Dio creò il mondo e le persone, cercando di farle diverse perché si sentissero uguali. Poi riposò, chiedendo ad uno dei suoi angeli che le distribuisse per il mondo.
Il gruppo che giunse alla porta del Brasile fu accolto da un guardiano, che educatamente separò la gente in categorie: “uomini bianchi, questa è la porta; voi, giovani afro, da questa parte; donne, specialmente se nere, laggiù…”.
L’esperienza quotidiana della violenza nel nostro paese potrebbe essere interpretata a partire da questo mito originario.
Descritto utopicamente come la terra della cordialità e dell’integrazione, il Brasile è invece sempre più intollerante; malgrado rappresenti circa il 3% della popolazione mondiale, risponde per il 13% degli omicidi di tutto il Pianeta. La media di persone uccise è 4 volte maggiore che negli Stati Uniti e 29 volte più alta che quella italiana. Un’epidemia che ci rende più violenti di molti paesi in guerra.
É mezzanotte di un sabato di fine gennaio. Un gruppo di 20 uomini arriva improvvisamente in una viuzza della periferia di Fortaleza; c’è un locale di festa e danza, pieno di gente, sparano ad altezza d’uomo, indiscriminatamente. C’è chi fugge dal tetto, chi si finge morto, chi cerca di saltare il muro del vicino; alcuni sono inseguiti e freddati alle spalle. Il bilancio di 14 morti e 9 feriti è il frutto dell’ennesimo scontro tra fazioni criminali organizzate a livello nazionale, disputando territorio.
È una violenza istituzionalizzata, spesso tollerata e fomentata dagli stessi organi di Stato, che si beneficiano di alleanze mafiose, specialmente nel traffico di droga.
Ma in periferia c’è anche la vita che resiste, celebra, spera, riflette e prega. Una volta ancora, quest’anno, iniziamo il cammino della Campagna della Fraternità. Chi segue questa rubrica deve ricordare di cosa si tratta: la chiesa brasiliana lancia, ogni quaresima, un tema di riflessione e dibattito a partire da piccoli nuclei di incontro biblico nei quartieri.
“Fraternità e superamento della violenza” è il tema di quest’anno. Approfondendo le cause, comprendiamo che oltre alla violenza diretta, esiste quella istituzionale e quella culturale. Scopriamo che nella Bibbia non si può mai dissociare Pace da Giustizia; ci appassionano i testi della Dottrina Sociale della Chiesa, che cerchiamo di comprendere sminuzzati per i nostri denti, non abituati a masticare molti testi.
Ci impegniamo per smascherare la violenza che circola attraverso i media con analisi superficiali, banalizzazione del male e la scomodità dei poveri, indicati sempre come capri espiatori. Cerchiamo di riconquistare spazio nella politica a partire dall’iniziativa locale, i consigli di quartiere, la rivendicazione dei diritti minimi…
Caio è un giovane cresciuto con i comboniani di Fortaleza e lavora con loro, da tempo, nel Centro di Difesa dei Diritti Umani. Sviluppa progetti di mediazione dei conflitti e gruppi di dialogo nelle scuole di periferia, chiamati “Circoli di Pace”. Promuove relazioni tra alunni, professori, funzionari e genitori: crede nella scuola come primo contesto per smontare la cultura della violenza. Come sempre, la difesa della vita non fa rumore, così come il Bambino nato di nascosto, in una grotta, pur essendo Principe di Pace.
Il gruppo che giunse alla porta del Brasile fu accolto da un guardiano, che educatamente separò la gente in categorie: “uomini bianchi, questa è la porta; voi, giovani afro, da questa parte; donne, specialmente se nere, laggiù…”.
L’esperienza quotidiana della violenza nel nostro paese potrebbe essere interpretata a partire da questo mito originario.
Descritto utopicamente come la terra della cordialità e dell’integrazione, il Brasile è invece sempre più intollerante; malgrado rappresenti circa il 3% della popolazione mondiale, risponde per il 13% degli omicidi di tutto il Pianeta. La media di persone uccise è 4 volte maggiore che negli Stati Uniti e 29 volte più alta che quella italiana. Un’epidemia che ci rende più violenti di molti paesi in guerra.
É mezzanotte di un sabato di fine gennaio. Un gruppo di 20 uomini arriva improvvisamente in una viuzza della periferia di Fortaleza; c’è un locale di festa e danza, pieno di gente, sparano ad altezza d’uomo, indiscriminatamente. C’è chi fugge dal tetto, chi si finge morto, chi cerca di saltare il muro del vicino; alcuni sono inseguiti e freddati alle spalle. Il bilancio di 14 morti e 9 feriti è il frutto dell’ennesimo scontro tra fazioni criminali organizzate a livello nazionale, disputando territorio.
È una violenza istituzionalizzata, spesso tollerata e fomentata dagli stessi organi di Stato, che si beneficiano di alleanze mafiose, specialmente nel traffico di droga.
Ma in periferia c’è anche la vita che resiste, celebra, spera, riflette e prega. Una volta ancora, quest’anno, iniziamo il cammino della Campagna della Fraternità. Chi segue questa rubrica deve ricordare di cosa si tratta: la chiesa brasiliana lancia, ogni quaresima, un tema di riflessione e dibattito a partire da piccoli nuclei di incontro biblico nei quartieri.
“Fraternità e superamento della violenza” è il tema di quest’anno. Approfondendo le cause, comprendiamo che oltre alla violenza diretta, esiste quella istituzionale e quella culturale. Scopriamo che nella Bibbia non si può mai dissociare Pace da Giustizia; ci appassionano i testi della Dottrina Sociale della Chiesa, che cerchiamo di comprendere sminuzzati per i nostri denti, non abituati a masticare molti testi.
Ci impegniamo per smascherare la violenza che circola attraverso i media con analisi superficiali, banalizzazione del male e la scomodità dei poveri, indicati sempre come capri espiatori. Cerchiamo di riconquistare spazio nella politica a partire dall’iniziativa locale, i consigli di quartiere, la rivendicazione dei diritti minimi…
Caio è un giovane cresciuto con i comboniani di Fortaleza e lavora con loro, da tempo, nel Centro di Difesa dei Diritti Umani. Sviluppa progetti di mediazione dei conflitti e gruppi di dialogo nelle scuole di periferia, chiamati “Circoli di Pace”. Promuove relazioni tra alunni, professori, funzionari e genitori: crede nella scuola come primo contesto per smontare la cultura della violenza. Come sempre, la difesa della vita non fa rumore, così come il Bambino nato di nascosto, in una grotta, pur essendo Principe di Pace.
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