Anacleta è una donna afrobrasileira, quilombola: i suoi antenati hanno conosciuto la schiavitú e hanno partecipato alla lotta negra di liberazione nei quilombos, spazi di libertá conquistati dalla ribellione alla struttura schiavista.
Oggi Anacleta vive in un villaggio semplice del Maranhão, dedicato a S. Rosa e agli Orixás, nel sincretismo tipico della sua gente. La pesca e la piccola agricoltura di ogni giorno sono ravvivate, con frequenza, dalle feste tradizionali e dalla danza ritmata dai batuques.
L’equilibrio quotidiano della sua vita è stato stravolto, negli ultimi tempi, dall’irruzione di un grande progetto minerario che attraversa il suo villaggio, trasportando tonnellate di ferro grezzo per l’esportazione. Da alcuni anni, Anacleta rappresenta i quilombolas di S. Rosa nell’Articolazione Internazionale delle Vittime della Vale, il colosso minerario brasiliano.
Lúcia è una agricoltora mozambicana, segnata dal sole e dalla fatica del lavoro, orgogliosa dei suoi figli e della famiglia che ha costruito. Viveva in un’area fertile della regione di Tete, periferia dimenticata del Paese, finché la Vale ha deciso di investire piú di 7 miliardi di dollari per l’estrazione di carbone fossile, destinato alla siderurgia e alle termoelettriche.
Lúcia e la sua gente sono stati scacciati dalle loro terre e trasferiti a Cateme, regione piú lontana e secca, attraversata dalla stessa ferrovia che scandisce il ritmo inarrestabile del saccheggio minerario.
Dialogando con la gente del villaggio di Cateme, il tempo scorre lento, al ritmo africano: dicono scherzando che gli europei hanno l’orologio, ma gli africani continuano padroni del tempo!
Anche a Cateme, peró, si sta impondo la nuova definizione del tempo degli affari.
Negli ultimi dieci anni, il prezzo medio delle risorse minerarie è piú che raddoppiato. Il Brasile, per esempio, prevede fino al 2030 di triplicare, quadruplicare o addirittura quintuplicare l’estrazione dei diversi minerali dai giacimenti nazionali. Subito e senza sconti: è questa la ricetta delle grandi imprese dell’industria estrattiva. Nei loro rapporti economici o ambientali, le comunitá e le forme di organizzazione locale che in qualche modo possono interporsi al flusso di risorse sono definite “interferenze”.
Come missionari, ci sentiamo provocati dalla violenza di questo modello, ancora beffardamente definito “di sviluppo”. Ci interessa difendere insieme alla gente il Bien Vivir, il ‘vivere bene’ della sapienza ancestrale indigena. Uscire dallo stato di povertá senza distruggere le radici dei popoli, né compromettere una volta per tutte l’equilibrio ambientale. Promuovere i diritti umani e della natura, molto prima di quelli delle multinazionali. Ricostruire il sogno biblico del Giubileo, tempo in cui il debito sociale ed ecologico sará rimosso e le opportunitá di accesso ai beni comuni e alle scelte economiche e politiche saranno distribuite a tutti e tutte, come il pane che si moltiplica nella logica di condivisione.
Eravamo piú di sessanta, in Mozambico, per trattare di queste sfide. Una bella immagine di Famiglia Comboniana: padri, fratelli, suore, laici e laiche missionari, coordinatori di comunitá cristiane, professori e maestre delle periferie e villaggi locali.
Un intercambio, promosso dalle province missionarie di Mozambico e Brasile, ci ha offerto l’opportunitá di riflettere sulle nuove frontiere della missione, a partire dalla sfida dell’accaparramento di terra e della voracitá dell’industria estrattiva. Dopo il Forum Sociale Mondiale di Tunisi, la famiglia comboniana si é ridata questo piccolo appuntamento, nuovamente in Africa, sulla scia dell’invito di Papa Francesco a globalizzare la solidarietá contro i “progetti di morte”.
Le chiese che toccano con mano la sofferenza della gente sentono questa urgenza: da alcuni anni, per esempio, i fratelli delle comunitá cristiane evangeliche dell’Africa australe convocano l’Alternative Mining Indaba, grande incontro delle vittime della minerazione a Cittá del Capo, in parallelo al summit annuale delle multinazionali estrattive. In America Latina stiamo preparando per il 2014 un grande incontro dei religiosi e religiose impegnati nella difesa delle comunitá vittime della “mega-mineria”.
Come missionari, abbiamo la ricchezza dell’“esserci”, stare in mezzo alla gente, ma abbiamo anche accesso alla denuncia profetica nelle sfere che spesso trattano la gente ed i territori senza nemmeno incontrarli.
Ci tocca stare a fianco di Anacleta e Lúcia, finché il loro grido e i loro sogni non verranno ad essere ascoltati e rispettati, dettando nuove regole per la Borsa dei Valori del tempo, delle persone, della Madre Terra.
Oggi Anacleta vive in un villaggio semplice del Maranhão, dedicato a S. Rosa e agli Orixás, nel sincretismo tipico della sua gente. La pesca e la piccola agricoltura di ogni giorno sono ravvivate, con frequenza, dalle feste tradizionali e dalla danza ritmata dai batuques.
L’equilibrio quotidiano della sua vita è stato stravolto, negli ultimi tempi, dall’irruzione di un grande progetto minerario che attraversa il suo villaggio, trasportando tonnellate di ferro grezzo per l’esportazione. Da alcuni anni, Anacleta rappresenta i quilombolas di S. Rosa nell’Articolazione Internazionale delle Vittime della Vale, il colosso minerario brasiliano.
Lúcia è una agricoltora mozambicana, segnata dal sole e dalla fatica del lavoro, orgogliosa dei suoi figli e della famiglia che ha costruito. Viveva in un’area fertile della regione di Tete, periferia dimenticata del Paese, finché la Vale ha deciso di investire piú di 7 miliardi di dollari per l’estrazione di carbone fossile, destinato alla siderurgia e alle termoelettriche.
Lúcia e la sua gente sono stati scacciati dalle loro terre e trasferiti a Cateme, regione piú lontana e secca, attraversata dalla stessa ferrovia che scandisce il ritmo inarrestabile del saccheggio minerario.
Dialogando con la gente del villaggio di Cateme, il tempo scorre lento, al ritmo africano: dicono scherzando che gli europei hanno l’orologio, ma gli africani continuano padroni del tempo!
Anche a Cateme, peró, si sta impondo la nuova definizione del tempo degli affari.
Negli ultimi dieci anni, il prezzo medio delle risorse minerarie è piú che raddoppiato. Il Brasile, per esempio, prevede fino al 2030 di triplicare, quadruplicare o addirittura quintuplicare l’estrazione dei diversi minerali dai giacimenti nazionali. Subito e senza sconti: è questa la ricetta delle grandi imprese dell’industria estrattiva. Nei loro rapporti economici o ambientali, le comunitá e le forme di organizzazione locale che in qualche modo possono interporsi al flusso di risorse sono definite “interferenze”.
Come missionari, ci sentiamo provocati dalla violenza di questo modello, ancora beffardamente definito “di sviluppo”. Ci interessa difendere insieme alla gente il Bien Vivir, il ‘vivere bene’ della sapienza ancestrale indigena. Uscire dallo stato di povertá senza distruggere le radici dei popoli, né compromettere una volta per tutte l’equilibrio ambientale. Promuovere i diritti umani e della natura, molto prima di quelli delle multinazionali. Ricostruire il sogno biblico del Giubileo, tempo in cui il debito sociale ed ecologico sará rimosso e le opportunitá di accesso ai beni comuni e alle scelte economiche e politiche saranno distribuite a tutti e tutte, come il pane che si moltiplica nella logica di condivisione.
Eravamo piú di sessanta, in Mozambico, per trattare di queste sfide. Una bella immagine di Famiglia Comboniana: padri, fratelli, suore, laici e laiche missionari, coordinatori di comunitá cristiane, professori e maestre delle periferie e villaggi locali.
Un intercambio, promosso dalle province missionarie di Mozambico e Brasile, ci ha offerto l’opportunitá di riflettere sulle nuove frontiere della missione, a partire dalla sfida dell’accaparramento di terra e della voracitá dell’industria estrattiva. Dopo il Forum Sociale Mondiale di Tunisi, la famiglia comboniana si é ridata questo piccolo appuntamento, nuovamente in Africa, sulla scia dell’invito di Papa Francesco a globalizzare la solidarietá contro i “progetti di morte”.
Le chiese che toccano con mano la sofferenza della gente sentono questa urgenza: da alcuni anni, per esempio, i fratelli delle comunitá cristiane evangeliche dell’Africa australe convocano l’Alternative Mining Indaba, grande incontro delle vittime della minerazione a Cittá del Capo, in parallelo al summit annuale delle multinazionali estrattive. In America Latina stiamo preparando per il 2014 un grande incontro dei religiosi e religiose impegnati nella difesa delle comunitá vittime della “mega-mineria”.
Come missionari, abbiamo la ricchezza dell’“esserci”, stare in mezzo alla gente, ma abbiamo anche accesso alla denuncia profetica nelle sfere che spesso trattano la gente ed i territori senza nemmeno incontrarli.
Ci tocca stare a fianco di Anacleta e Lúcia, finché il loro grido e i loro sogni non verranno ad essere ascoltati e rispettati, dettando nuove regole per la Borsa dei Valori del tempo, delle persone, della Madre Terra.