Grazie a te che leggi, oggi vorrei far dialogare tra loro due donne brasiliane che non si conoscono, ma che si ispirano a vicenda e ci aiutano a comprendere meglio la Pasqua che abbiamo appena celebrato.
Nancy è teologa metodista, mamma di due figli, molto impegnata nella Commissione Pastorale per il diritto alla terra (CPT).
Appena prima di Pasqua, nello scenario preoccupante del Brasile di oggi, ha scritto un testo forte e provocante: “quest’anno non ci sarà resurrezione”.
Mai prima d’oggi il cristianesimo in Brasile è stato così appariscente, celebrato, massificato… ma tutta questa pompa non serve a nulla! Non migliora neppure di un centimetro la società. Il fascismo e la barbarie convivono con le messe e le celebrazioni. È ora di scendere dai tacchi, abbandonare i palchi e le tribune.
In un paese violento e profondamente ingiusto, il fervore religioso è un fattore anestetico, se non perfino un vettore d’intolleranza. Troppa fede, poca vita!
Nel 2016, 61 contadini e 138 indigeni sono stati uccisi perché tentavano di difendere le loro terre. Trentamila giovani sono stati assassinati, il 76% erano afro discendenti. Negli ultimi dieci anni le uccisioni di donne nere sono cresciute del 54%; siamo il quinto paese al mondo per il numero di femminicidi; ogni 25 ore viene uccisa una persona omosessuale (in questo il Brasile è il primo paese al mondo).
Con tutte queste morti sulle spalle, non ci sarà resurrezione – si sfoga Nancy. Siamo la tomba, siamo il fallimento della fede. Non è pigrizia nel cercare Dio: è vergogna, profonda vergogna.
Come negare questa invettiva? Perché mettere in silenzio questo grido di rabbia?
Ho passato giorni a chiedermi con che spirito celebrare la Pasqua, finché ho rincontrato la signora Neide.
Catechista, si è formata alla scuola della religiosità familiare e poi ha iniziato ad abbeverarsi goccia a goccia della teologia della liberazione, tradotta nella pratica di vita delle piccole comunità cristiane al tempo della dittatura militare.
C’era da inventare una nuova chiesa, in quegli anni ’70 in cui alla repressione dell’esercito si sommava un’urbanizzazione sfrenata ed escludente, nelle periferie.
Lei lo ha fatto per anni, assieme alle donne di uno dei mille quartieri esclusi della megalopoli di São Paulo e a fianco dell’uomo che, poi, avrebbe sposato.
L’equipe pastorale era composta principalmente da laici; a quel tempo (più di oggi) la visione di chiesa era orizzontale e la comunità era uno spazio di condivisione, crescita umana e formazione civile, a partire dalla lettura popolare della Bibbia e della situazione sociale.
Quando suo marito s’è ammalato, la vita intera di Neide è divenuta una catechesi: per 17 lunghi anni è stata al suo lato, vedendolo perdere poco a poco prima la visione, poi la parola, infine il movimento. Parlava e cantava con lui, pur senza ricevere risposte.
Tra il silenzio di quest’uomo e lo sgomento di Nancy c’è un legame misterioso, che ha a che vedere con il dolore del mondo.
La resurrezione non è una risposta banale a questo mistero, un lieto fine da favola, un premio di consolazione. Dà segni di resurrezione chi, come Nancy, continua ad indignarsi. E chi, come Neide, continua a prendersi cura della vita, malgrado il grande silenzio.
Nancy è teologa metodista, mamma di due figli, molto impegnata nella Commissione Pastorale per il diritto alla terra (CPT).
Appena prima di Pasqua, nello scenario preoccupante del Brasile di oggi, ha scritto un testo forte e provocante: “quest’anno non ci sarà resurrezione”.
Mai prima d’oggi il cristianesimo in Brasile è stato così appariscente, celebrato, massificato… ma tutta questa pompa non serve a nulla! Non migliora neppure di un centimetro la società. Il fascismo e la barbarie convivono con le messe e le celebrazioni. È ora di scendere dai tacchi, abbandonare i palchi e le tribune.
In un paese violento e profondamente ingiusto, il fervore religioso è un fattore anestetico, se non perfino un vettore d’intolleranza. Troppa fede, poca vita!
Nel 2016, 61 contadini e 138 indigeni sono stati uccisi perché tentavano di difendere le loro terre. Trentamila giovani sono stati assassinati, il 76% erano afro discendenti. Negli ultimi dieci anni le uccisioni di donne nere sono cresciute del 54%; siamo il quinto paese al mondo per il numero di femminicidi; ogni 25 ore viene uccisa una persona omosessuale (in questo il Brasile è il primo paese al mondo).
Con tutte queste morti sulle spalle, non ci sarà resurrezione – si sfoga Nancy. Siamo la tomba, siamo il fallimento della fede. Non è pigrizia nel cercare Dio: è vergogna, profonda vergogna.
Come negare questa invettiva? Perché mettere in silenzio questo grido di rabbia?
Ho passato giorni a chiedermi con che spirito celebrare la Pasqua, finché ho rincontrato la signora Neide.
Catechista, si è formata alla scuola della religiosità familiare e poi ha iniziato ad abbeverarsi goccia a goccia della teologia della liberazione, tradotta nella pratica di vita delle piccole comunità cristiane al tempo della dittatura militare.
C’era da inventare una nuova chiesa, in quegli anni ’70 in cui alla repressione dell’esercito si sommava un’urbanizzazione sfrenata ed escludente, nelle periferie.
Lei lo ha fatto per anni, assieme alle donne di uno dei mille quartieri esclusi della megalopoli di São Paulo e a fianco dell’uomo che, poi, avrebbe sposato.
L’equipe pastorale era composta principalmente da laici; a quel tempo (più di oggi) la visione di chiesa era orizzontale e la comunità era uno spazio di condivisione, crescita umana e formazione civile, a partire dalla lettura popolare della Bibbia e della situazione sociale.
Quando suo marito s’è ammalato, la vita intera di Neide è divenuta una catechesi: per 17 lunghi anni è stata al suo lato, vedendolo perdere poco a poco prima la visione, poi la parola, infine il movimento. Parlava e cantava con lui, pur senza ricevere risposte.
Tra il silenzio di quest’uomo e lo sgomento di Nancy c’è un legame misterioso, che ha a che vedere con il dolore del mondo.
La resurrezione non è una risposta banale a questo mistero, un lieto fine da favola, un premio di consolazione. Dà segni di resurrezione chi, come Nancy, continua ad indignarsi. E chi, come Neide, continua a prendersi cura della vita, malgrado il grande silenzio.
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