sabato 17 marzo 2012

Cambiare?


“Un altro che se ne va...”
I vicini commentano rassegnati, all’ombra di un cajú, mentre dall’altra parte della strada polverosa e piena di buche il camion del trasloco comincia a riempirsi.
Un sofá, un letto smontato, vestiti ammucchiati ed un vai e vieni da dentro a fuori di casa, per non dimenticare nulla.
I bambini osservano riflessivi: sará realmente migliore il posto dove stiamo andando?

Il villaggio di Piquiá de Baixo lotta da piú di cinque anni per una ricostruzione di tutte le sue case lontano dall’inquinamento delle siderurgiche, che si sono installate praticamente dentro i cortili di 350 famiglie.
La resistenza è collettiva, ci sono giá state molte proteste, come il blocco della statale o la manifestazione a tu per tu con la Governatora con maschere anti-fumo a coprire il viso.
Ma ogni volta che una famiglia se ne deve andare per proteggere la salute dei bambini o per fuggire dal rumore assordante della termeoelettrica, questa forza comune si indebolisce.

Il trasloco è precario. Un’altra casa che resterá chiusa e vuota. Una famiglia in piú che rischierá la sopravvivenza con un nuovo affitto sulle spalle. “Non stiamo fuggendo, padre. Puoi crederci: quando ci chiameranno per resistere, saremo qui di nuovo!” – garantisce il capofamiglia.

Fuori dalla chiesetta, una vecchia grande croce piantata nel suolo, grigia per l’inquinamento, si è poco a poco inclinata, come se non reggesse il peso di tanta ingiustizia. Tre uomini, mentre il trasloco sta terminando, cercano di raddrizzarla, prima dell’inizio della messa della domenica.

Quando potremo celebrare la dignitá di questa gente, con la testa alta, senza paura né obbligo di fuggire? Quando finalmente, invece delle croci e delle ceneri di questa quaresima permanente, anche noi sperimenteremo la vertigine di chi puó sognare e costruire la sua storia?