mercoledì 27 maggio 2009

Personaggi in cerca di autore

Riflessioni sparse sulla nostra identitá

“Chi siete? Dove andate? Un fiorino!”
Tutti ricordiamo la scena spassosa di Troisi e Benigni nel film “Non ci resta che piangere”.

Ebbene, oggi sono queste le due domande che regolano le relazioni tra i popoli: Chi siete? Dove andate? E chi non puó dimostrare di essere 'dei nostri' o tranquillizarci perchè solo di passaggio... non gli resta che piangere!

Anche Dio, quando scelse di abitare in mezzo a noi, dovette subito capire che oltre a “farsi carne” occorreva anche “farsi carta”: sans papier non si va da nessuna parte, e cosí in quel tempo Dio fu iscritto nel censimento di Augusto. Schedato, controllato, confinato nel destino del popolo in cui nacque.
Avere un'identitá é un rischio, dipendendo dal Paese che te la concede.

Qui da noi, in Brasile, la sete di identitá é evidente; un popolo meticcio, dalle mille radici, invaso e agitato da mille influenze culturali... oggi vuole dire chi é!

Un piccolo simbolo é il bisogno di appartenenza, evidente per l'uso dell'uniforme. Uniforme per andare a scuola, uniforme della chiesa a cui appartengo, del corso che sto facendo, del lavoro, del coro musicale, del santo a cui sono piú devoto... tutti vogliono l'uniforme!

Pensandoci bene, l'identitá te la stampano dentro, a partire dalla tenera etá del pre-scuola quando tutti uguali, alla stessa ora, con la stessa maglietta si entra in aula.
Siccome la scuola non riesce a far trovare un'identitá piú profonda, marchia i nostri piccoli con il trucco a buon mercato del senso di appartenenza. E cosí loro crescono, fin dall'inizio, con il bisogno di appartenere a qualcuno o qualcosa... e la paura di “chi non é dei nostri”.
É una scuola che sembra proclamare ancora i valori del ventennio di influenza militare: attraverso l' uni-forme (stessi colori e simboli imposti sul corpo dei bambini) manifesta l'obiettivo piú o meno conscio di controllo mentale su di loro.
Infine, l'uniforme serve, qui da noi in Brasile, per nascondere le disuguaglianze marcanti tra chi puó permettersi di cambiare vestito uma volta al giorno e chi non ha nemmeno una maglietta decente per entrare in aula. Una democrazia formale che scompare appena i bambini tornano a casa, rivestendo ciascuno le condizioni della realtá a cui appartiene.

Insomma, com'é difficile dire di avere un'identitá propria... che ci fa diversi gli uni dagli altri e ricchi di queste differenze! Com'é raro poterla affermare liberamente, difenderla e cercarla in modo autonomo!

In questo senso, ringrazio Dio che come missionario vivo ancora com un permesso di soggiorno temporaneo: figlio di piú popoli, libero di abitare con ciascuno di essi e di costruire a poco a poco la persona che immagino viva dentro di me.

1 commento:

Corrado ha detto...

Salve padre Dario,ho letto con grande piacere il suo articolo su Nigrizia,a cui sono abbonata.In questo periodo ,qui in Italia,stiamo vivendo un clima di mancanza di stima e condivisione tra uomini.Non mi importa specificare l'appartenenza geografica io li sento ,dal profondo del cuore,tutti vicini.Cio' che mi addolora e mi indigna e' anche il dover sentire espressioni 'ma che li fanno venire a fare! basta sono troppi!tolgono a noi per dare a loro! vogliono tutto e subito!ributtiamoli in mare!Ma ci rendiamo conto che il nostro benessere e' dato dal loro malessere?L'ignoranza ci rende veri ipocriti senza vergogna.Ho un sogno nel mio cassetto,riuscire a vedere chi viene privato dei propri diritti vederli riscattati.Dipende molto anche da noi.Un caro saluto Francesca