Messaggio dei Missionari Comboniani del Brasile in tempi di coronavirus
“Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. ‘Maestro, non t’importa che stiamo muorendo?’" (Mc 4, 35ss)
A ondate successive, come uno tsunami che attraversa i meridiani terrestri, anche in Brasile la minaccia della pandemia sta diventando concreta.
Man mano che la tocchiamo con mano, con la notizia di persone contaminate nelle nostre città, ci convinciamo della gravità della situazione, la paura cresce.
L'isolamento tra di noi può contribuire allo scoraggiamento; la concentrazione delle famiglie nelle loro case può esacerbare i conflitti domestici.
Quante persone, però, mantengono accesa la speranza! Quanti segni di solidarietà: tra vicini nel quartiere; nella cura dei gruppi più vulnerabili, come i senzatetto; nella dedizione degli operatori sanitari ...
Insieme alla prevenzione e alla cura reciproca, il dovere morale di noi cristiani è alimentare la speranza, nei nostri gesti, atteggiamenti, parole.
Dov'è Dio in tutto questo dramma? Sta attraversando la tempesta insieme a noi, nella barca quasi inghiottita dalle acque!
Ma fu Gesù stesso a sollecitare questa traversata: "Passiamo all’altra riva".
Molte riflessioni collegano questa pandemia alla malattia strutturale del sistema, frenetico, che sta consumando il mondo. Un'economia capitalista che uccide, che risucchia le viscere della Madre Terra, "poche persone con troppo mondo e troppe persone con pochi mondi" (Danowsky e Viveiros de Castro).
Poco prima dello scoppio del virus, il Sinodo dell’Amazzonia ci provocava alla conversione integrale (sociale, culturale, ecologica e nel nostro modo di essere Chiesa). Davvero, il mondo come l’abbiamo organizzato “da questa parte del lago” non può sostenersi, si ammala da solo, quasi in un meccanismo preventivo di autoimmunità, per proteggersi dalla minaccia umana.
È tempo di conversione: riflettere insieme; umilmente riconoscere che abbiamo sbagliato; valorizzare ciò che ancora vale (la sanità pubblica, investimenti pubblici nella scienza e nell'istruzione, un sistema solido di assistenza sociale e reddito minimo per tutti, la cura dei più fragili, una relazione di armonia con il creato ...); preparare un nuovo inizio, dopo la tempesta che coinvolge tutti noi.
"Il vento cessò e ci fu grande bonaccia".
Cosa ci aspetta sull’altra riva? Riprenderemo tutto come se nulla fosse successo? Sapremo proporre e costruire nuove relazioni e legami, quando tornerà il tempo dell’abbraccio e delle mani che si stringono?
Quaresima e quarantena hanno la stessa radice profonda: tempo di piantare, prendersi cura della vita, pensare alle generazioni future che raccoglieranno i nostri frutti.
“Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. ‘Maestro, non t’importa che stiamo muorendo?’" (Mc 4, 35ss)
A ondate successive, come uno tsunami che attraversa i meridiani terrestri, anche in Brasile la minaccia della pandemia sta diventando concreta.
Man mano che la tocchiamo con mano, con la notizia di persone contaminate nelle nostre città, ci convinciamo della gravità della situazione, la paura cresce.
L'isolamento tra di noi può contribuire allo scoraggiamento; la concentrazione delle famiglie nelle loro case può esacerbare i conflitti domestici.
Quante persone, però, mantengono accesa la speranza! Quanti segni di solidarietà: tra vicini nel quartiere; nella cura dei gruppi più vulnerabili, come i senzatetto; nella dedizione degli operatori sanitari ...
Insieme alla prevenzione e alla cura reciproca, il dovere morale di noi cristiani è alimentare la speranza, nei nostri gesti, atteggiamenti, parole.
Dov'è Dio in tutto questo dramma? Sta attraversando la tempesta insieme a noi, nella barca quasi inghiottita dalle acque!
Ma fu Gesù stesso a sollecitare questa traversata: "Passiamo all’altra riva".
Molte riflessioni collegano questa pandemia alla malattia strutturale del sistema, frenetico, che sta consumando il mondo. Un'economia capitalista che uccide, che risucchia le viscere della Madre Terra, "poche persone con troppo mondo e troppe persone con pochi mondi" (Danowsky e Viveiros de Castro).
Poco prima dello scoppio del virus, il Sinodo dell’Amazzonia ci provocava alla conversione integrale (sociale, culturale, ecologica e nel nostro modo di essere Chiesa). Davvero, il mondo come l’abbiamo organizzato “da questa parte del lago” non può sostenersi, si ammala da solo, quasi in un meccanismo preventivo di autoimmunità, per proteggersi dalla minaccia umana.
È tempo di conversione: riflettere insieme; umilmente riconoscere che abbiamo sbagliato; valorizzare ciò che ancora vale (la sanità pubblica, investimenti pubblici nella scienza e nell'istruzione, un sistema solido di assistenza sociale e reddito minimo per tutti, la cura dei più fragili, una relazione di armonia con il creato ...); preparare un nuovo inizio, dopo la tempesta che coinvolge tutti noi.
"Il vento cessò e ci fu grande bonaccia".
Cosa ci aspetta sull’altra riva? Riprenderemo tutto come se nulla fosse successo? Sapremo proporre e costruire nuove relazioni e legami, quando tornerà il tempo dell’abbraccio e delle mani che si stringono?
Quaresima e quarantena hanno la stessa radice profonda: tempo di piantare, prendersi cura della vita, pensare alle generazioni future che raccoglieranno i nostri frutti.
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