sabato 13 marzo 2010

Una battaglia nel cuore dell'Amazzonia


“Justiça nos Trilhos”, si chiama così la campagna avviata dai missionari comboniani contro la multinazionale Vale do Rio Doce, nella regione del Carajàs, in Brasile. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse minerarie della regione hanno portato ad una gigantesca devastazione ambientale, con pesanti conseguenze sulla vita e la salute delle popolazioni locali.

I brasiliani la chiamano ‘la strada del Ferro' é una ferrovia lunga quasi 900 chilometri costruita esclusivamente per trasportare il ferro dal più ricco giacimento al mondo (nella regione del Carajás, nello stato di Maranhao, in Brasile) a uno dei principali porti commerciali di tutta l'America Latina: il porto di São Luís.
I treni non trasportano passeggeri, ma solo minerali: 12 treni, 330 vagoni e 4 locomotive ogni giorno, carichi di minerali per un valore di 20 milioni di euro al giorno.

A gestire l'estrazione e il trasporto è un'unica multinazionale, la Companhia Vale do Rio Doce la seconda compagnia mineraria al mondo. In questa parte dell'Amazzonia lo sfruttamento minerario vuol dire latifondo, disboscamento, incendi frequenti, monoculture, industrie siderurgiche, lavoro in schiavitù. Una devastazione ambientale gigantesca che ha pesanti ripercussioni sulla salute e sulla vita delle popolazioni locali.

Da più di due anni i missionari comboniani che lavorano in quella martoriata regione del pianeta portano avanti una battaglia che si è concretizzata nella Campagna "Sui binari della Giustizia"... Una Campagna sostenuta oggi anche da una rete internazionale di organizzazioni che si battono per la tutela dell'ambiente e delle popolazioni.
Una movimento transnazionale che si è dato appuntamento dal 12 al 15 aprile prossimi a Rio de Janeiro.

In opposizione all'assemblea annuale degli azionisti della multinazionale, che si terrà in concomitanza, l'incontro di Rio de Janeiro è teso, invece, a mostrare un'assemblea dei popoli, che si scambiano esperienze e costruiscono strategie.

(L'intervista a Dario Bossi, missionario comboniano, è stata estratta dal programma radiofonico Focus, di Michela Trevisan)

venerdì 5 marzo 2010

Macchie d’Italia

In Italia fa freddo
“In Italia fa freddo”, mi avvertivano da casa poco prima che arrivassi, per due mesi di vacanza. Alludevano soprattutto al clima sociale e culturale che mi stava aspettando. Ho trovato amici inaspettatamente disoccupati e famiglie che all’improvviso la crisi ha messo in crisi...
Mi hanno colpito le risposte numerose e puntuali per correre ai ripari e soccorrere chi fosse piú in difficoltá. Eppure, mi sembra silenziosa e invisibile la riflessione agli alti livelli sul senso di ció che é successo: ci interessa davvero cambiare, o dipingiamo il volto di lutto per poi tornare all’economia d’azzardo di prima?
Dalle voci che corrono, nei cortili di paese e nella grande piazza mediatica della televisione, avverto un clima di conflitto, di scontro ideologico, a priori: sembra che ascoltare non serva piú, forse ci spaventa, ci confonde. In questa societá cosí complessa, meglio ancorarsi alle nostre idee e cercare, attorno, chi le confermi.
Facilmente emerge, al di sopra del rumore di fondo, il razzismo latente che pian piano prende coraggio e forma: mi ha fatto impressione seguire, alla TV pubblica, interi reportage sugli immigrati banalizzando e esasperando il tema del conflitto.
In certi istanti ho avuto paura, vi confesso, di restare molto qui: mi sono sentito un po’ anch’io straniero impreparato. Oggi per vivere da cristiani veri, in Italia, occorre indurire il volto, farsi scaltri come serpenti, trovare il coraggio della profezia, avere parole competenti e gesti coerenti, piú esigenti della superficialitá a cui le corse della vita ci limitano.

Il miracolo della vita
Una festa di bambini mi aspettava. Tante giovani famiglie, lasciate ancora ‘in cantiere’, ora si sono ritrovate nuova vita tra le mani... e ne fanno il loro Magnificat, preghiera di lode, gioia e stupore. Stupisce anche me vedere la cura con cui si affacciano a queste piccole vite, chiedendo loro (i genitori) il permesso di starvi a fianco.
Abbiamo dialogato molto, insieme, di quanto nei primi mesi amare un piccolo significa davvero consegnarsi interamente a lui, a lei... (poi pian piano chiediamo sconti a questo amore cosí esigente).
Ci siamo confrontati su cosa significa educare senza violenza, di nessun tipo (psicologico, verbale, nel ricatto morale...). Ho visto piccoli partire giá per il Sud con i genitori, perché voci, suoni e profumi diversi ‘contaminassero’ fin dall’inizio il loro DNA...
Ho visto giovani famiglie scegliere in modo radicale e creativo la sobrietá, la preghiera insieme, la vita comunitaria.
Ho visto persone convivere e combattere con malattie pesanti, con l’energia e la speranza che viene loro dai nipotini nati da poco: davvero é la vita stessa che fa miracoli, sapendo accoglierla e lasciandola parlare.

Fedeltá
Tra amici che all’improvviso hanno fatto scelte diverse e famiglie e gruppi che continuano con passione il loro impegno, mi sono chiesto molto (dentro di me si mischiavano rispetto, ascolto, confusione, paura, onestá, dubbio...e soprattutto un grande senso di fragilitá): che cosa é fedeltá?
É una domanda che ci portiamo dentro per la vita intera e che si risponde proprio con la vita intera.
Dai molti dialoghi avuti, finora capisco e sento che fedeltá é essere il piú possibile onesti con se stessi e con Dio, ascoltare in profonditá i segni dei tempi, amare i crocefissi della storia.
Auguro questa fedeltá a ciascuno di noi, soprattutto ai giovani laici comboniani che ostinatamente credono nella nostra famiglia (malgrado non sempre ce lo meritiamo!).

Federico e Ilaria partono per il Brasile, vivró con loro e saremo una famiglia plurale: due padri, due fratelli, questa coppia di missionari laici italiani, un volontario avvocato brasiliano.
Hanno stretto relazioni, in questi mesi di preparazione: c’é una rete di solidarietá attorno a loro, hanno forse seminato frutti per un futuro fecondo anche qui...
Il futuro della missione passa sempre piú da queste alleanze tra religiosi e laici, in un vero spirito di famiglia allargata, ciascuno con le sue competenze e dedizione. Noi ci speriamo molto e cercheremo di viverlo con coerenza; abbiamo bisogno di altri che, con il coraggio e l’ostinazione di chi apre strade nuove, ci creda fino in fondo!

Vi prego di accompagnarci. Prendiamo l’impegno di rimanere insieme nella Parola, con i poveri.