“Maria ha fretta: accettò di essere madre in un
tempo di imperio e di croci.
Maria ha fretta: completa i giorni del parto nel
tempo in cui i potenti instaurano leggi di morte, controllo e sfruttamento.
Spinti dal censimento, lei e Giuseppe viaggiano fino a Betlemme per compiere le
fantasie teologiche e letterarie dei messia attesi, ma lei sa che suo figlio è
Galileo. É povero, nero e periferico: bambino Gesù, il salvatore”
Con queste parole la pastora metodista Nancy
Cardoso ci ha preparato al Natale.
In questi mesi, l'immagine di Nossa Senhora
Aparecida, cara a tutti i brasiliani come madre e protettrice, sta
visitando tutte le parrocchie del Paese in preparazione ai 300 anni dalla sua
apparizione. La mãe negra del Brasile si sofferma soprattutto nelle
carceri. La gente commenta: “è la visita di una madre ai suoi figli”.
Nei primi giorni di gennaio, però, due massacri
disumani hanno sconvolto la vita di centinaia di persone nelle carceri di
Manaus e Boa Vista. I figli che Maria ha visitato dietro le sbarre sono in
grande maggioranza poveri, neri e periferici, come il suo Figlio. Insieme a
tutte le madri violate da questa barbarie, grida alle porte delle prigioni,
senza sapere cosa chiedere... per lo meno che il corpo del figlio sia
ricomposto e le sia restituito...
In queste ore drammatiche cosa spetta ai
cristiani?
Il silenzio è molto più degno di tanti interventi
razzisti e di qualsiasi apologia alla violenza repressiva, che subito si
solleva in nome della “sicurezza pubblica”.
“Rispondere alla violenza con violenza porta a
sofferenze atroci”, ricorda Papa Francesco nel suo Messaggio per la Pace, e non
garantisce nessuna sicurezza, specialmente per i più fragili.
Per questo, a noi cristiani spetta anche
contrapporre con forza cammini diversi, in un radicale appello alla
nonviolenza. C'è una “dignità più profonda” in ogni persona, insiste Francesco.
La bomba della violenza scoppia per accumulo di
disumanità, quando si permette che una qualsiasi istituzione neghi la dignità
umana.
La nonviolenza, quindi, è una risposta urgente in
opposizione a tutti i tipi di guerra, specialmente a quella dichiarata contro i
poveri nelle periferie urbane e nelle carceri.
É difficile resistere all'appello della vendetta,
sia a livello individuale che politico. Le nostre prigioni sono una “vendetta
istituzionalizzata”, in cui vige unicamente il principio della punizione ed il
metodo del degrado strutturale.
Eppure “l'amore al nemico costituisce il nucleo
della rivoluzione cristiana” (Benedetto XVI).
La sfida più complessa è come trasformare l'amore
al nemico in una risposta strutturale, nonviolenta, alla violenza urbana che
sovraffolla le nostre carceri.
É su questa sfida che si gioca il futuro della
nostra sicurezza. Se il Brasile continua semplicemente ad accumulare detenuti
in queste “fabbriche di tortura che generano mostri” (come le ha definite il
coordinatore nazionale della Pastorale Carceraria), con questo ritmo tra poco
più di cinquant'anni avremo un brasiliano su dieci imprigionato.
In tanti stanno lavorando a proposte alternative:
la Pastorale Carceraria propone da tempo, a livello politico, una strategia
progressiva di scarceramento, abbinata a misure di rieducazione effettivamente
inserite nella società.
L'Associazione di Protezione e Assistenza ai
Condannati (APAC) pratica un modello di detenzione fondato sulla responsabilità
del prigioniero, chiamato “recuperando”.
Occorre avanzare con coraggio e creatività, per
offrire parole nuove, capaci di riconciliare questa società a partire da
strutture più giuste ed inclusive!
3 commenti:
Grazie Padre Dario per questo tuo documento
oggigiorno la tentazione di essere giudice, giuria e boia e` molto forte in ogni ambito
C'è una “dignità più profonda” in ogni persona, insiste Francesco
questa frase e` bellissima, e non dovremmo dimenticarla mai!
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