giovedì 22 dicembre 2011
Aspettare?
domenica 30 ottobre 2011
Immergendoci nella Giustizia Ambientale
lunedì 12 settembre 2011
Cristo risorto cammina in mezzo a noi
Il 10 e 11 di settembre abbiamo vissuto a Piquiá/Açailândia un’autentica esperienza di fede e di incontro con il Signore risorto.
“Ecco che io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, disse il vincitore della morte. Si riferiva, lo crediamo, alla fine di questo mondo di ingiustizia e alla nuova creazione di un Regno di condivisione e armonia tra tutte le creature.
La Romaria da Terra e das Águas do Maranhão é stata in questi due giorni un pezzettino di costruzione del nuovo mondo in cui la chiesa crede e che nasce sempre a partire dai piccoli e dagli esclusi. Diecimila persone e i vescovi di tutto il Maranhão si sono riuniti per celebrare, denunciare e mostrare cammini di vita per lo Stato piú povero di tutto il Brasile. “Terra, Águas, Direitos: defender, resistir, construir” era il titolo di questo evento. Spiegato con una citazione bíblica coraggiosa, ispirata a Ap 11,18: “É tempo di distruggere i sistemi che distruggono la terra”.
É stato molto bello ascoltare la voce dei ‘piccoli’, giunti da tutti gli angoli del nostro Stato; danzare al ritmo di festa delle quebradeiras de coco, con le musiche indigene o quilombolas, con i cantici creati dalle piccole comunitá rurali. Abbiamo celebrato intensamente grida di denuncia e sogni di vita. La celebrazione eucaristica é stata profonda, partecipata, carica di vita. Il cammino in marcia fino a Piquiá de Baixo, contesto simbolico dell’impatto socio-ambientale del ‘progresso’, ha intrecciato la denuncia profetica di un sistema che umilia i poveri e la speranza di comunitá che malgrado tutto non abbandonano il cammino, a testa alta: “Sto vendo tutto, non me ne sto in silenzio perché io non sono muto” – cantavano i pellegrini di questa Romaria.
A tutti loro va il nostro profondo rigraziamento: abbiamo toccato con mano, insieme, che Gesú di Nazareth cammina e vive per le strade del Maranhão, a fianco di persone che sanno ció che vogliono e hanno diritto di essere ascoltate e rispettate.
La nostra fede si é rafforzata e l’unione delle diocesi e comunitá del Maranhão si é fatta ancor piú forte. Questa Romaria, come sempre abbiamo detto, non si limita ad un evento, ma si inserisce in un processo che viene da lontano e che ci invita, ora, a non tradire i sogni e le attese che abbiamo acceso nel cuore di tante comunitá, gruppi e persone.
Torniamo, amici, alle nostre case e comunitá. Questa fiamma che ci ha animati non si spenga, illumini la nostra resistenza quotidiana e torni a brillare piú e piú volte in incontri cosí ricchi ed intensi come quelli che abbiamo appena celebrato.
Con gratitudine salutiamo ogni romeiro e romeira. Che la nostalgia di nuovi incontri ci mantenga vivi e uniti in questo cammino con il Signore risorto!
domenica 3 luglio 2011
Quebradeiras de Côco
Um giorno intero all’ombra delle frasche di palma di babaçu, conversando con donne che si svegliano alle cinque e lavorano lá sotto fino a quando torna il buio.
Pochi giorni dopo, su un aereo all’incontro di decine di gruppi e movimenti che hanno parole chiare da dire sul futuro della nostra terra.
Che vita strana e ricca, quella che ci é donata! Missione é prima di tutto ascoltare, comprendere dal basso, sedersi e accettare di stare al ritmo della gente. Ogni tanto ci provo... e poi mi ritrovo a difendere le attese e denuncie della ‘nostra’ gente a livelli piú distanti, dove altri finiscono per decidere il futuro dei piccoli.
Le chiamano ‘Quebradeiras de Côco’, sono donne che raccolgono le piccole noci di babaçu dalle piantagioni spontanee e poi si siedono, pazienti, con un’ascia e un martello per spaccare il cocco e separare la nocciola (per un raffinato olio da cucina) ed il mesocarpo (ricchissimo di principi nutritivi). Non hanno terra, costrette a cercare spazi di sopravvivenza sempre piú limitati dalle monoculture di eucalipto. Le imprese bruciano tonnellate di legname geneticamente modificato per farne carbone; queste donne sminuzzano i frutti della madre terra fino a raccoglierne il midollo carico di vita. Nulla va perduto.
Il loro lavoro é rompere migliaia di noci ogni giorno. Spaccare in mille pezzetti il guscio perché emerga la vita in esso racchiusa.
Lo stesso accade nella costruzione del mondo nuovo che stiamo intuendo e tracciando a piccoli passi: c’é qualcosa di vivo sotto il guscio duro di questo mondo di morte e ingiustizia. Il mondo di oggi é gravido, ma qualcosa si deve rompere, in fretta, perché ricominci la vita e non ci facciamo inghiottire dal risucchio e dal degrado.
Apocalisse lo chiama ‘svelamento’: si rompono le acque di una nuova nascita. Questa rottura non viene da grandi rivoluzioni, ma, credo, dai semplici gesti ripetuti e ostinati dei piccoli, che non smettono di difendere le loro tradizioni, le radici fissate nella terra, la fede negli spazi e nei gesti che hanno imparato dai padri e vogliono insegnare ai figli.
Se sapremo difendere l’iniziativa delle piccole comunitá, l’agricoltura familiare, i diritti dei gruppi indigeni e quilombolas, il lavoro e l’arte delle quebradeiras de côco, staremo rompendo con gesti essenziali ed efficaci il guscio dei vecchi meccanismi di schiavitú e saccheggio, che oggi sono chiamati sviluppo e progresso. Non significa negare il futuro, ma restituirlo nelle mani e al tempo dei piccoli.
Dio danza al ritmo del martello dei poveri, che rompe il guscio delle noci e dell’esclusione. Ci sediamo e balliamo con loro, o preferiamo suonare la musica di altre orchestre?
giovedì 9 giugno 2011
Dieci anni
Oggi sono padre da dieci anni.
Ringrazio molto Dio, che in tutto questo tempo mi ha protetto e non ha permesso che mi perdessi. Rimetto le mani tra quelle del vescovo che mi ha ordinato, perche in lui mi riconosco molto e, un pochino, di lui mi sento figlio: Carlo Maria Martini.
Voglio scrivere una intuizione che la preghiera mi ha dato oggi, soprattutto perché risuoni dentro di me, passo a passo, nei prossimi dieci e piú anni!
Oggi sto bene, sono contento, mi sento appoggiato e stimolato nelle nostre attivitá, che per fortuna ci ravvivano e provocano continuamente.
Allo stesso tempo, mi ripeto tutti i giorni che non posso inebriarmi per la dinamica e le sfide pressanti che mi stanno muovendo in questo tempo.
Mi accorgo, a volte, di quanto la vita sia fragile e quanto, sotto tutto questo impegno pratico, debba esserci un appoggio solido e sicuro.
A volte temo di trovarmi all'improvviso senza riferimenti e motivi per cui lottare... e sentirmi solo e nudo.
In questo giorni dei dieci anni, stavo riflettendo che si fa necessario un passaggio, che chiamo 'da Mosé a Giovanni'.
Il Vangelo di oggi offre un versetto, Gv 17,26, in cui si parla di "Conoscere il nome di Dio".
Quando Mosé chiedeva di conoscere questo nome, era in funzione della missione che sentiva imminente: 'dimmi chi sei, perché in tuo nome possa presentarmi al Faraone e liberare il mio popolo!'.
Giovanni chiede una cosa diversa: 'dimmi chi sei, perché l'amore con cui hai amato Gesú rimanga anche in me'.
Chiaro che non si tratta di alternative in conflitto. Ma sento il bisogno di migrare, in questi prossimi dieci anni, un po' di piú da Mosé a Giovanni, per non trovarmi, all'improvviso, nudo e senza fondamento (che é questo amore).
venerdì 22 aprile 2011
Frammenti di resurrezione
E cosí industrie minerarie, di cellulosa e grandi investimenti in idroelettriche ed allagamenti provocarono forti impatti, con il ‘rattoppo’ di pochi progetti d’investimento sociale, puntuali e discontinui.
venerdì 4 febbraio 2011
Povera Açailândia ricca!
Nei mesi scorsi la nostra cittá di Açailândia, nel cuore del Maranhão, brillava di orgoglio: un’importante rivista nazionale la indicava come una delle sei cittá del Brasile che stanno crescendo di piú e promettendo per il futuro.
Açailândia brillava di nuovo, questa volta di una luce fosca: un bambino scomparso da piú di un anno, senza un’investigazione seria, e la disperazione di sua madre; un fazendeiro sospettato di due omicidi, da mesi ricercato dalla polizia e denunciato dai movimenti sociali della cittá, eppure ancora libero e impune.
Chi osserva da fuori potrebbe non comprendere questo contrasto: Açailândia é sinonimo di splendide promesse di futuro e sviluppo... o di ingiustizia e violenza all’ordine del giorno?
In realtá, si tratta di una convivenza necessaria, che conferma l’origine e la protezione della ricchezza di questa cittá. Il cosiddetto progresso e l’accumulo di beni, qui, si sono imposti a partire da una violenza strutturale.
In molti casi, si é arricchito chi ha devastato la foresta, ha occupato illegalmente la terra, ha fatto uso di ‘lavoro schiavo’, ha evaso le tasse e ha corrotto.
Ancor oggi, perlomeno qui, il potere dei ‘ricchi’ é garantito da una giustizia selettiva, che protegge con rigore e in modo agile il diritto alle grandi proprietá, ma é molto piú tollerante con quelli che torturano, schiavizzano o mandano a uccidere.
Siamo missionari e difensori dei diritti umani; se siamo qui é per assumere una posizione contro il silenzio imposto, contro l’alleanza del potere economico e politico, che in molti casi controlla la nostra regione e anche la stessa legge.
Le leggi sono fatte perché le rispettino i poveri.
Le leggi sono fatte dai ricchi per mettere un po’ d’ordine allo sfruttamento.
I poveri sono gli unici che rispettano le leggi della storia.
Quando i poveri faranno le leggi
non ci saranno piú ricchi.
(Roque Dalton)