Nei mesi scorsi la nostra cittá di Açailândia, nel cuore del Maranhão, brillava di orgoglio: un’importante rivista nazionale la indicava come una delle sei cittá del Brasile che stanno crescendo di piú e promettendo per il futuro.
Açailândia brillava di nuovo, questa volta di una luce fosca: un bambino scomparso da piú di un anno, senza un’investigazione seria, e la disperazione di sua madre; un fazendeiro sospettato di due omicidi, da mesi ricercato dalla polizia e denunciato dai movimenti sociali della cittá, eppure ancora libero e impune.
Chi osserva da fuori potrebbe non comprendere questo contrasto: Açailândia é sinonimo di splendide promesse di futuro e sviluppo... o di ingiustizia e violenza all’ordine del giorno?
In realtá, si tratta di una convivenza necessaria, che conferma l’origine e la protezione della ricchezza di questa cittá. Il cosiddetto progresso e l’accumulo di beni, qui, si sono imposti a partire da una violenza strutturale.
In molti casi, si é arricchito chi ha devastato la foresta, ha occupato illegalmente la terra, ha fatto uso di ‘lavoro schiavo’, ha evaso le tasse e ha corrotto.
Ancor oggi, perlomeno qui, il potere dei ‘ricchi’ é garantito da una giustizia selettiva, che protegge con rigore e in modo agile il diritto alle grandi proprietá, ma é molto piú tollerante con quelli che torturano, schiavizzano o mandano a uccidere.
Siamo missionari e difensori dei diritti umani; se siamo qui é per assumere una posizione contro il silenzio imposto, contro l’alleanza del potere economico e politico, che in molti casi controlla la nostra regione e anche la stessa legge.
Le leggi sono fatte perché le rispettino i poveri.
Le leggi sono fatte dai ricchi per mettere un po’ d’ordine allo sfruttamento.
I poveri sono gli unici che rispettano le leggi della storia.
Quando i poveri faranno le leggi
non ci saranno piú ricchi.
(Roque Dalton)
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