Italia, Ungheria,
Stati Uniti e Brasile: nel mondo-villaggio, scenari politici e religiosi molto
distinti non sono però così distanti.
Abbiamo
contribuito recentemente ad un’inchiesta giornalistica che sarà pubblicata in
un libro dal titolo intrigante: “Dio? In fondo a destra”.
Già l’anno scorso,
in questa rubrica, riflettevamo sul ruolo ambiguo della religione a servizio di
progetti politici fondamentalisti. La storia conferma una tendenza che
preoccupa sempre di più.
In Brasile, il
Presidente della Repubblica ha lasciato il suo partito per conflitti interni e
si propone di fondarne uno nuovo, in tempi brevissimi, reclutando la maggior
parte dei membri tra i fedeli delle chiese evangeliche del Paese, offrendo loro
in cambio benefici politici e privilegi fiscali.
Nel nome del
nuovo partito risuonano categorie religiose e richiami biblici: “Alleanza per
il Brasile”. Il suo numero di identificazione, per il voto nell’urna
elettronica, è il 38: un evidente riferimento al calibro dei revolver il cui
uso il Governo ha autorizzato nei territori rurali, per l’esercizio della
legittima difesa personale e della proprietà.
Il valore
assoluto della proprietà privata, la religione come difesa delle tradizioni e
dei diritti di chi aderisce al gruppo dei “nostri”, la violenza legittima per
sconfiggere le minacce, la militarizzazione della società: ecco alcuni dei
principi chiave della cultura politico-religiosa che si sta consolidando in
Brasile.
Una delle
tentazioni più forti per la religione cristiana, che seduce sia i cattolici che
i protestanti, è il ritorno all’esercizio confessionale della politica:
disputare il potere, per affermare in modo diretto e strutturale la
cristianizzazione della società.
La grande
conquista della modernità è stata la separazione tra Stato e Chiesa, religione
e esercizio della cittadinanza. Purtroppo, in vari casi ciò ha provocato la
“privatizzazione” della fede, relativizzando le responsabilità pubbliche dei
credenti. Credere è diventato spesso un rapporto individuale con Dio. Si
stipula un contratto di santità in cambio della salvezza, le cui condizioni
sono una rigorosa condotta morale, la fedeltà alla partecipazione al culto e il
religioso pagamento delle decime.
Ma la difesa
moderna dello Stato laico è oggi smentita da nuove alleanze tra religione e
politica. Questa approfitta di quella come strumento di seduzione delle coscienze,
riduzione della protesta sociale, orientamento del voto dei fedeli. La religione, da parte sua, si avvale del
potere pubblico come scorciatoia per installare i valori cristiani nella
società.
É facile e molto
utile manipolare la religione come strumento psicologico per proteggere
relazioni di alleanza e giustificare l’accanimento contro tutto ciò che può
essere considerato “nemico della fede”. I princìpi religiosi possono distinguere
in modo manicheo il bene dal male, i santi dai peccatori; chi li controlla si
può affermare come leader politico, con la prospettiva messianica di “portare in
salvo il Paese”, eliminare deviazioni e minacce all’ordine morale stabilito.
Si tratta di una
debolezza dello spirito intimamente religioso del popolo brasiliano? A
giudicare dalle affinità con la situazione di vari altri paesi, sembra
piuttosto una strategia ben architettata, che fa gioco sulla dimensione più
intima, preziosa e fragile della persona: la sua spiritualità. Coltiviamola e
difendiamola: quanto più profonda, meno sarà esposta a queste manipolazioni.
Nessun commento:
Posta un commento