Si chiude un altro giorno intenso, per dona Luisa e seu Francisco.
Rientrano a casa stanchi: lui ha passato ore in cerca di lavoro, è camionista ma la crisi ha tagliato molte opportunità. Si arrangia, quindi, improvvisandosi meccanico o manovale, a seconda delle occasioni. Nella vita precaria di periferia ha imparato a fare un po’ di tutto.
Luisa, invece, si è alzata all’alba per preparare salatini e una torta; è stata in piedi tutto il giorno, fuori dalla porta della scuola, cercando di vendere i suoi prodotti a professori e studenti (tra di loro, i suoi tre figli).
La prima cosa che fanno, rientrando in casa, è accendere la TV: non hanno voglia e forza di dialogare; si sdraiano, passivi, sul sofà. Ascoltano, aspettano il tempo passare, ipnotizzati dalle immagini di un mondo di consumo irraggiungibile, ma che sembra lo stesso saziarli e consolarli: “forse un giorno anche noi vivremo così”.
Poi arriva il telegiornale: incastonato tra le due telenovelas principali, anch’esso dipinge le sue verità e modella a suo modo la realtà.
Da qualche mese il tema è la corruzione. Non si può nasconderla più, ma è ancora possibile offrirne un’interpretazione manipolatrice.
Luisa e Francisco non capiscono, non gli interessa; s’è creato in loro un sentimento di sgomento e schifo, che alla fine allontana ancor più la politica dall’impegno popolare, indebolisce il contributo alla vita pubblica, mantiene nelle mani di pochi gruppi influenti la gestione di questo enorme e ricchissimo paese.
E così, si rafforza una condizione surreale: un Presidente della Repubblica senza nessuna legittimità, impopolare e con accuse gravissime sulle sue spalle sta riuscendo ad inanellare riforme radicali che smontano sistematicamente il sistema di diritti costruito con tanta lotta e partecipazione popolare nei decenni precedenti.
Alcuni lo chiamano “il golpe dentro del golpe”. Scalzata la Presidente eletta, il potere del grande capitale ridimensiona, al suo servizio, i diritti sul lavoro, cerca di tagliare le spese della previdenza pubblica, rimodella il sistema educativo e asciuga i finanziamenti al sistema sanitario.
Ritornano scene che pensavamo superate: gli ospedali non ricevono più pazienti perché sono al limite dei fondi disponibili; mancano medicine, garze ed altri curativi; i medici chiedono alle famiglie che li comprino e li portino in ospedale…
Progetti importanti, come la lotta contro la deforestazione o la siccitá nel nordest, sono praticamente eliminati. Malgrado i tagli, la crisi avanza ed incide sempre più sulle famiglie povere: la disoccupazione aumenta ed il valore dei salari è indietreggiato ai livelli del 2012.
Non c’è in gioco una disputa per il posto di Presidente o un conflitto tra due partiti: si sta accentuando sempre più il conflitto tra l’1% dei magnati brasiliani ed il 99% della gente.
Solo il movimento e la protesta popolare possono smontare le regole di questo gioco assurdo. Ma bisogna aiutare dona Francisca e seu João a scendere in piazza, ad alzare la voce…
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