Con alti stendardi colorati, giubbe e berretti che paiono militari, cornamuse e trombe, alcuni uomini in una delle capitali dell’Amazzonia brasiliana raccolgono firme contro il Sinodo.
Le loro caratteristiche bizzarre richiamano attenzione. Si dichiarano cattolici, fanno parte di un gruppo minoritario, molto attivo quando appoggiava la dittatura militare, che ha come missione “la difesa della civilizzazione cristiana”.
Non è questa l’opposizione che preoccupa.
Non possiamo però sottovalutare altri livelli di critica polemica: perché tante voci contro il Sinodo dell’Amazzonia?
Comincia il 6 ottobre l’Assemblea Sinodale, punto focale di un lungo processo che dovrà continuare negli anni seguenti, per applicare nei diversi contesti della Panamazzonia (Bolivia, Perù, Equador, Venezuela, Colombia, Guyana, Suriname, Guyana Francese, Brasile) le decisioni del discernimento realizzato.
È più che mai necessario approfondire e appoggiare il Sinodo, ascoltare a fondo la voce dello Spirito che, come ricorda l’enciclica Lumen Gentium, conferisce a tutto il Popolo di Dio l’infallibilità, quando si matura un consenso in materia di fede.
Vi sono consensi, però, che preoccupano alcune alte figure del clero, che si stanno esponendo in modo isolato, rivendicando un ruolo di “guardiani dell’ortodossia”.
La storia della Chiesa, soprattutto se riscattiamo le fonti bibliche e patristiche, ci parla di un’ecclesialità pluriforme. I teologi ricordano che, nei primordi del movimento di Gesù, le “chiese figlie” nascevano da “chiese madri”, diverse, senza che fossero scomunicate.
Incarnando il Regno di Dio, del quale sono sacramento nel loro contesto particolare, le differenze tra le chiese, invece di essere una minaccia all’unità, ci presentano un esercizio fecondo di unità delle diversità.
Fa specie che le principali critiche vengano da membri della Chiesa che non conoscono nemmeno un po’ l’Amazzonia. Pare che la preoccupazione non sia tanto riguardo alla vita delle persone in questa regione, al loro cammino di fede, al diritto all’Eucaristia e alla partecipazione cristiana: sembra piuttosto che il Sinodo sia un’occasione in più per consolidare la polemica di alcuni settori della gerarchia ecclesiale contro il magistero di papa Francesco.
Ma il Sinodo non cerca solo “nuovi cammini per la Chiesa”: si preoccupa anche dell’ecologia integrale, in un contesto grave di emergenza climatica e di devastazione dell’Amazzonia.
Il testo base per i dialoghi in sala sinodale, chiamato “Strumento di Lavoro”, è riuscito a sintetizzare con fedeltà e coraggio il grido di dolore e denuncia dei popoli e comunità che si sentono sempre più colpiti e minacciati da un modello di sviluppo predatorio.
Preoccupato per questa posizione profetica della Chiesa, che si fa voce delle vittime, il governo brasiliano ha già alzato la voce alcune volte. I militari commentano che “si stanno mischiando le cose, e il Sinodo sta deviando verso temi ambientali ed anche politici”.
I vescovi, a loro volta, ricordano la storia della Chiesa in Amazzonia: “quanto sangue, sudore e lacrime sono stati versati in difesa dei diritti umani e della dignità, specialmente dei più poveri ed esclusi della società, dei popoli originari e dell’ambiente, così tanto minacciati”.
Il Sinodo, insomma, sta sollevando molte polemiche. “Segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori”, come è stato detto a Maria.
Nelle sue mani, Regina dell’Amazzonia, poniamo il discernimento e le decisioni del Sinodo!
Le loro caratteristiche bizzarre richiamano attenzione. Si dichiarano cattolici, fanno parte di un gruppo minoritario, molto attivo quando appoggiava la dittatura militare, che ha come missione “la difesa della civilizzazione cristiana”.
Non è questa l’opposizione che preoccupa.
Non possiamo però sottovalutare altri livelli di critica polemica: perché tante voci contro il Sinodo dell’Amazzonia?
Comincia il 6 ottobre l’Assemblea Sinodale, punto focale di un lungo processo che dovrà continuare negli anni seguenti, per applicare nei diversi contesti della Panamazzonia (Bolivia, Perù, Equador, Venezuela, Colombia, Guyana, Suriname, Guyana Francese, Brasile) le decisioni del discernimento realizzato.
È più che mai necessario approfondire e appoggiare il Sinodo, ascoltare a fondo la voce dello Spirito che, come ricorda l’enciclica Lumen Gentium, conferisce a tutto il Popolo di Dio l’infallibilità, quando si matura un consenso in materia di fede.
Vi sono consensi, però, che preoccupano alcune alte figure del clero, che si stanno esponendo in modo isolato, rivendicando un ruolo di “guardiani dell’ortodossia”.
La storia della Chiesa, soprattutto se riscattiamo le fonti bibliche e patristiche, ci parla di un’ecclesialità pluriforme. I teologi ricordano che, nei primordi del movimento di Gesù, le “chiese figlie” nascevano da “chiese madri”, diverse, senza che fossero scomunicate.
Incarnando il Regno di Dio, del quale sono sacramento nel loro contesto particolare, le differenze tra le chiese, invece di essere una minaccia all’unità, ci presentano un esercizio fecondo di unità delle diversità.
Fa specie che le principali critiche vengano da membri della Chiesa che non conoscono nemmeno un po’ l’Amazzonia. Pare che la preoccupazione non sia tanto riguardo alla vita delle persone in questa regione, al loro cammino di fede, al diritto all’Eucaristia e alla partecipazione cristiana: sembra piuttosto che il Sinodo sia un’occasione in più per consolidare la polemica di alcuni settori della gerarchia ecclesiale contro il magistero di papa Francesco.
Ma il Sinodo non cerca solo “nuovi cammini per la Chiesa”: si preoccupa anche dell’ecologia integrale, in un contesto grave di emergenza climatica e di devastazione dell’Amazzonia.
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1 commento:
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