e assetato di speranza verso la casa di Elisabetta.
Proprio in novembre si è realizzata in Messico l’ultima tappa dell’Assemblea Ecclesiale di America Latina e Caribe, consacrata alla Guadalupana, protettrice del continente. Non più solo l’alta gerarchia istituzionale, ma i rappresentanti di tutta la Chiesa (20% vescovi, 20% presbiteri, 20% religiosi-e e 40% laici e laiche!), in ascolto della realtà e della Parola che la illumina. Segni di speranza per una Chiesa che si rinnova e cammina a larghi passi verso il Sinodo mondiale. Smontando privilegi, restituendo spazi di decisione alle donne, ripartendo dai piccoli e dalle periferie.

Santa Maria del Cammino, madre indigena dei nostri popoli, non lasciarci soli in questa travessia!

La religione in tempo di pandemia: vecchi interessi e nuovi percorsi

Un servizio essenziale: senza speranza non si sta in piedi. La forza della fede, in questo lungo tempo di pandemia, è uno dei pochi appigli che danno sicurezza alla gente.
Vari leaders religiosi rivendicano, per questo, che le celebrazioni pubbliche siano riconosciute essenziali e siano permessi incontri con molte persone. Ma la fede si sta muovendo anche lungo altri cammini: le famiglie si organizzano nelle loro case, nascono gruppi di preghiera e riflessione online. Alcune diocesi offrono materiali popolari interessanti, per incontri comunitari più piccoli, autogestiti, che non provochino assembramenti. Li chiamiamo “Rodas de conversa”, un ottimo strumento di spiritualità e educazione popolare nato con le comunità ecclesiali di base.

Eppure alcune chiese, soprattutto del filone neopentecostale, alzano sempre di più la voce.
Rivendicano il diritto a grandi celebrazioni e raccolta di offerte, disputando e conquistando nuovi fedeli in cerca di appigli di sicurezza spirituale.
Criticano la quarantena e le misure preventive, garantiscono che con fede, acqua benedetta e clorochina la cura è garantita.
In cambio, provocano i fedeli a fidarsi più della Provvidenza che dei sussidi pubblici, peraltro ora ridotti ad un livello minimo. Sfidano la gente a donare alle chiese anche ciò che fosse essenziale alla sopravvivenza, perché “il Signore ricompenserà”.

Il presidente Bolsonaro, fin dalla sua campagna elettorale, ha stretto una alleanza strategica con chiese e gruppi fondamentalisti, sia neopentecostali che cattolici.
In questa sintonia satanica, il messaggio religioso e politico stimola un ethos eroico: il popolo brasiliano deve essere coraggioso, sfidando la pandemia e le stesse misure restrittive. L’opzione per l’immunità di gregge e la manutenzione del ciclo di produzione e consumo sta costando quasi 500 mila morti e si sostiene anche grazie al messaggio religioso.

La chiesa cattolica è divisa: un certo gruppo difende ancora le politiche genocide del presidente e il suo fondamentalismo moraleggiante. Un altro settore, cosciente e impegnato, prende posizione attiva e fortemente critica. La maggioranza, attenta soprattutto alla crisi umanitaria, organizza con fedeltà e impegno una rete di sostegno e solidarietà. Inoltre, promuove spazi di ascolto e di rifugio spirituale, occasioni di rivitalizzazione, che però possono trasformarsi in isolamento autoreferenziale.

Si moltiplicano, nei social media, messaggi di autostima e counselling spirituale. Guru e maestri di vita cattolica, con milioni di followers, conducono flussi paralleli di cristianismo e spiritualità, spesso autonomi dal magistero della chiesa, slegati da qualsiasi processo comunitario e dall’impegno per la trasformazione delle condizioni strutturali che stanno provocando tanto dolore.

Cercando di valorizzare il laicato con un protagonismo responsabile, la chiesa cattolica sta insistendo sulle dinamiche sinodali, che fomentino la partecipazione ed il senso di appartenenza costruttiva delle comunità. Così come, a livello mondiale, si sta preparando un lungo cammino sinodale sul tema “Partecipazione, comunione e missione”, che culminerà in ottobre 2023, nel nostro continente è già in corso l’Assemblea Ecclesiale di America Latina e Caribe, ora nella sua fase di ascolto e consulta.
La porta di entrata è una analisi lucida della realtà e delle sue sfide. Ma i tempi brevi e la situazione della pandemia lascino una domanda aperta: sarà un’Assemblea capace di mobilizzare e riunire i fedeli? La dinamica sinodale riuscirà a risvegliare il gusto di nuove forme di partecipazione nella Chiesa?